45 (18/12/2017)
“Vigilate”
Lo scorso anno, di questi tempi, Il serpente prudente cercava di intrattenere i suoi cinque lettori sul senso di questa e di tutte le festività, concludendo che una festa non si trascorre come un giorno qualsiasi, facendo grosso modo le stesse cose che si fanno in tutti gli altri giorni dell’anno. L’assenza del vero spirito del vivere la festa comporta una visione sfocata della volontà di Dio, e ovviamente comporta su un piano pratico che alla fine nessuno è veramente contento.
Il Natale, da questo punto di vista, ha assunto un ruolo quasi paradigmatico. L’uomo ha fatto di tutto e di più, pur di degradare questa occasione ad una festicciola piena di cose, nessuna realmente utile o indispensabile. In più, in nome del politically correct si aboliscono i presepi nelle scuole e si cerca di non urtare la suscettibilità di coloro che appartengono ad altre religioni. In realtà ci si dovrebbe chiedere perché Dio, ad un certo punto, ha deciso di prendere natura umana.
Anzi le logiche sociali e le mode del momento hanno desertificato il Natale. Si tratta di una perdita di identità che è direttamente proporzionale alla fame di “possedere” che in particolar modo nelle occasioni di festa si coglie in ogni atteggiamento e in ogni comportamento. Una perdita di identità che è direttamente proporzionale anche all’abulia con la quale ci si trascina nella quotidianità, da un’illusione all’altra, con la convinzione che la soluzione al problema dipenda da qualche altro.
Come diceva il filosofo (ateo) Massimo Cacciari, a ben vedere, questa perdita di identità è comune un po’ a tutti i “credo”, sia quelli del mondo laico che quelli dell’ambito religioso. Per questo chi vuole manifestare la sua appartenenza religiosa o il suo teorema laicista, renda chiara la sua convinzione con una consapevole scelta. Il Vangelo ad ogni pagina afferma che Dio ha sempre un’intenzione chiara. E, cioè, che la fede è sì preghiera, ma è anche, e soprattutto “azione”; che la salvezza è nelle opere non nelle sole intenzioni; che l’amore verso Dio e verso i fratelli è innanzitutto qualcosa di tangibile; che dunque è richiesto uno sforzo che vada oltre il semplice sciorinare qualche giaculatoria, o il frequentare passivamente una messa o un gruppo di preghiera.
E Gesù lo ha ripetuto con la consueta disarmante chiarezza anche qualche domenica fa. Marco (13, 33-37) ribadisce di prestare attenzione e di vegliare, perché non si conosce il momento in cui il padrone tornerà a chiedere conto ai servi della gestione della propria casa. Il suggerimento è preciso: «Fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati».
Noi cristiani, convinti che basta essere i depositari della verità, né più e né meno di come si consideravano i farisei ai tempi di Gesù, siamo spesso addormentati! Questo monito ha comunque un valore “universale”: «Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Per la verità, “vegliate” ha significati diversi. Nella versione latina c’è “vigilate”, che presuppone un modo più attivo di vivere la propria cristianità. Ancor più è nella versione greca, in cui leggiamo γρηγορείτε (grigoreíte), che lascia intendere un darsi da fare ancora più incisivo, rapido e deciso.
Dunque, che questo Natale risvegli un senso di responsabilità individuale e collettiva in ognuno di noi, e ci faccia diventare nuovamente curiosi della nostra stessa cristianità, e finalmente pronti a “vigilare”, secondo l’insegnamento di Gesù.
Infine, colgo l’occasione per salutare i lettori. Proprio per non far come chi predica bene e razzola male, Il serpente prudente conclude con questa puntata la sua avventura, per cercare nuove strade attraverso le quali dedicarsi ad una “vigilanza” più produttiva per sé e per il prossimo. Perciò, porgo a tutti i miei auguri di un sereno e vero Natale e di un buon anno nuovo, nella speranza che quanto seminato in questi lunghi mesi passati a proporre riflessioni “oblique” sulla Parola abbiano in almeno uno o due lettori lasciato una piccola traccia.
Vincenzo Ruggiero Perrino