E’ BELLO PER NOI ESSERE QUI
Messa trasmessa su Rai1 – Pescocanale, 01 marzo 2015
Omelia per la II domenica di Quaresima
Il cammino della quaresima ci fa abitare due “luoghi” inevitabili: il deserto e la montagna. Domenica scorsa, abbiamo condiviso con Gesù la dimensione del deserto. Come il popolo di Israele, anche noi abbiamo accettato di intraprendere il cammino verso la “terra promessa” della nostra Pasqua, affrontando la fatica delle tentazioni e la consolazione della speranza. Abbiamo accettato di misurarci con le sfide della solitudine e del silenzio, della purificazione da sicurezze materiali e gratificazioni umane, dello smascheramento delle tentazioni che insidiano la mente e solleticano le nostre passioni, della ritrovata ricerca di Dio alimentata dal digiuno, dell’invocazione struggente della sua Parola, della sorpresa di un deserto abitato da Dio.
In questa domenica la Parola di Dio ci conduce sul monte, anch’esso evocativo di esperienze belle e necessarie alla vita cristiana. Gesù prende con sé alcuni apostoli, per farli salire “su un alto monte, in disparte, loro soli”. Nella prima lettura Abramo scala il monte dell’obbedienza, dove celebra la sua fiducia incondizionata nella volontà di Dio che pretende l’offerta sacrificale del bene più prezioso, “il tuo unigenito che ami, Isacco”. La fiducia e l’obbedienza di Abramo, superata la terribile prova, merita le parole della bella promessa divina: “Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce”.
La montagna è sempre il luogo simbolico della teofania, cioè di una speciale rivelazione del Signore all’uomo. E’il luogo dell’incontro con l’Assoluto, dove Mosè riceve le tavole dei Comandamenti. E’ il luogo dove il profeta Elia, in preda allo scoraggiamento per la sua difficile e sofferta missione, ritrova coraggio grazie al passaggio di Dio, riconosciuto nel segno debole del mormorio di un silenzio fine. Sulla montagna Gesù si trasfigura, cioè si trasforma: le sue vesti diventano splendendti, bianchissime, segno di una gloria celeste. Pietro reagisce istintivamente all’irruzione della luce: “Rabbì, è bello per noi essere qui”. Il commento dell’evangelista è laconico: “Non sapeva che cosa dire, perché erano spaventati”. L’attenzione degli apostoli viene catturata da questo evento straordinario, ma ancora senza capire. Pietro pretende di affermare che è bello stare con il Signore, senza aver capito il senso e le esigenze della totale sequela di Lui. Come dirci cristiani, senza aver compreso il senso della vera fede? Come dire che è bello seguire Gesù, senza aver accettato le esigenze delle sua chiamata? Spesso anche il nostro entusiasmo è leggero, frivolo, superficiale, poco motivato. La nostra fede a volte esprime solo un’emozione, un sentimento che ci coinvolge ma non ci sconvolge, un’esperienza che tocca i sentimenti ma non trasfigura le nostre reali abitudini. Se Pietro avesse avuto la pazienza di aspettare, avrebbe ascoltato la rivelazione del Padre che dichiara Gesù come il Figlio amato. Le parole del Padre svelano il Mistero e spiegano l’evento del monte. La rivelazione dell’identità di Gesù, il contatto con la sua gloria celeste, la proclamazione della sua filiazione divina, illumina e fonda la nostra fede, dà una forma nuova e diversa alla qualità all’esistenza cristiana. E’ questa conoscenza che trasfigura il rapporto con il Maestro e rafforza la nostra sequela, preparandoci al momento in cui, come Abramo, dovremo scalare con Gesù il monte dell’obbedienza incondizionata a Dio fino alla prova suprema della Croce che prende la forma della solitudine, del tradimento, della separazione coniugale, dell’abbandono dei figli, dell’abbandono dei genitori, della malattia, del dolore. La luce della trasfigurazione è solo la gloria dell’Amore crocifisso. Se il Tabor prepara al Calvario, solo sotto la Croce diventiamo capaci di dire con il cuore: “E’ bello per noi stare qui”. Sotto la Croce capiremo che la sorgente della luce della trasfigurazione è l’Amore capace di donare la vita. Gesù è Figlio di Dio bello sul Tabor perché bello sulla Croce, bello nel suo Amore. E’ la capacità di amare a rendere bella anche la nostra fede e la nostra vita. E’ bello credere in Gesù, è bello essere cristiani, è bello essere Chiesa, è bello essere famiglia di Dio, perché è bello amare, fino a morire per lui, come sanno fare molti cristiani oggi nel mondo.
+ Gerardo Antonazzo