Si è concluso il Corso di aggiornamento per Docenti di religione cattolica, con il convegno “Riflessioni teologico-liturgiche sul Crocifisso di San Damiano”, proposto come icona da porre nelle preghiere eucaristiche nel Messale Romano
Una giornata con il Crocifisso di San Damiano, per scoprirne tutta la bellezza e la ricchezza teologica e liturgica, con la guida di un esperto di altissimo livello, Mons. Crispino Valenziano, già professore ordinario di antropologia e spiritualità liturgica presso il Pontificio Istituto Liturgico del Pontificio Ateneo “Sant’Anselmo”, già membro delle pontificie commissioni di archeologia cristiana e per i beni culturali della Chiesa; autore di oltre seicento tra articoli e saggi, considerato a livello mondiale uno dei massimi esperti di arte sacra.
E’ giunto a conclusione così, mercoledì 26 aprile, il Corso di formazione e aggiornamento per Docenti di Religione cattolica organizzato e portato avanti dall’Istituto di Scienze Religiose “Redemptor hominis” della Pontificia Università Antonianum di Roma congiuntamente alla Pastorale Digitale della Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo. Un itinerario interdisciplinare centrato sull’Estetica, di alto livello.
Nel magnifico auditorium dell’Antonianum a Roma, sono giunti i circa cento docenti della diocesi, con una rappresentanza di studenti, provenienti da Cassino e Sora, per seguire l’incontro, articolato in tre sessioni, tutte dedicate, a partire dalle ore 10:00, a un’approfondita analisi del Crocifisso da cui, come racconta Tommaso da Celano, Francesco d’Assisi, «toccato in modo straordinario dalla grazia divina», «tremante e pieno di stupore», udì provenire le note parole «va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».
Mons. Valenziano ha studiato a fondo il Crocifisso di San Damiano, tanto che sta per pubblicare un libro sull’argomento, di cui in qualche modo ha dato larghe anticipazioni. Inoltre lo ha proposto come icona di Cristo da porre all’inizio delle preghiere eucaristiche della terza edizione italiana del Messale Romano, non ancora edita.
Nella sua relazione, che ha fatto seguito ai saluti istituzionali porti all’assemblea dal Maginifico Rettore dell’Antonianum prof.ssa Mary Melone e dal prof. Luca Bianchi, Preside dell’Istituto Francescano di Spiritualità, Mons. Valenziano ha voluto innanzitutto ben chiarire il criterio ermeneutico dell’iconografia cristiana, per sgombrare il campo da concetti e preconcetti errati. Più che di arte “sacra”, ha detto, bisogna parlare di “Arte cultuale“, che contempla il doppio significato, dal verbo latino colĕre, di Dio che coltiva il credente e dell’atteggiamento di culto a Dio da parte del credente stesso. Per questa arte bisogna rifarsi alla regola unica stabilita nel II Concilio di Nicea, dedicato alle immagini, che, rifacendosi alle parole di meraviglia di chi arriva a Gerusalemme e la vede dall’alto, bianca e bellissima: “ Sicut audivimus sic vidimus in civitate Dei nostri“, una meraviglia ai nostri occhi, miracolosa (mira oculis). Dunque, non c’è uno stile proprio dell’arte cultuale, che è quella che, avendo sentito la Parola divina, la rappresenta, col disegno, la pittura, la scultura, al punto tale da poter invertire i verbi e i sostantivi: leggo e ascolto l’immagine, vedo la Parola. Così, ha spiegato il relatore, è con il Crocifisso di S. Damiano, basato sulla parola di Paolo ai Filippesi (Fil 2, 5-11): egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio7ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini, che a sua volta si rifà agli evangelisti Giovanni e Luca nella stessa prospettiva di kenosi, annientamento, annichilimento, umiltà di Gesù per farsi simile all’uomo.
E’ l’immagine della delicatezza di Dio. A questo Crocifisso – ha affermato il relatore collegandosi e citando moltissime fonti bibliche e letterarie, documenti magisteriali e autori, dobbiamo accostarci come S. Francesco, chiedendo a Dio di poter comprendere, molto prima e molto più del dolore, la delicatezza del suo annientamento. Anche la Chiesa deve fare lo stesso percorso kenotico di povertà e di servizio, solo allora potrà elevarsi tra le genti e gaudere, come S. Francesco che si faceva giullare perché si era spogliato di se stesso. E questa è stata la forte e accorata raccomandazione che Valenziano ha fatto ai Francescani.
Così agli storici dell’arte e ai critici, ha raccomandato di fare il loro lavoro ma di non voler “interpretare” l’arte cultuale, a meno che non siano esperti conoscitori di Bibbia, teologia, storia della chiesa… Leggere l’arte cultuale è difficile: di fronte alla Biblia pauperum, Scrittura dipinta, siamo tutti poveri. Occorre non farsi “anestetizzare”, ma saper mettere insieme ascolto e visione con tutta la sensibilità estetica possibile.
Citando S. Bonaventura nei commenti al cantico della kenosi, ha parlato della redutio artium ad theologiam, per riportare alla teologia le arti. “Tutte le cose ci siano di scala per ricondurci verso Dio” perché Dio si è fatto uomo, si è annullato, affinché la nostra umanità salisse fino a lui. Questa è la teologia francescana di tutto il creato. E citando S. Antonio in una omelia: si guarda il Crocifisso non per guardare le sue sofferenze ma la propria dignità personale.
Nell’ultima parte Mons. Valenziano ha fatto una lettura analitica, dettagliata e ricchissima di spunti e raffronti interessanti, del Crocifisso di san Damiano, dal basso verso l’alto. Servendosi di immagini proiettate, ha indicato i particolari della Croce, della figura di Cristo, soffermandosi sul Volto, i capelli, gli occhi, la postura, l’aureola, il perizoma (interpretato come il linteum di servizio cinto da Gesù nella lavanda dei piedi e quindi simbolo che spiega e collega tutto), dei personaggi e delle figure che circondano il Cristo, avanzando spesso convinzioni personali, anche opposte a quelle correnti.
Insomma, il Crocifisso di San Damiano è una vera e propria Summa theologica.
Al termine della ricca e affascinante esposizione, non sono mancate domande da parte dei presenti, che hanno innescato un interessante dibattito. In chiusura, il moderatore del convegno, prof. Salvatore Barbagallo, Preside dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, ha salutato e ringraziato i presenti, tra cui due vescovi, le Suore di clausura di S. Cecilia e la famiglia Carapezza Guttuso, e in particolare Mons. Crispino Valenziano, con l’auspicio di un nuovo incontro per la presentazione del suo prossimo libro, quello appunto sul Crocifisso di San Damiano.
Adriana Letta
Foto di Giovanni Mancini