Nel 20° anniversario della sua nascita al cielo, la parrocchia, i gruppi e le persone alla cui formazione contribuì largamente, ne ricordano l’alto valore umano e sacerdotale
Per delibera del Comune, il largo antistante la chiesa di S. Pietro Apostolo sarà intitolato a don Antonio Bigante
A vent’anni dalla nascita al cielo del caro ed amato don Antonio Bigante, un gruppo di persone formatesi alla sua scuola liturgica, pastorale, musicale ed artistica ha voluto sapientemente organizzare una celebrazione eucaristica in suo ricordo, per esprimere la propria immensa gratitudine a Dio del dono di questo grande sacerdote. La S. Messa è stata officiata il 20 luglio alle ore 18,30 nella sua parrocchia nel rione Colosseo, cioè la chiesa di S. Pietro Apostolo, che ancora porta i segni della sua genialità artistica nel bellissimo rosone a mosaico, posizionato in alto, sul portone centrale. A presiedere l’Eucarestia il parroco Don Nello Crescenzi, concelebranti don Domenico Simeone, don Lucio Marandola, il suo amico e confratello don Giovanni Coppola ed i diaconi Luca Consales, Florin D’Amata e Luigi Evangelista. L’animazione liturgica è stata curata dal ricreato “Gruppo di animazione cristiana S. Pietro Apostolo Cassino” così battezzato dallo stesso don Antonio all’atto della sua costituzione, che ha riproposto i canti delle loro celebrazioni eucaristiche.
Don Nello, nella sua omelia, riprendendo la figura di Mosè della prima lettura, ha voluto approfondire l’immagine del buon pastore, quale è stato don Antonio. Mosè riesce, con l’aiuto di Dio, a condurre in salvo il popolo israelita; egli sa come e quando agire, quando precedere, quando stare in mezzo, quando rimanere dietro al suo “Gregge”, come fa un buon pastore nella sua comunità parrocchiale. L’altra riflessione è stata incentrata sul valore della continuità della missione sacerdotale: ogni parroco è un tassello nelle mani di Dio che si adopera per il bene del popolo a lui affidato. L’amore di Dio si esplica nel sapiente susseguirsi dei suoi pastori che lasciano la propria impronta nella comunità, come ha fatto Don Antonio.
Al termine della celebrazione a tracciare il ricordo dell’uomo, del sacerdote, del teologo, del liturgista, del musicista, dell’artista Don Antonio, è stato in primis il suo amico di sempre don Giovanni Coppola, e, successivamente, Marcella Di Meo e Rosario Di Fazio, interpreti di tutti coloro che hanno avuto l’opportunità di sperimentare le molteplici sfaccettature della sua profonda fede, della sua grande umanità, del suo immenso sapere. Don Giovanni ha voluto metaforicamente associare la sua abilità artistica alla bellezza celeste di cui ora egli partecipa e contribuisce a creare nell’infinito Eterno. Ha ricordato la sua particolare predilezione per il girasole, un fiore che ha contrassegnato la sua esistenza nella sua accezione simbolica e nella sua evoluzione artistica. Li sceglieva con cura prima di ritrarli, essi che fissano la luce del sole e ne sono attratti, come lui seguiva Cristo Luce della sua vita. La sua sensibilità lo portava alla riflessione e alla meditazione e lunghe conversazioni filosofiche si susseguivano nei suoi dialoghi con l’amico fraterno don Pasquale Pellecchia. Preferiva indagare e ricercare e non si stancava mai, evitando addirittura gli svaghi. “Non rimane che esprimere la più grande gratitudine a Dio per questo sacerdote unico, dotato di una immensa umanità e fa piacere che ora accanto a dom Angelo Pantoni, monaco di Montecassino, a cui è intitolata una strada, sarà ricordato nel Largo don Antonio Bigante, proprio nello spazio antistante la sua parrocchia”, questa la chiosa del discorso di don Giovanni.
