Il Gioco è una cosa seria

Tra gioco e azzardo: il piacere, il caso, l’illusione

Lo scorso 28 Aprile si è tenuto, presso la sala consiliare del comune di Sora il Convegno “ Tra gioco e azzardo: il piacere, il caso, l’illusione”.

Il gioco è da sempre una prerogativa infantile, attraverso il quale il bambino può soddisfare bisogni necessari per il suo sviluppo, tuttavia esso continua a mantenere anche in età adulta un importante ruolo compensatorio di scarico delle tensioni e dell’aggressività. Ma a volte, quest’attività può assumere caratteristiche patologiche, e quando questo accade è richiesto un intervento sinergico tra varie professionalità. Per questo il convegno ha visto il susseguirsi del contributo di vari professionisti, ognuno focalizzato su un aspetto specifico della dipendenza da gioco.

Dopo gli interventi del vicesindaco Petricca, e del pediatra Pontone, Fernando Ferrauti Direttore del Dipartimento Salute Mentale e delle Patologie da Dipendenza dell’ASL di FR ha aperto il convegno a cui sono seguiti i contributi di numerosi esperti del settore. Nella prima parte sono state presentate le relazioni di: Claudio Cippitelli (Sociologo, Cooperativa sociale Persac), Claudio Dalpiaz (Psicologo, Psicoterapeuta, Progetto Orthos), Franca Mora (Psicologa, Psicoterapeuta, Esperta di formazione, organizzazione e gestione Reti Welfare). Nella seconda parte, aperta da Gabriele De Ritis (Liberamente) sono intervenuti: Armando Caringi (Il Faro), Pia Savino (Psicoterapeuta del SerD di Sora), Gabriele Savoia (Sportello antiusura del Comune di Sora, Associazione Frosinone Antiusura).

Si è partiti dalle analizzate dal punto di vista soci-antropologico il fenomeno del gioco d’azzardo per poi individuare i fattori di rischio e sviluppo della patologia. Durante il convegno è stata evidenziata l’importanza di affrontare il fenomeno in maniera multidisciplinare, lavorando sul singolo individuo che presenta la problematica, sul sostegno alla famiglia, sugli aspetti economici legati al sovraindebitamento e soprattutto valorizzare le attività già esistenti sul territorio che da tempo propongono laboratori con i ragazzi volti ad agire in un’ottica di prevenzione primaria.

Ma cosa intendiamo quando parliamo di gioco d’azzardo? Il gioco d’azzardo va inteso come un’attività in cui qualsiasi puntata o scommessa viene fatta sulla base di un risultato imprevedibile, e che quindi dipende in grado variabile dal caso. La puntata che la persona fa è legata alla previsione di un risultato futuro incerto quindi non controllabile o influenzabile da parte del giocatore.

Ma qual è la posizione dello stato di fronte a questa realtà? Ad oggi l’intervento statale in questo ambito è stato caratterizzato da un’ambiguità di fondo: se da una parte si attuano politiche di sensibilizzazione sul rischio di dipendenza che il gioco d’azzardo comporta, dall’altra si continua a sostenere la legalizzazione di nuove opportunità di gioco. Da qui scaturisce la presenza di slot machine e postazioni per fare scommesse nei bar, nelle tabaccherie o luoghi predisposti, a questo si aggiunge la possibilità di giocare su internet in qualsiasi momento della giornata. In questo scenario è la fortuna quella che può far fare una vita migliore attraverso il gioco, e non l’impegno nell’acquisire conoscenze e competenze.

Il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) viene definito come un comportamento persistente, ricorrente e maladattivo che compromette le attività personali, familiari e lavorative. Il disturbo è caratterizzato dalla continua perdita di controllo in situazioni di gioco, dal pensiero fisso di giocare e di reperire denaro per continuare a farlo, dal pensiero irrazionale e dalla reiterazione del comportamento, nonostante le conseguenze negative per il soggetto. Il gioco diventa un luogo dove creare una realtà parallela, una realtà alternativa a quella quotidiana da cui la persona non riesce a trarre soddisfazione. Da questa situazione la persona deve essere supportata nell’abbandonare la dimensione dell’impotenza appresa per ritornare a percepirsi “responsabile della propria vita”.

In un’ottica di prevenzione si è quindi chiamati in primis a veicolare l’informazione su tutto il territorio, valorizzando tutte quelle attività che hanno lo scopo di lavorare sui fattori di rischio legati alla dipendenza.

Vincenzina Porretta

Foto Giorgio Campoli e Marco Vinci

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