Rio de Janeiro, stadio Maracanà, 24 Luglio 2013: alzavo al cielo la Coppa del Mondo, ignaro che un’altra Coppa ancora superiore ci attendeva… ma andiamo per ordine e torniamo un mese indietro. Dopo la scoperta della Croce Sommersa pianificavo le ferie, indeciso tra le immersioni con gli amici dell’Assoscuba oppure a Cuba, per approfondire con una maestra di ballo del posto i passi base di salsa e bachata. Una afosa sera di luglio, uscendo per cercare di respirare un po’ e per una passeggiata per il centro di Sora ed un fresco gelato al Caffè Masci, incontrai Rino. Rino Troiani era il mio storico educatore di AC, maestro ed esempio di fede e di vita, ora responsabile della Pastorale Giovanile diocesana, subentrato a Giuseppe Basile dopo la sua vocazione e scelta di entrare in seminario e diventare sacerdote lasciando il posto di direttore di una delle più importanti banche del territorio. Parlando dei progetti e dei campi estivi, mi disse che la Pastorale stava partendo per il pellegrinaggio diocesano a Lourdes con don Giuseppe, il quale non poteva più accompagnare i ragazzi alla GMG. Cercavano un sostituto poiché per matrimoni, lavoro, impegni, infortuni nessuno poteva. Mentre parlava, di punto in bianco: «Ma tu a fine luglio hai ferie? Hai il passaporto?» ed io «Sì, sì, perché?», «Un attimo che chiamo don Giandomenico». Forse fu l’incoscienza e l’incredulità del momento, ma il giorno seguente ero responsabile del gruppo di 12 ragazzi che non avevo mai visto. Per indole e deformazione professionale iniziai a pianificare nei minimi dettagli il viaggio. Studiando i percorsi sobbalzai, chiamai immediatamente don Giandomenico: «Il volo di ritorno è alle 19:00 di domenica, c’è la messa del Papa… come facciamo ad arrivare in aeroporto?». Se l’agenzia aveva fatto in quel modo sicuramente erano organizzati. Iniziai a cercare su Google, dopo svariate ricerche scoprii che la Messa era al Campus Fidei a Guaratiba, una piana immensa a 100 km a sud di Rio. Chiamai immediatamente l’agenzia che mi liquidò, loro avevano semplicemente prenotato i voli, il problema era del comitato organizzatore brasiliano. Ora dopo ora le mie preoccupazioni aumentavano, era previsto un pellegrinaggio a piedi di 15 km che ovviamente avremmo dovuto ripercorrere per tornare indietro. Mi attaccai al telefono con don Giandomenico gridando: «I bagagli addosso, 100 km per andare a Guaratiba, 15 km a piedi per il Campus Fidei, notte lì, trovare un mezzo per tornare indietro, il tutto tra 2 milioni di persone! Ok non andiamo in vacanza in un centro benessere, sì che nella GMG bisogna arrangiarsi ma questo è troppo, sono pazzi!». Provò a rassicurarmi, sull’aereo con noi c’erano altri gruppi, sicuramente c’era una soluzione. La CEI diceva che il problema era dell’agenzia di viaggi, l’agenzia di viaggi che il problema era della Pastorale, la Pastorale che il problema era del Comitato Organizzatore Brasiliano; andai a Roma e feci amicizia con un volontario, Andrea, che aveva preso a cuore il nostro caso. Andai a Fiumicino ed alla British Airways per spostare il volo, chiamai gli aeroporti di Londra e di Rio de Janeiro, l’ENAC, tutti mi confermarono che per ragioni di sicurezza per 2 settimane tutti i voli da e per Rio erano bloccati. Tra telefonate, fax, email, mi ritrovai sull’aereo, non eravamo ancora decollati, già avevo individuato il responsabile del gruppo di Rimini che andava anche lui in Brasile. «Come fate? l’orario del volo di ritorno è impossibile!» E lui: «Sì, ci dispiace tanto ma noi faremo una messa con il sacerdote che ci accompagna ed i poveri, il nostro gruppo va in Brasile per portare uno spettacolo teatrale nelle favelas». L’ultima possibilità erano don Enzo, missionario originario di Fontana Liri, amico di Don Giandomenico e don Franco, che da 40 anni era in Brasile, sarebbe venuto a Rio per salutarci ed aiutarci. Atterrati a Rio ci tuffammo nella GMG, esperienza unica ed indescrivibile, le catechesi, la Via Crucis, milioni di giovani di nazionalità e culture diverse, un’atmosfera incantata ed eccezionale. Incontriamo don Enzo, sacerdote straordinario che mi rimarrà sempre nel cuore, ci accompagna e guida per un’intera giornata. La sera non facendomi notare dagli altri gli chiedo dell’aereo: «Sì, ho contattato un amico che ha un’agenzia di trasporti, ma l’area intorno a Guaratiba sarà presidiata dall’esercito e bloccherà tutti. Mi spiace, devo tornare dai miei poveri. Riccardo, stai tranquillo, il Signore ti guiderà». Ero angosciato, dire ai miei ragazzi, ai quali mi affezionavo ogni giorno di più, che non potevamo andare alla veglia e alla messa, o perdere l’aereo? Nei giorni seguenti tra le tantissime attività, da maniaco, per Rio cronometravo il tempo per spostarci (senza bagagli), 6 km a passo svelto (fui soprannominato Mr. Rotella) in 4 ore. Non ce la faremo mai! Il giorno era impossibile pensare, ma la notte pensavo, penavo e pregavo: «Il momento più importante della GMG era la Messa del Papa, i ragazzi erano