A seguire Marcella Di Meo ha voluto ricordare come don Antonio sia stato fondamentale nella vita di tutti coloro che hanno vissuto la parrocchia in quegli anni. Era una fucina di idee, non ha mai trascurato nessuna delle attività che si potessero svolgere e infuso entusiasmo nei giovani, nei quali riponeva fiducia e speranza. Tra le sue molteplici iniziative, che il gruppo da lui formato ha portato avanti, vanno senza dubbio citate il servizio liturgico domenicale, la partecipazione ai vari ministeri esistenti in parrocchia, le celebrazioni eucaristiche nelle campagne, cineforum, campi scuola, rappresentazioni teatrali, concerti musicali, partecipazione all’allestimento dei carri allegorici di Carnevale, incontri settimanali di approfondimento su temi religiosi e sociali, realizzazione della passione vivente e, per decenni, di un presepe artistico. Riporto il passo più significativo: “Caro don Antonio, ti siamo grati per quanto hai fatto, per essere stato prete, parroco, amico, fratello, artista, testimone di Gesù, per aver modellato in ognuno di noi una persona, come ti sono grati tutti quelli che hai incontrato nelle tue attività, in parrocchia, a scuola, nelle mostre che allestivi con garbo e fantasia. Hai segnato il nostro cuore donandoci quella tua capacità di cogliere i sentimenti, la solitudine, la malinconia, l’isolamento dell’uomo, la passione per l’infinito che sei riuscito a trasferire nei tuoi dipinti, che parlano, dicono e diranno del tuo Gesù, del Gesù di tutti noi, della nascosta coscienza che questa esistenza, da soli, non è vivibile”.
L’ultimo intervento è stato quello di Rosario Di Fazio che ha ribadito quanto lui personalmente, ma anche l’intera comunità cassinate senta la mancanza di una tale indimenticabile persona. Lo ha definito “uomo mite, attento, educato, sensibile e di una indicibile cultura, umanità e spiritualità; era un uomo che ti cambiava la vita. Lui che non amava la notorietà, lui che fuggiva da ogni possibile palcoscenico o piazza, lui che non si è mai autopromosso ma che anzi, si adoperava in ogni modo pur di non apparire, pur di passare inosservato, è stato paradossalmente il più amato ed ammirato parroco nel dopoguerra nella nostra città. Don Antonio non viveva di luce riflessa, ma di luce propria e quella sua luce ha illuminato, e tuttora illumina, la vita di chi lo ha conosciuto per davvero”. Nel suo discorso Rosario ha poi sottolineato due concetti fondamentali della sua esistenza: la sua fedeltà alla promessa fatta a Cristo, di cui è stato fedele servitore fino alla fine, senza mai un tentennamento, un compromesso con le umane passioni e l’estrema coerenza di vita quale continua testimonianza di fede; anche quando ha lasciato la parrocchia, il suo matrimonio con Cristo è rimasto indissolubile. L’amico ha poi ricordato come a soli 24 anni gli fosse stata affidata la parrocchia più difficile del territorio, in un periodo storicamente controverso, quello della lotta armata, che non aveva risparmiato neppure il rione Colosseo. Eppure la sua porta era sempre aperta e la Casilina non era un divisorio. Così attento alle attese del gregge a lui affidato, pensava che anche la festività di S. Pietro nei suoi risvolti civili andasse rispettata e curata nei dettagli, perché costituiva un piccolo svago per chi non poteva permettersi nulla. Rosario ha concluso menzionando anche le sue sofferenze, la solitudine, l’abbandono di molti nel momento della difficoltà, mentre lui ha lasciato come eredità anche l’oratorio, non solo nelle intenzioni dei Salesiani che gli sono subentrati, ma anche economicamente mettendo da parte il necessario per la sua realizzazione. A chiusura di una celebrazione unica e davvero sentita, a cui anche Montecassino ha voluto partecipare spiritualmente manifestando la sua vicinanza a tutti i presenti, in particolare ai fratelli Maria Luisa ed Enrico Bigante, don Nello ha annunciato a nome della amministrazione comunale, assente perché in seduta consiliare, che su sua delibera il largo antistante la chiesa sarà intitolato a don Antonio Bigante. Non poteva mancare uno scrociante applauso, espressione di un momento di intensa commozione.
Biancamaria Di Meo