Gioia

 

Assenza di gioia (Niccolò Fabi,1998)

Perché mai mi dovrei
fidare
dell’imprudenza delle tue promesse
anche se ti saprò aspettare
non so se
io ne ho bisogno

vedi non mi manca niente
ma vivo senza di te
inseguire la tua
presenza
è sempre stato inutile

così intanto io ti guardo da lontano

gioia io
ti sto aspettando
vivo bene solo mentre dormo
sono giorni che sento
l’assenza
di te

cosa posso dare in cambio
a chi ti cerca dentro di me
la mia ipotesi di
coerenza
nel rimanere come sto

chi si sente bene adesso alzi la mano

In un mondo caotico, spesso disordinato ed altrettanto superficiale, la ricerca del benessere interiore sicuramente è la conquista più alta da raggiungere, quella più faticosa, fatta di inquietudini, di sofferenze, eppur di forti altisonanze.

Spendere la propria vita in tale conquista fa dell’erranza un’opportunità, la giusta occasione per dar senso al mistero, per dar forma all’emozione.

Vivere di gioia ci rende generosi, propositivi, intenzionati a rischiare pur di cogliere ciò che ha valore autentico.

Ma, in assenza di gioia, cambia la prospettiva dell’attesa, perché “così intanto io ti guardo da lontano; gioia io ti sto aspettando, vivo bene solo mentre dormo, sono giorni che sento l’assenza di te”.

Vedi non mi manca niente, ma vivo senza di te”, l’abitudine si fa assuefazione se, in assenza di gioia ci riduciamo a contarli i giorni, rinunciando a viverli.

Ma, se dall’assenza nasce la ricerca, allora tutto cambia, perché ecco qui il seme gettato che vuole alimentarsi di nuova luce, di una nuova intenzionalità con cui vivere, stanco della sua ombra.

Vivere una condizione emotiva e relazionale complessa, conflittuale, fragile, non è una sconfitta, ma può diventare lo slancio verso orizzonti significativi diversi, fenomeni a cui possiamo dare l’accento per farne storia, perché questo è il segreto del dolore: sa dove si nasconde la vita e se ne nutre per farle crescere le ali.

Angela Taglialatela

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