Festa di Santa Mesia ad Alvito

La festa di Santa Mesia
Il 53° anniversario di sacerdozio di don Francesco Del Bove, don Luigi Casatelli e don Antonio Sacchetti

Nella splendida cornice della chiesa di S. Maria Assunta del Castello di Alvito, sabato 22 settembre, alle ore 18 si è svolta la solenne celebrazione eucaristica in occasione della vigilia della festa della patrona del piccolo borgo, Santa Mesia Elia, martire romana decapitata durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano a causa della fede cristiana a cui ella si era convertita, fede vissuta tenacemente che ha testimoniato fino alla fine con il dono della vita.

La ricorrenza, come è consuetudine già da diversi anni, ha rappresentato anche il momento per ricordare e onorare con gioia insieme con la comunità l’anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Francesco Del Bove, parroco del Castello, e dei suoi confratelli, Mons. Luigi Casatelli, parroco della Cattedrale di Pontecorvo, e don Antonio Sacchetti, parroco di Rocca d’Arce, tutti e tre giunti all’importante traguardo dei 53 anni di meritevole servizio nella Vigna del Signore, quali pastori umili, saggi e instancabili del gregge che Dio ha affidato loro. La concelebrazione dell’Eucarestia, a cui ha partecipato anche don Alberto Mariani, parroco di Alvito, ha reso visibile la dimensione della Chiesa come diakonia, ossia “comunità di/al servizio”, comunità nella quale la logica umana del potere è rovesciata in favore della logica di Dio fondata sul servire, sul farsi prossimo, in cui si rifiuta qualsiasi ambizione di dominio e di sopraffazione degli uni sugli altri e in cui l’unica autorità rivestita da chi svolge il ruolo di guida è quella dell’ultimo posto, dell’umile servizio svolto per il bene e la crescita spirituale dei fratelli: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35).

In particolare, nell’omelia, don Luigi, in sintonia con la parola del Vangelo appena proclamato (Mc, 9,30-37), ha focalizzato l’attenzione sulla rilevanza che all’interno della comunità cristiana dovrebbe rivestire l’accoglienza, un’accoglienza da rivolgere non soltanto verso i più piccoli e i più deboli, ma da trasformare in pratica quotidiana, in orientamento che dovrebbe investire l’intera l’esistenza, un’accoglienza reciproca, un’accoglienza degli uni verso gli altri, capace di essere lievito di concordia e fermento di pace, che sappia rendere sempre più le nostre comunità, a cominciare dalle famiglia e dalle realtà parrocchiali, riflesso dell’Amore trinitario. In tempi in cui la paura e l’intolleranza sembrano avere la meglio, l’impegno è rivolto dunque verso l’edificazione di una società e di una Chiesa che sappia vivere costantemente la comunione fraterna, che sia ospitale, nella quale ognuno possa essere accolto e sentirsi a casa, amato e valorizzato nelle sue capacità: infatti «la Chiesa o è accogliente o non è […] Il volto di Dio inizia dal volto dell’altro» (Levinas).

Paolo Pizzuti

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