1, 2, 3, 4, 5, 6 Ciao! Vi voglio salutare come si usa all’ACR. Sì, perché in Azione Cattolica sono “nato e cresciuto” fisicamente e spiritualmente ed oggi che come Diacono permanente non “posso” avere più la tessera, continuo a seguire ed a vivere da… osservatore attento e partecipe, l’esperienza associativa.
Mi chiamo Giovanni Urbini, ma per tutti sono solo Gianni; vivo da 73 anni nel mio paese natale, Isola del Liri –parrocchia S. Lorenzo m.-; sono felicemente sposato da 46 anni con Luciana Costantini ed abbiamo due figli maschi e tre nipoti. Ho lavorato nella segreteria di diversi Istituti superiori (ITIS di Frosinone, ITIS di Arpino, IPSIA di Isola del Liri) ed ora che sono in pensione, mi dedico a tempo pieno alla famiglia e all’impegno ecclesiale. Tanti gli sport e gli hobby che hanno reso più ricca e interessante la mia vita, da radioamatore a pescatore sportivo, dalle fotografie alla collezione di francobolli, dall’acquario ai liquori e poi l’atletica leggera da giovane, il tennis e un po’ di nuoto in età più matura, ed ora tante belle passeggiate, quando il tempo è buono!
Ho un vero debito di gratitudine verso l’Azione Cattolica, che mi ha accompagnato nelle varie fasi della vita: sono stato semplice socio ma anche presidente parrocchiale della GIAC “S.Giovanni Bosco”, proprio negli anni a cavallo del Concilio Vaticano II, quando fermenti di novità e voglia di una Chiesa più aperta, più “giovane”, più “laica”, più vicina alla gente, divenivano realtà grazie all’impegno di tanti.
Sono grato a tutti i sacerdoti che mi hanno guidato in questo cammino verso il Signore, con un’attenzione particolare alle persone e alle diverse situazioni di vita. Proprio in parrocchia ci siamo conosciuti Luciana ed io e la parrocchia è stata per noi la “seconda” casa: insieme siamo stati catechisti, anche dei nostri figli, dalla preparazione all’incontro con Gesù Eucaristia al ricevimento del dono dello Spirito santo e per uno di loro, nel cammino verso il Matrimonio. Esperienze belle e arricchenti, non limitate alla “lezioncina”, ma capaci davvero di coinvolgere e… stravolgere la vita.
L’impegno parrocchiale si è allargato ben presto alla sfera diocesana, dapprima come segretario dell’AC interdiocesana sotto l’episcopato di Mons. Carlo Minchiatti; poi ho collaborato con il Vescovo Lorenzo Chiarinelli nella pubblicazione di vari testi, come segretario del Consiglio Pastorale Diocesano e nella Pastorale familiare. Con la venuta in diocesi di Mons. Luca Brandolini il binomio Gianni-Diocesi si è fatto sempre più stretto, prima come presidente diocesano dell’A.C., poi, con l’andata in pensione -1 settembre 2002-, come segretario del Vescovo e poi ancora come diacono permanente.
Chi è mai –diranno quelle tre persone che mi leggono– il diacono permanente?
Un “sacrestano specializzato”? NO!!! Un “mezzo prete”? NOO!!! Un “laico maggiorato”? NOOO!!!
Il diacono è semplicemente… “colui che serve”. Serve a che cosa? O meglio, chi deve servire? E come?
Lasciatemi fare un po’ di storia. Con il Motu proprio del 18 giugno 1967 “Sacrum diaconatus ordinem”, il Papa Paolo VI ripristinò il diaconato permanente, precisandone funzioni e formazione. I diaconi, infatti, erano presenti già nella chiesa primitiva, donne e uomini: pensiamo alla diacono Febe, di cui parla S.Paolo, a S. Stefano protomartire, lapidato, o allo stesso S. Lorenzo, arso vivo. Non mi auguro certo la loro fine, ma quella fede e quell’amore per il Signore, sì.
In un altro Motu proprio del Papa ora Beato “Ad pascendum” il diacono viene definito come “animatore del servizio ossia della diaconia della Chiesa presso le comunità cristiane locali, segno o sacramento dello stesso Cristo Signore, il quale non venne per essere servito ma per servire.”
Il diacono non viene scelto o nominato, ma ordinato, dopo oculato discernimento e specifica preparazione, e la grazia sacramentale scaturita dall’Ordinazione lo rende educatore e animatore del servizio sia nei confronti dei fedeli laici con i quali condivide l’inserimento nella vita familiare e sociale, sia verso i presbiteri con i quali è chiamato a collaborare, in obbedienza ed in comunione con il Vescovo, nell’attuazione del programma pastorale della Chiesa particolare.
Con quale stile il diacono “serve”? Con quello stesso di Cristo Gesù, povero nello spirito e nelle scelte di vita, mite e umile, attento e disponibile, pronto a condividere con chi è nel bisogno nel corpo e nello spirito, esercitando vera com-passione e cura di chi soffre, annunciando a parole e con gesti concreti la “buona notizia” della liberazione e della salvezza.
Lo fa come educatore e animatore, impegnandosi personalmente nella liturgia, nella catechesi e nelle opere caritative e sociali, ma ha anche il compito di formare gli operatori di quei settori e coordinarne le azioni, sempre d’intesa con i pastori ai quali è affidato il ministero della sintesi.
Abbiamo, quindi, una Diaconia della carità, con l’esercizio delle opere di misericordia, non a titolo personale ma in nome e per conto della Chiesa; una Diaconia dell’evangelizzazione, per annunciare autorevolmente la Parola di Dio ed essere segno di Cristo servo in tutti gli ambienti dove gli uomini vivono, lavorano, soffrono, gioiscono, lottano. Un ruolo particolare è da lui rivestito nella Diaconia della liturgia: il diacono permanente, infatti, assiste il Vescovo e il presbitero durante le funzioni liturgiche; amministra solennemente il battesimo; conserva e distribuisce l’Eucaristia; benedice le nozze cristiane quando sia espressamente delegato; presiede i riti funebri; amministra i sacramentali; presiede alla preghiera dei fedeli in preparazione all’eucaristia celebrata dal Vescovo e dal presbitero in costante comunione con essi.
Usando un’espressione cara al Vescovo Brandolini, il diacono, per esercitare bene il suo compito, deve sapere – saper essere – saper fare!