Il primo Novembre, solennità di tutti i Santi, è giorno speciale per la Chiesa e, per la città di Cassino, la data della tradizionale processione al cimitero, presieduta per la prima volta da S. E. Mons. Gerardo Antonazzo e snodatasi, come sempre, dalla Chiesa di S. Antonio. Il percorso, simbolo del nostro pellegrinare, ha costituito un momento di intensa riflessione e di preghiera per coloro che non sono più tra noi grazie alla recita del santo rosario, la cui meditazione dei misteri gloriosi è stata guidata da don Benedetto Minchella.
Il messaggio di speranza si è enucleato attorno alla figura di Dio Padre che ci ha donato Suo Figlio e la Vergine Maria, che ci accompagnano nella vita terrena come esempio di sofferenza e di Resurrezione. Infatti, facendoci pregustare la gioia dell’Eternità, ove ci hanno preceduto, ci spronano verso la nostra meta ultima, a cui possiamo giungere grazie anche all’azione dello Spirito Santo. Nel rituale giro per le benedizioni delle tombe don Benedetto ha intonato le litanie dei santi, quasi ad invocare la loro intercessione per le necessità di tutti i nostri defunti che non hanno ancora raggiunto la gloria della visione paradisiaca e per tutti noi, affinché ci aiutino a seguire il loro esempio di vita.
La celebrazione eucaristica, animata dal coro della parrocchia di S Bartolomeo, è stata introdotta da una profonda e toccante meditazione del vescovo, che ha evidenziato come sia significativo e luminoso per la nostra fede celebrare il sacramento della Pasqua in un cimitero, che, grazie al sacrificio di Cristo, si trasfigura e si trasforma da luogo dei morti a giardino della vita, ove Gesù redime ogni fragilità umana e sostiene sia la nostra vita di pellegrini sulla terra sia quella dei nostri cari che sono in attesa della finale Resurrezione.
Nell’omelia Mons. Antonazzo ci ha ricordato come in questa particolare liturgia dei Santi, celebrata in un camposanto, si uniscano due diversi sentimenti: la mestizia, conseguenza della memoria viva di affetti parentali ed amicali, e la gioia del cielo. Si avverte quindi la forte percezione del loro abbraccio, in quanto non possono vivere l’uno senza l’altro: la terra, abitata dal nostro pellegrinare, ha come meta il cielo, il cielo è vissuto, perché abitato da santi, martiri e dai nostri defunti che speriamo nella gloria di Dio e per i quali sale al cielo la nostra preghiera.
La morte è sempre motivo di riflessione, perché mette a nudo la precarietà umana e la pochezza della nostra vita, che, però, può acquisire un particolare valore se ci lasciamo guidare da due coordinate. La prima, che dovremmo chiedere anche oggi in abbondanza ai santi, è la misericordia. Come ci ricorda Papa Francesco abbiamo la grande fortuna di credere in un Dio misericordioso e tale dimensione dovrebbe dominare tutte le nostre relazioni perché solo così la nostra vita, illuminata talvolta dalla sofferenza, può prendere la giusta direzione. La seconda coordinata è la speranza, evidenziata dalla lettera di S. Giovanni Apostolo – seconda lettura – speranza che ci fa superare la mestizia, che ci permette di credere che vedremo Dio come realmente è, che purifica il nostro comportamento, la mente, che ci fa superare l’egoismo e l’orgoglio per riacquistare l’immagine e la somiglianza con Dio che Egli stesso ci ha conferito all’atto della creazione.
Da ciò scaturisce l’impegno delle beatitudini, che suscitano coraggio e forza per poter cambiare e cambiare il mondo, affinché la società diventi il regno di Dio descritto nell’Apocalisse, con i suoi cieli e terre nuovi, e noi possiamo partecipare pienamente del mistero di Dio come lo è stato per tutti i santi. La celebrazione si è conclusa con una preghiera generale e una benedizione per tutti i defunti con il salmo 129 ( il De Profundis) tipico delle Liturgie esequiali; poi i fedeli, con grande raccoglimento, si sono recati presso le tombe dei loro cari per un’ulteriore preghiera e ricordo personale.
Biancamaria Di Meo
Foto di Alberto Ceccon
e Biancamaria Di Meo