Com’è noto un ufficio liturgico è un ciclo di preghiere, che deve essere seguito tutti i giorni da sacerdoti e religiosi. Esso si articola in diverse ore canoniche, secondo la disciplina del breviario romano. Gli uffici liturgici vengono officiati pubblicamente nelle comunità religiose, come i monasteri, ma possono essere celebrate anche nelle parrocchie, eventualmente in connessione alla messa. In generale, i sacerdoti le recitano come preghiere private. In alcune circostanze (la settimana santa), alcune altre parti possono essere celebrate con riti speciali, ma la celebrazione solenne dell’ufficio riguarda per lo più i Vespri.
È proprio dagli uffici liturgici, i quali venivano celebrati nei monasteri benedettini dell’Alto Medioevo, che ebbero origine i drammi liturgici, a cominciare dal primo esempio costituito dal Quem Quaeritis. Si tratta di un breve scambio dialogico, che veniva intonato dal coro durante la messa mattutina della domenica di Pasqua, e che riproponeva – con forme e modalità andate man mano arricchendosi di dettagli e personaggi – la conversazione tra gli angeli e le Marie, venute al sepolcro per compiere il loro atto di devozione sulla tomba del Cristo.
Tuttavia, gli uffici liturgici, anche indipendentemente dal loro esito in una vera e propria drammaturgia liturgica – è bene avvertire che non è affatto certo che il dramma liturgico si sia sviluppato grazie e non malgrado la liturgia vera e propria – hanno un impianto per molti aspetti apparentabile alla spettacolarità teatrale.
Nel corso di alcune ricerche (la maggior parte delle quali condotte presso l’archivio diocesano di Veroli), sono emersi alcuni documenti di notevole interesse, nonché di pregevole fattura libraria.
Per esempio, al 1864 risale un opuscolo scritto dal vescovo dell’epoca, Fortunato Maurizi, pubblicato dal tipografo di Velletri Alfonso Cella, che contiene gli Officia Sanctorum Propria Ecclesiae Verulanae. Si tratta di un calendario perpetuo, ad uso delle chiese cittadine, contenente tutte le feste, giorno per giorno, da celebrarsi nella città e nella diocesi, nonché l’elencazione di tutti i patroni cittadini e diocesani. Particolare interesse rivestono le antifone per la Commemoratio S. Mariae Salome, riportate a p. 202 del libricino, con didascalie e “battute”.
Venendo agli uffici veri e propri, di particolare interesse sono due frammenti, oggi custoditi uno presso la biblioteca del Monastero di Farfa (nei pressi di Fara Sabina) e l’altro presso la biblioteca del Castello del Buonconsiglio di Trento, provenienti entrambi da uno stesso graduale risalente all’XI secolo. Questo graduale fu redatto in scrittura beneventana, proprio a Veroli, e appartenne ad un non meglio identificato Dom Palmieri. Tutto lascia supporre che costui fosse un confratello benedettino, residente nel monastero che era laddove oggi sorge la chiesa di Sant’Erasmo.
Sia nel foglio di Farfa che in quello trentino è contenuto un Exultet, che conserva peculiarità rituali relative allo svolgimento della Veglia pasquale (di grande fascino drammatico). Il frammento di Farfa-Trento documenta in modo singolare una fase del progressivo processo di soppressione del rito beneventano in favore di quello romano.
Un altro documento di eccezionale valore, anche da un punto di vista grafico, è conservato presso l’archivio diocesano di Veroli. Si tratta di un volume rilegato, probabilmente risalente al XVII secolo, contenente una serie di uffici celebrativi delle principali feste del calendario liturgico, che veniva utilizzato presso la piccola e pregevole chiesetta di San Leucio. Infatti, si ritrovano le antifone e i canti da eseguire, per esempio, per la festa del santo “di casa”, per la festa di San Vincenzo Ferreri, per la festa di tutti i santi, per la festa di Sant’Anna.
Ma su tutti il documento più interessante, contenuto in questo antifonario, è l’Officium in Nativitate Domini, cioè per il Natale, caratterizzato da particolari (seppur brevissimi) scambi dialogici, che concludono ogni vocalizzo antifonario e alleluiatico.
Un altro documento di pregio è un antifonario, che era in uso presso la basilica di San Paolo (databile alla metà del Settecento). In esso è contenuto anche l’ufficio processionale per la Domenica delle Palme. Di particolare interesse è la rubrica posta circa a metà della funzione, la quale è assimilabile ad una vera e propria didascalia teatrale, che stabilisce che due cantori, al rientro della processione, entrino in chiesa per intonare il “Gloria”, alternandosi al sacerdote e agli altri, che restano fuori dalla chiesa. Poi, i due cantori intonano gli altri versi, e quelli che sono fuori rispondono intonando “Gloria, laus et honor tibi sit Rex…”.
Il documento di più eccezionale valore, risalente grosso modo agli stessi decenni, è l’antifonario che veniva usato dal coro della chiesa cattedrale di Veroli per le celebrazioni del giovedì, venerdì e sabato santo. La straordinaria ricchezza, anche grafica, del testo è dovuta alla particolare perizia calligrafica del compilatore, il quale ebbe l’accortezza di evidenziare con inchiostro rosso tutte le parti didascaliche, lasciando in nero sia le parti recitate, i responsoriali e le partiture dei canti.
La complessità rituale, che emerge da questi documenti, è segno della maturità e della consapevolezza dei fedeli e degli officianti, che non erano più solo monaci (come nei secoli altomedievali), bensì anche appartenenti al clero secolare, come bene attestano gli antifonari verolani, non diversamente da analoghi documenti rintracciati presso l’archivio diocesano di Sora, di cui parleremo prossimamente.
Vincenzo Ruggiero Perrino