venuti per quello, le loro famiglie, i parroci, che con tanti sacrifici li avevano mandati per questo, don Franco di Civitella che si era tanto raccomandato, prima di partire, per i suoi ragazzi. Anche il nostro vescovo prima di partire ci aveva salutato così: “andate a Rio con noi, ma tornate per noi”. Perdere l’aereo per dodici persone (tre minorenni, chi si assumeva la responsabilità?) significava rimanere altre due settimane, dove avremmo dormito e mangiato? Ed io, in tutto ciò dovevo anche rientrare al lavoro». Ero veramente avvilito. A Casa Italia incontrai Andrea, in confidenza mi disse: «Non dovrei dirlo come CEI, purtroppo non potete andare altrimenti perdete l’aereo». Il giorno seguente tornando dal Maracanà, dove avevamo partecipato alla Festa degli Italiani, una ragazza del gruppo mi chiede: «Ho visto l’aereo per il ritorno, perdiamo le attività della sera, mi dispiace, ma non ce la facciamo proprio?». In quel momento, scorgendo la tristezza dei suoi occhi verdi, pensavo dentro di me “è triste per le attività della domenica sera, con che cuore le dico di saltare la Veglia del Sabato, la Messa, l’Angelus, l’annuncio della prossima Giornata Mondiale da parte del Papa?”. Ero disperato. Venerdì notte, nel letto supplicavo Dio che mi indicasse se portare il gruppo a Guaratiba perdendo l’aereo, oppure tornare in Italia rovinando a tutti la Giornata Mondiale. Alle 5, la mattina seguente, andai in cucina dove dopo qualche minuto mi raggiunse Donna Celeste, la dolcissima signora brasiliana, che accogliendomi come un figlio, il figlio Ricardo, morto anni prima, ci ospitava in Brasile. Quando mi vide lì, insonne, per tre volte mi ripeté: «Non dovete andare a Guaratiba», ero io che non capivo il portoghese (eppure un po’ lo masticavo) o stavo ancora sognando? «Vai a San Paolo (la chiesa dove c’era Casa Italia) lì ti spiegheranno». Mi vestii e corsi verso la chiesa, spalancai le porte e mi diressi verso l’altare dove c’era Andrea che venendomi incontro mi abbracciò: «Hai saputo, hai saputo… non si va più, è tutto allagato, la zona è impraticabile per le piogge, hanno spostato tutto qui a Copacabana». Tornai a casa, svegliai tutti, «Forza, forza si scende in spiaggia dobbiamo andare a prendere i posti», il palco era a poche centinaia di metri da casa. Quella sera Papa Francesco, tra l’esultanza di milioni di giovani che lo attendevano, iniziò così la Veglia:
“Carissimi giovani,
Guardando voi oggi qui presenti, mi viene in mente la storia di san Francesco d’Assisi. Davanti al Crocifisso sente la voce di Gesù che gli dice: “Francesco, va’ e ripara la mia casa”. E il giovane Francesco risponde con prontezza e generosità a questa chiamata del Signore: riparare la sua casa. Ma quale casa? Piano piano, si rende conto che non si trattava di fare il muratore e riparare un edificio fatto di pietre, ma di dare il suo contributo per la vita della Chiesa; si trattava di mettersi a servizio della Chiesa, amandola e lavorando perché in essa si riflettesse sempre più il Volto di Cristo.
Anche oggi il Signore continua ad avere bisogno di voi giovani per la sua Chiesa. Cari giovani, il Signore ha bisogno di voi! Anche oggi chiama ciascuno di voi a seguirlo nella sua Chiesa e ad essere missionari”.
Esattamente in quell’istante il mio pensiero tornò a qualche mese prima ed agli occhi di Sara, pieni di lacrime, ed alle sue dure parole: «Riccardo, perché, perché mi hai abbandonato». Io avevo abbandonato non lei ma tutti quei ragazzi che avevano creduto in me.
E continuò: “Cari giovani, il Signore oggi vi chiama! Non al mucchio! A te, a te, a te, a ciascuno, Ascoltate nel cuore quello che vi dice”. Sì, Papa Francesco stava parlando proprio con me e ne fui sicuro quando così mi disse:
“Penso che possiamo imparare qualcosa da ciò che è successo in questi giorni, di come abbiamo dovuto cancellare, per il mal tempo, la realizzazione di questa Vigilia nel Campus Fidei, a Guaratiba. Forse, non è che il Signore voglia dirci che il vero campo della fede, il vero Campus Fidei, non è un luogo geografico, bensì siamo noi stessi? Sì! È vero! Ciascuno di noi, ciascuno di voi, io, tutti! Ed essere discepolo missionario significa sapere che siamo il Campo della Fede di Dio!” A quelle parole, sulla spiaggia, caddi in ginocchio piangendo… non avevo avuto Fede! Il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia, il profumo dell’Oceano anticipavano il profumo del Paradiso. Continuò: “Gesù ci offre qualcosa di superiore della Coppa del Mondo!… Gesù ci offre la possibilità di una vita feconda, di una vita felice e ci offre anche un futuro con Lui che non avrà fine, nella vita eterna”. Ciò che è impossibile agli uomini è invece possibile a Dio… Il giorno seguente dopo la Messa, l’Angelus e l’annuncio della prossima giornata mondiale a Cracovia riprendemmo i bagagli e preso un taxi ci dirigemmo verso l’aeroporto… alle 18:55 eravamo al check-in direzione Italia. Tornate e fate discepoli tutti i popoli della terra.
– Riccardo Petricca