17 maggio – 49ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali
Domenica 17 maggio, solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo, si celebra la 49ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, in cui la Chiesa riflette e invita a riflettere sulla comunicazione così come avviene e si evolve nella complessa società contemporanea.
Era il 7 maggio del lontano 1967, quasi mezzo secolo fa, quando l’ideatore di tale Giornata, Papa Paolo VI, lanciò al mondo il primo Messaggio dal titolo “I mezzi di comunicazione sociale”, che allora, essendo costituiti da stampa, cinema, tv e radio, erano molto più poveri di oggi, ma di cui la Chiesa conciliare già intuiva la grande portata e si attendeva “nuovi sorprendenti sviluppi”, per cui sentiva la responsabilità di dare alla società il proprio contributo “di ispirazione, di incoraggiamento, di esortazione, di orientamento, di collaborazione” perché “al mirabile progresso tecnico corrisponda un vero e fecondo progresso spirituale e morale”.
Da allora, anno dopo anno, tutti i Papi che si sono avvicendati hanno continuato a percorrere una strada ormai tracciata, affascinante e stupefacente e al tempo stesso non facile da decifrare e irta di pericoli. Colpisce, nel ripercorrere i temi via via affrontati, la grande attenzione della Chiesa all’attualità, l’acume delle analisi, la capacità di prevedere sviluppi e derive, di orientare e indicare atteggiamenti e modalità di utilizzo e di fruizione…, non solo per gli “addetti ai lavori”, cioè per gli operatori professionali della comunicazione, ma anche per i semplici fruitori, perché non fossero ignari strumenti nelle mani di qualche scaltro manipolatore. E’ grande l’interesse dimostrato per lo sviluppo delle tecnologie, per i nuovi media, per i social network. Benedetto XVI dedicò a questi e alla “pastorale nel mondo digitale” molti dei suoi Messaggi: l’ultimo, del 2013, aveva per titolo “Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione“. Ebbene, in 49 anni mai una contraddizione. Sempre coerente all’insegnamento dei predecessori, ogni Pontefice ha sviluppato qualche aspetto, tenendo la stessa linea. Ovvio, quella che si ispira a Gesù Cristo.
Non poteva certo fare eccezione Papa Francesco, che quest’anno ha voluto coniugare il concetto della comunicazione con quello della famiglia scegliendo come tema della Giornata: “Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore“. Non si smentisce mai Francesco, ma va avanti ad approfondire quel richiamo che nel suo primo Messaggio per tale Giornata aveva lanciato lo scorso anno: la comunicazione deve essere “al servizio di un’autentica cultura dell’incontro“. L’efficacia del suo Messaggio sta nell’invito a riscoprire l’essenziale, ciò che è alla base di ogni esperienza umana: la famiglia, “scuola di comunicazione”, anzi “paradigma di ogni comunicazione”, luogo in cui si impara a parlare, a comunicare, a convivere nella differenza, si impara il senso del sacro. In famiglia si trasmettono “messaggi di vita e di comunione”, si sperimentano i limiti e le fragilità, ci si apre, si condivide, si racconta, si comunica in modo inclusivo, si vive la solidarietà. Si sperimenta la fratellanza e si apprende che “il bene è sempre possibile”. «Un bambino – afferma Francesco – che in famiglia impara ad ascoltare gli altri, a parlare in modo rispettoso, esprimendo il proprio punto di vista senza negare quello altrui, sarà nella società un costruttore di dialogo e di riconciliazione».
La comunicazione in famiglia – osserva Francesco – non si limita certo a fornire “informazioni”, ma trasmette vita ed esperienze fondamentali. Come sarebbe importante che le famiglie fossero aiutate a vivere così, pur in mezzo alle difficoltà! Se ne gioverebbe tutta la società. Quella di cui parla il Papa non è la famiglia ideale e perfetta, non è un modello astratto né una ideologia, ma “una realtà concreta da vivere”. E ne parla non considerandola, come spesso accade oggi, “un problema”, bensì “una grande risorsa”. E’ la famiglia in cui ci si vuol bene e si accettano le diversità e i sacrifici, la famiglia che sa condividere, mettere in comune le proprie cose personali. Solo così ogni suo membro trova comprensione, si sente abbracciato e sa abbracciare, ascolta il racconto degli altri e sa raccontare. Va con naturalezza verso l’altro, incontra l’altro.
E’ interessante come Papa Francesco prosegue il ragionamento, che si ispira all’ icona evangelica della visita di Maria ad Elisabetta, simbolo forte dell’aprirsi all’altro e andargli incontro, e lo sposta sui media: «Oggi i media più moderni, che soprattutto per i più giovani sono ormai irrinunciabili, possono sia ostacolare che aiutare la comunicazione in famiglia e tra famiglie». E aggiunge: «Riscoprendo quotidianamente questo centro vitale che è l’incontro, questo ‘inizio vivo’, noi sapremo orientare il nostro rapporto con le tecnologie, invece che farci guidare da esse».
Dunque, Francesco ci offre un binario sicuro su cui camminare per saper davvero comunicare e poter crescere come persone, come cristiani, come cittadini. Parliamo in famiglia, della famiglia, tra famiglie, alle famiglie e alla società, condividiamo in quello spirito di amore gratuito, che talvolta appare arduo ma poi ripaga sempre. Parliamo e comunichiamo nel profondo anche nel contesto sociale e attraverso i media, ricordando che tutti, operatori e fruitori (ruoli che oggi si intersecano e si scambiano di continuo), siamo responsabili dell’ambiente comunicativo in cui viviamo, a maggior ragione se siamo impegnati nel servizio di comunicazioni sociali. Facciamo la nostra parte affinché tale ambiente sia improntato ai “criteri della dignità della persona umana e del bene comune”.
Facciamolo secondo lo stile della ricerca della Verità e soprattutto come “testimoni”. Ci aiuta ancora una volta Papa Francesco: «Chi è il testimone? Il testimone è uno che ha visto, che ricorda e racconta. Vedere, ricordare e raccontare sono i tre verbi che ne descrivono l’identità e la missione. Il testimone è uno che ha visto, con occhio oggettivo, ha visto una realtà, ma non con occhio indifferente; ha visto e si è lasciato coinvolgere dall’evento. Per questo ricorda, non solo perché sa ricostruire in modo preciso i fatti accaduti, ma anche perché quei fatti gli hanno parlato e lui ne ha colto il senso profondo. Allora il testimone racconta, non in maniera fredda e distaccata, ma come uno che si è lasciato mettere in questione, e da quel giorno ha cambiato vita. Il testimone è uno che ha cambiato vita» (Regina Coeli domenica 19 aprile 2015). E Nel messaggio si legge: «La sfida che oggi ci si presenta è, dunque, reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione».
Ecco, queste parole tracciano esattamente quello che deve essere non solo chi tiene alla famiglia, ma chi si occupa di comunicazioni sociali. E nella nostra Diocesi la grande équipe della Pastorale Digitale, fatta di giovani pieni di entusiasmo, si identifica in questi tratti: non solo informare, non solo mettere in rete, non solo prepararsi e formarsi per farlo con competenza e professionalità, ma davvero mettere in comunione, trasmettere, con l’informazione, i valori fondamentali ricevuti e fatti propri e che fanno bella la propria vita, donando a propria volta ciò che si è ricevuto.
Operatori-testimoni che sappiano condividere e raccontare, con le parole, i messaggi, le immagini e quant’altro la tecnologia mette a disposizione, ma anche e sempre con la propria vita.
– Adriana Letta