Il Concilio Vaticano II, l’Italia, il mondo
Conversazione con Mons. Luigi Bettazzi, ultimo testimone del Concilio
Una conversazione su temi tutt’altro che remoti e indifferenti, anzi attualissimi e incredibilmente interessanti, è stata quella organizzata dall’Istituto Teologico Leoniano e dalla Scuola diocesana di Formazione Teologica, con la collaborazione dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale, svolta il 10 dicembre nell’Aula Magna del Campus Folcara. Ospite straordinario Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea, ultimo Padre conciliare italiano vivente. Egli partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano II dalla seconda sessione, nel 1963, giovane Vescovo appena nominato, e per età, apertura mentale e senso ecclesiale, ha conosciuto e vissuto tante situazioni, fatti ed anche retroscena che determinarono lo svolgimento del Concilio. Dunque, gran conoscitore e testimone di quegli anni, della storia che ha preceduto, accompagnato e seguito gli anni del Concilio, che si tenne tra il 1962 e il 1965. Bene hanno detto i due estensori dell’invito, Don Nello Crescenzi, direttore della Scuola Teologica diocesana, e Don Benedetto Minchella, cappellano dell’università, definendo non “conferenza” ma “conversazione” l’intervento di Mons. Bettazzi che, nonostante i suoi 96 anni, ha mostrato una lucidità, un’intelligenza delle cose e diremmo un’arguzia assolutamente fuori del comune e un modo di porgere brillante che ha catturato e coinvolto il folto uditorio, composto da docenti e studenti. Non sono mancate neppure le barzellette relative a quel tempo, passato da oltre 50 anni ma reso vivo e vivace.
Dopo i saluti istituzionali, del Rettore Giovanni Betta e del prof. Giovanni Arduini, Presidente del CdS di Scienze dell’educazione e Scienze Pedagogiche, è intervenuto il Vescovo diocesano, Mons. Gerardo Antonazzo, che si è detto accomunato a Mons. Bettazzi, ultimo testimone del Vaticano II tra i vescovi, dalla conoscenza e amicizia con Don Tonino Bello, ha ricordato e sottolineato che il Concilio è ancora un processo in atto e la sua ricezione è tuttora aperta. D’altronde basta ripercorrere la storia dei venti precedenti concili della Chiesa cattolica, ogni concilio ha comportato un terremoto nella vita della Chiesa, dovendo affrontare delle situazioni di criticità, generando aspettative ma anche trovando incomprensioni e contrasti. Così pure il Vaticano II, che voleva rispondere a domande urgenti riguardanti la posizione della Chiesa sia ad intra che ad extra. La consegna del Concilio, ha affermato il Vescovo citando Benedetto XVI, ha generato una linea di rottura ma nel senso di una continuità. Ogni riforma, per essere vera ed efficace, ha la congiunzione di elementi di rottura (su questioni non sostanziali) ed elementi di continuità (su questioni di valore, che non possono cambiare). Nulla poteva rimanere come prima e allo stesso tempo nulla cambiava di sostanziale rispetto a prima. Il moderatore prof. Filippo Carcione, ha dato poi la parola a Mons. Bettazzi, il quale ha tratteggiato, con ricchezza di particolari anche inediti o poco conosciuti, le origini e l’andamento del Concilio, nato per sviluppare e perciò cambiare la Chiesa perché restasse viva. Papa Giovanni XXIII, che indisse il Concilio, volle che non fosse dogmatico ma pastorale, per la gente. Tra i documenti finali del Concilio, quelli più importanti sono le quattro Costituzioni e su queste il relatore si è soffermato: la Dei Verbum, sulla «divina rivelazione», che ricollocò al centro della vita della Chiesa e dei singoli cristiani la Parola di Dio, la Bibbia; la costituzione dogmatica Lumen Gentium, sulla Chiesa e la sua natura e organizzazione, definita da Paolo VI, il Papa che portò avanti il Concilio, la magna charta del Vaticano II; la Sacrosanctum Concilium, riguardante la «Sacra liturgia» e le celebrazioni; la Gaudium et Spes, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, in cui i padri conciliari posero l’attenzione sulla necessità di aprire un proficuo confronto con la cultura e con il mondo. Tra i tanti episodi particolari, gli intrecci con la politica ed il sociale, ed i personaggi del tempo, Mons. Bettazzi ha inserito quanto riguarda il suo rapporto con Enrico Berlinguer, allora segretario del Partito comunista italiano: tra loro ci furono delle lettere aperte che anche se non sortirono effetti immediati, perché la cosa fu bloccata, tuttavia mostrarono in mons. Bettazzi una notevole apertura al dialogo. Non per niente la locandina di invito alla serata, indicava il relatore come “sapiente interlocutore di Enrico Berlinguer”, ricco di quella sapienza del cuore che fa compiere anche passi fuori del comune. Infine ha additato due indicazioni del Concilio: la sinodalità, allora detta collegialità, e l’impegno per i poveri. Il peccato, ha affermato, non è altro che il chiudersi in se stessi alla ricerca del proprio bene senza pensare agli altri. La Chiesa non ha l’esclusiva ma è il lievito che aiuta tutti, anche i non credenti, a vivere aperti a Dio e agli altri, questo è il Regno di Dio. L’ultima parte della serata è stata occupata dalle numerose domande che dal pubblico sono state rivolte al relatore, il quale ha puntualmente risposto sia ai docenti, universitari e di scuola, sia agli studenti, arricchendo ancor più una “conversazione” oltremodo interessante, profonda e piacevole. Al termine, Mons. Bettazzi ha fatto omaggio all’università dei suoi due ultimi libri, che ha consegnato a Francesco Cuzzi, del Senato accademico.
Adriana Letta
Foto Alberto Ceccon