Il Grazie più grande va al popolo delle Baracche

Concerto dell coro A.M.A. diretto dal M° Fabio Gemmiti per il 50° di sacerdozio di don Paolo Galante

Sabato 9 dicembre alle ore 17.30 si è tenuto nella chiesa di San Giuseppe Artigiano a Sora il concerto, diretto dal M° Fabio Gemmiti, del Coro A.M.A. per festeggiare i 50 anni di sacerdozio di don Paolo Galante.

Sedici brani eseguiti magistralmente dal coro accompagnato in alcuni pezzi da un quintetto di fisarmoniche. Grande gioia e applausi al termine di ogni brano dal numerosissimo pubblico accorso per l’occasione. Presenti anche molte autorità civili della città guidati dall’Assessore alla Cultura, Sandro Gemmiti.

Al termine della cerimonia un caldo e sentito discorso del parroco don Paolo visibilmente emozionato ha rafforzato la gioia e riscaldato i cuori dei presenti, che il pungente freddo non aveva scoraggiato dal partecipare all’importante evento. Don Paolo ha inizialmente voluto porgere i suoi personali ringraziamenti alle autorità presenti, al Maestro Fabio Gemmiti. a tutti i membri del coro ed in particolare al corista Giuseppe Grossi, che  insieme ai Melody accompagna ogni domenica la Messa del mattino nella parrocchia di Costantinopoli, e che si è fatto promotore dell’iniziativa. Ma il più grande ringraziamento di don Paolo è stato per il suo popolo, il popolo delle “baracche”. Infatti, esattamente 49 anni fa, il 15 dicembre, il Vescovo di Sora Mons. Biagio Musto volle ufficialmente istituire la parrocchia di Costantinopoli. Le “baracche” erano il segno di un’Italia e di una Sora appena uscita dal conflitto bellico, distrutta dai bombardamenti e depredata in tutto dall’occupazione nazista che in particolare a Sora aveva visto la loro presenza subito nelle retrovie della Linea Gustav e del fronte di Cassino. Le “baracche” erano il simbolo di quell’Italia che distrutta da due Guerre non si voleva e non si sarebbe arresa, avrebbe iniziato a sognare, sperare, ricostruire, rivivere. Anche la Chiesa diocesana, con il Vescovo Biagio Musto con la creazione di una Parrocchia e pian piano di strutture come asili, scuole, mense, che nel corso degli anni si sono aggiunte, voleva dare un segno tangibile, una presenza ed un aiuto materiale e spirituale a questo popolo. Il compito di don Paolo è stato tutt’altro che semplice, ma mai si è scoraggiato. Il suo sorriso, le sue corse in bicicletta per andare a scuola a trovare e stare con i bambini, sono nella memoria di tantissimi sorani che soprattutto ricordano le sue parole di conforto per i tanti troppi problemi che affliggevano le famiglie in difficoltà. Forte della sua fede e del cognome che portava, si accostava a tutti ed alla mensa era il primo a servire e dare da mangiare, Don Paolo, molti e molti anni prima delle parole di Papa Francesco, aveva ben inteso il significato di “Chiesa in uscita”.

“Baracche”. Un nome che sicuramente i più giovani non conoscono, che in tanti hanno voluto dimenticare, nascondere e di cui tanti si sono fortemente vergognati. Un nome spesso legato anche ad una politica che troppo spesso non manteneva le sue promesse. Ma la rinascita di un popolo, di una città è passata anche e soprattutto attraverso chi, come don Paolo, non si è scoraggiato, ha lottatto ogni giorno per ricostruire in primis la fede e la speranza che il secondo conflitto mondiale aveva cercato di annientare e distruggere facendo credere che un Dio che avesse potuto permettere tutta quella morte e distruzione non potesse esistere. Ma don Paolo, come altri sacerdoti, non si è limitato solo a ricostruire la fede, ha voluto fortemente ridare conforto, aiuto, cibo, abitazioni e soprattutto dignità al suo popolo… il popolo delle “baracche”.

Riccardo Petricca

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