Sabato 25 giugno si è tenuto il diciassettesimo incontro del corso biblico, presso la chiesa di Santo Spirito. Con questo appuntamento finale, il corso biblico si conclude per poi programmare nuovi incontri per il prossimo autunno. L’esegesi del vangelo di Luca termina con l’analisi di un brano, che, come vedremo, racchiude in qualche modo il senso di tutta la narrazione, e cioè, l’affidare completamente la propria vita a Cristo.
Al capitolo 17 inizia l’ultima parte del viaggio di Gesù verso Gerusalemme; al versetto 11 di questo capitolo inizia il racconto dell’incontro tra Gesù e i dieci lebbrosi. Luca accenna al fatto che Gesù, diretto a Gerusalemme, «attraversava la Samaria e la Galilea». Se vogliamo trovare una coerenza geografica in questa informazione, cercheremmo invano: infatti, Luca avrebbe dovuto scrivere che Gesù passò prima in Galilea e poi in Samaria, e non l’inverso. Questo accade semplicemente perché la notizia va interpretata in senso più profondo. La Samaria rappresenta il vecchio mondo, quello che non riconosce la missione salvifica di Dio; la Galilea invece è il luogo dell’avvicinamento a Dio; infine Gerusalemme è dove si verifica l’incontro con Dio.
I lebbrosi, come più volte accennato nel corso degli incontri, erano gli impuri per eccellenza nel mondo ebraico antico. La loro era una malattia della pelle: essi quindi erano colpiti nella loro capacità relazionale, non potendosi avvicinare a nessuno. E, infatti, era scritto che dovessero vivere emarginati, fuori dalle città, il che voleva dire morte certa, considerato pure che all’epoca non esistevano cure.
La lebbra era considerata una punizione di Dio. Perciò, è importante notare che i dieci lebbrosi, andando incontro a Gesù che sopraggiunge, hanno già riconosciuto di essere malati e di aver bisogno di essere salvati. Infatti, essi dicono «abbi pietà di noi»: ritenendo che la loro malattia è null’altro che una punizione divina, la loro espressione è prima di tutto un’invocazione di perdono per la colpa che avrebbe dato origine al male. Dunque, essi, riconoscendo il loro stato di necessità di purificazione, riconoscono in Gesù colui che può perdonare la loro colpa e quindi guarirli.
Gesù replica loro di andare a presentarsi ai sacerdoti, tra i cui compiti c’era anche quello di certificare l’avvenuta guarigione e riammettere quindi i guariti nella società. Mentre quelli vanno, vengono purificati: possiamo ben dire, allora, che Gesù indica loro (e di conseguenza a noi oggi) un percorso, un cammino di purificazione. Insomma, come abbiamo già detto altre volte, il vero cristiano è in continuo movimento.
Uno di questi malati – che era samaritano – vistosi guarito, torna indietro per ringraziare e lodare Dio. Gli altri nove, invece, non ritornano per ringraziare Gesù della guarigione. Al di là dell’evidente mancanza di gratitudine dei nove malati, il punto è anche un altro. Essi non tornano anche perché non si riconoscono guariti, o meglio non si rendono conto della grazia che Gesù gratuitamente ha donato loro.
Il monito per noi oggi è che la grazia bisogna innanzitutto saperla chiedere. Spesso Dio, per esaudire una richiesta di aiuto, invia uno strumento umano per veicolare la sua grazia, e sta ovviamente al richiedente saper riconoscere l’intervento di Dio. E questo può avvenire soltanto quando, attraverso il nostro comportarci reciprocamente da cristiani, riusciamo a condurre i nostri fratelli verso Dio.
Infine, ai vv. 1-5 del capitolo 21, è descritta la capacità di Gesù di vedere e rendersi conto di ogni cosa. È l’episodio che racconta dei ricchi che gettano nel tesoro del tempio tante monete e della povera vedova che invece vi getta solo due monetine. Mentre i ricchi hanno messo al primo posto se stessi e il loro benessere, tanto da ostentarlo pure quando pretendono di fare qualcosa per Dio (infatti, danno del loro superfluo), la povera vedova ha dato tutto ciò che aveva, mostrando così di aver messo la sua vita interamente nelle mani di Dio.
È dunque questo il senso profondo del vangelo di Luca: affidarsi completamente a Dio, che non è un giudice severo e implacabile, bensì un padre misericordioso, pronto ad accogliere chi riconosce di aver bisogno di purificazione, sa chiedere il suo aiuto, e sa riconoscere l’opera di Dio nella sua vita.
Vincenzo Ruggiero Perrino