Il Vescovo celebra il Primo Maggio con centinaia di fedeli sorani sulla Madonna delle Grazie
Non per semplice tradizione ma per quel legame atavico che lega da sempre il popolo sorano a quel monte ed a quella Chiesa unito alla fede ed alla grande devozione alla Vergine lì venerata con il nome di Madonna delle Grazie. Questo ha spinto, come ogni anno, centinaia di persone di ogni età, giovani, anziani e famiglie ad incamminarsi, quando ancora si sentiva forte il freddo di una primavera che ancora non accenna ad arrivare e le prime luci dell’alba ancora non iniziavano a squarciare il buio della notte, sul sentiero che conduce al Santuario per iniziare il mese di maggio. Chi vestito con tuta ed abiti sportivi, chi più attrezzato per la breve scalata dai vari vicoli e vie passando per il Corso Volsci o dietro a San Silvestro si immettevano nei vicoli che conducono al Santuario.
Qui, in una Chiesa gremita di fedeli, dopo la recita del Santo Rosario il Vescovo Mons. Gerardo Antonazzo ha presieduto la Santa Messa per l’inizio del mese Mariano. Nell’omelia, partendo dal Vangelo del giorno e facendo riferimento ai tragici fatti di cronaca accaduti in Italia ed anche nella nostra diocesi in questi giorni, ha ricordato con quale facilità e fragilità si possa passare dell’errore all’orrore se non si segue e persegue la verità come fece Nicodemo, il capo religioso ebraico, incuriosito dapprima dalla figura di Gesù e poi sempre più preso fino a diventare discepolo del Maestro ed entrare nel Regno di Dio. Nicodemo, infatti, riesce a superare i suoi schemi religiosi di tutta una vita ed arrivare all’incontro di fede con il Figlio di Dio ed alla Salvezza. Il dialogo tra Gesù e Nicodemo avviene di notte, ecco perché comprendiamo l’ultima parte della catechesi, che ne è il cuore centrale, in cui Gesù parla delle tenebre e della luce. Infatti, la durata dell’incontro e del dialogo notturno tra Gesù e Nicodemo si era protratta, quasi a loro insaputa, fino alle luci dell’alba. Ed è proprio allora che Gesù coglie quel momento per parlare del contrasto tra le tenebre e la luce. Le tenebre sono la condizione di chi vive ed opera nel male. Le tenebre diventano allora metafora dell’agire malvagio dell’uomo, perché chi opera nelle tenebre non vuole la luce per restare coperto e continuare a fare del male. Gesù dice che chi lo incontra e crede in lui va verso la luce. “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv. 3, 19-21). Allora passiamo dalle tenebre e dalla luce del giorno e della notte per entrare in una nuova dimensione che sono le tenebre del male e la luce che è Cristo come verità. Gesù utilizza un’espressione che non si usa in italiano ossia “fare la verità” perchè la verità ci impegna in azioni concrete, non basta dire ma serve fare la verità, dimostrare con le nostre opere che siamo nella verità. Nicodemo allora, esortato da queste forti parole di Gesù, compie il suo cammino spirituale e dalle tenebre dell’ignoranza passa alla luce della sua verità. Così il Vescovo si è rivolto all’assemblea ricordando come anche loro hanno iniziato il cammino ancora con le tenebre della notte ma poi pian piano, con la fatica ed il sudore, salendo la lunga salita e scalinata che porta alla Chiesa e poi entrando nel Santuario, abbiano abbandonato e lasciato le tenebre della notte che finiva per salire nella luce di un nuovo giorno. Ha quindi spronato tutti a vedere questa metafora come percorso interiore che può far superare la fragilità umana in cui ognuno vive e con cui ci si scontra ogni giorno.
Nel saluto finale ha poi ricordato a tutti quanto non sia faticosa solo la salita sul monte ma anche la discesa, perché dopo esserci nutriti della luce e della parola di Dio dobbiamo scendere e sapere riportare e mantenere nelle nostre famiglie e nella vita di tutti i giorni quella pienezza ricevuta.
Riccardo Petricca