A 46 anni dalla scomparsa di Vittorio Cristini: uno sportivo ed un sorano indimenticabile
Sono trascorsi quarantasei anni dalla sua scomparsa, ma la memoria di Vittorio Cristini resta sempre viva ed indelebile. Ci lasciò, all’improvviso, il 29 settembre 1974, ma Vittorio Cristini resta una delle figure più significative e nobili della storia recente, umana e sportiva, di Sora.
A lui il Comune ha intitolato il ponte lamellare, ancora però chiuso al passaggio pedonale, che collegava il Lungoliri Cavour con la piazza retrostante la chiesa di S. Rocco. Sono innumerevoli coloro che continuano a conservare il ricordo della sua poliedrica attività e il dono della sua amicizia, come testimonianza umana e sociale. “Gli amici veri non si dimenticano mai, diceva di lui mons. Bruno Antonellis. Sono 46 anni che ci ha lasciato e sembra ieri… Quanta nostalgia! Vittorio aveva il carisma del leader con la capacità di sedurre con gli ideali che proponeva. Aveva l’entusiasmo, la generosità, la lealtà, l’ardore del ventenne; il coraggio, l’amabilità, la tenerezza del padre che intuiva le energie ed i valori nascosti nei cuori di tanti giovani che avvicinava e avviava, non solo verso traguardi sportivi, ma anche umani, cristiani e sociali”.
Quello attraversato da Vittorio Cristini fu un “tempo” unico, irripetibile, umanamente ricco, compreso nell’arco tra gli anni ’60 e ’70. Anni veramente indimenticabili. Molti Lo seguivano ricevendo sicurezza, fiducia, solidarietà, comunione e sostegno vero. La zona di “S. Rocco” era il “suo” rione e Vittorio Cristini è stato, egli stesso “un ponte”, collegando e traghettando tanti giovani, verso una esperienza di vita basata sui valori dello sport, dell’amicizia e della famiglia. Ha rappresentato un preciso punto di riferimento nell’ambito della popolare zona di S. Rocco e di “Cancéglie”, il cuore vero della Città; un’esperienza che poi ha coinvolto anche tanti altri segmenti del territorio comunale di Sora. Seppe trascinare, con l’entusiasmo di una sua particolarissima “forza interiore”, una intera generazione di ragazze e ragazzi. È stato un testimone concreto dello sport, ma quello che accoglie, diverte, educa, matura, forma, per mezzo dei principi cristiani dell’altruismo, del solidarismo e del servizio.
Ha aiutato in tutti i modi concreti, tanti giovani, a diventare cittadini adulti. Una “spinta” coraggiosa che ancora oggi molte donne e tanti uomini, portano dentro di sé e conservano gelosamente nel cuore. Ebbe sempre al suo fianco la moglie, signora Marina Simoncelli, un appoggio discreto, incondizionato, intelligente e prezioso. Fu un imprenditore coraggioso e lungimirante; giocatore del Sora, con un salto in serie “A” nella squadra giallorossa, e per questo il “Roma club” di Sora, porta il suo nome; dirigente e collaboratore dell’ “A.S. Sora” di Annunziata; presidente della “Polisportiva Fede e Lavoro”; promotore e sostenitore di iniziative sportive, ricreative e culturali per i giovani della Città, nell’ambito della FIGC, del CSI, dell’Azione Cattolica e della parrocchia di S. Silvestro. Ecco perché a Sora, in tanti, gli dicono ancora: “grazie”.
Gianni Fabrizio
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