Raccontami di te. Come ti chiami. Dove vivi, che lavoro fai, i tuoi hobby?
Sono Marina Folcarelli, sposata con quattro figli, insegnante elementare. Sono nata ad Arce, ma vivo a Sora da molti anni. Da oltre 35 anni sono impegnata in un’ attività di volontariato in favore dei diversamente abili, accompagnandoli in vari santuari e/o organizzando per loro iniziative territoriali come il soggiorno estivo (per 28 anni consecutivi e che in pratica prende tutto il mese di luglio) e le numerose giornate di fraternità che da anni vengono organizzate in vari paesi della Diocesi. Per questa ragione sono stata in pellegrinaggio a Lourdes per 37 volte e venti di volte a Loreto. Sono poi stata diverse volte a Fatima e Santiago di Compostela, in Terra Santa e in diversi santuari italiani.
Quale è il tuo ruolo in Diocesi.?
Attualmente sono presidente della Sottosezione Unitalsi Sora Aquino Pontecorvo. Incarico che ricopro da circa 4 anni.
Quali le difficoltà più grandi che hai incontrato in questo periodo e come le hai superate?
A livello familiare non ho avuto particolari difficoltà . Nell’attività di volontariato si sono registrate delle difficoltà dovute, per lo più, alla crisi economico-finanziaria. Il volontario dell’UNITALSI, oltre a prestare servizio in favore dei diversamente abile, deve anche accollarsi le spese che si sostengono nei pellegrinaggi.
Questo fatto ha portato un notevole calo nella partecipazione ai pellegrinaggi con conseguenze negative che si riverberano anche sulle altre iniziative perché il pellegrinaggio di più giorni è il luogo ideale nel quale nascono le amicizie e le simpatie che fanno poi comunità trainante anche per le altre manifestazioni.
Tuttavia,finora, con l’aiuto della provvidenza, siamo riusciti a portare avanti tutti i nostri progetti il cui senso è quello di creare spazi in cui l’ammalato si trovi bene, trovi consolazione, gioia, letizia ed anche assistenza spirituale; in cui non si sente scartato, ma amato e consolato.
Cosa pensi dell’unione delle due diocesi. Cosa hai pensato al momento dell’annuncio?
Ho subito pensato che l’Unione fa la forza e che, quindi, ne avremmo sicuramente tratto benefici.
Che prospettive si aprono oggi alla luce dell’unità pastorale?
Prospettive senz’altro positive e non solo perchè il pastore è veramente un Buon Pastore, ma anche perchè l’incontro con nuove e diverse esperienze non può che ampliare ed arricchire ciascuno di noi.
Quali possono essere i pregi ed i difetti, punti di forza e di debolezza, inizia ora un cammino di scoperta, di conoscenza, la bellezza di incontrare nuovo volti..
Come ho già detto, ho salutato con gioia ed entusiasmo l’allargamento della famiglia diocesana. D’altra parte la vita di ciascuno non è che un pellegrinaggio, un cammino verso la meta, verso l’incontro con Dio e tale cammino è migliore o peggiore se si è in tanti o in pochi, dipende sempre da ciascuno individualmente.
Le trasformazioni in seno alla famiglia stanno prendendo sempre più piede nella nostra società moderna. Cosa pensi di questi cambiamenti, alla luce delle decisioni del Sinodo straordinario sulla famiglia da poco concluso?
Non so che dire su questo tema anche perchè le decisioni del Sinodo non sono ancora state pienamente esplicitate. D’altra parte i Padri Sinodali non possono modificare la struttura della famiglia tradizionale. Quanto all’accoglienza nella comunità cattolica di coloro che hanno alle spalle un fallimento matrimoniale non posso che essere favorevole. Molto spesso la fine di un matrimonio è subito anche con grande dolore e stare lì a infliggere altro dolore diventa insopportabile. Quindi ci vorrebbe molto discernimento prima di condannare. Quanto alle evoluzioni in campo civile rabbrividisco all’idea che un bambino non abbia come riferimento un padre ed una madre. Quello che più mi angoscia sono gli aborti, le violenze fisiche e morali e la prospettiva che un bambino possa essere spettatore di situazioni non belle .
Come vedi, al di là della paura del diverso, la possibilità di vedere in futuro la pacifica convivenza di religioni ed etnie differenti? Una sorta di melting pot ( un crogiolo di razze) in cui può perdersi l’identità cristiana?
Solo la concreta e continua ricerca del reciproco rispetto può portare ad una pacifica ed armonia convivenza di tutte le religioni, di tutte le razze, di tutte le etnie. Il mondo non è nostro, siamo tutti di passaggio e tutti abbiamo diritto di starci. Credo che la bellezza del Vangelo di Gesù, se vissuto con coerenza e testimoniato con l’amore, non può che ampliare e corroborare l’identità cristiana. Non si può banalizzare, o irridere l’altrui religione. E’ come insultal fatto è che non si può irridere l’altrui religione perchè è come offendere l’altrui mamma, per dirla con le parole del Santo Padre.
Il Concilio Vaticano Secondo ha affermato che anche se la Via tracciata da Gesù Cristo è la via principale che porta alla salvezza, ciò non di meno anche altre strade possono portare alla salvezza.
Ricordo che un autorevole docente di teologia morale di Sora, tuttora vivente, anni fa ebbe a dire che se un cattolico si converte, per profonde convinzioni, e non per accedere ad un modus viventi di comodo, all’Islam, non è affatto detto che non acceda alla salvezza.
Lo scontro, i fondamentalismi, la denigrazione e l’insulto non fanno altro che generare estremismi che, poi, divengono fonti di odio, di vendette, di sopraffazioni e di morte.
La Diocesi ora conta ancora più fabbriche e aziende, è auspicabile una pastorale sul lavoro?
La Rerum Novarum afferma :”.Nel tutelare le ragioni dei privati, si deve avere un riguardo speciale ai deboli e ai poveri. Il ceto dei ricchi, forte per sé stesso, abbisogna meno della pubblica difesa; le misere plebi, che mancano di sostegno proprio, hanno speciale necessità di trovarlo nel patrocinio dello Stato. Perciò agli operai, che sono nel numero dei deboli e dei bisognosi, lo Stato deve di preferenza rivolgere le cure e le provvidenze sue »
C’è bisogno di una nuova pstorale? Questa pastorale non è sufficiente, non bisognerebbe svilupparla ed affermarla con maggiore forza?
Il pproblema del lavoro in Italia, ed in ciociaria in particolare, è dato dal fatto che negli ultimi decenni lo Stato ha smesso di svolgere la propria funzione che, in ultima analisi, è quella di un’equa distribuzione delle risorse. Se le risorse vengono spostate verso le classi dominanti a detrimento di quelle più povere, cala il reddito di queste ultime con la diretta ricaduta negativa sui consumi. e, quindi, sulla produzione e, quindi sull’occupazione. I santi padri hanno sempre affrontato questo problema sottolineando che è il lavoro per l’uomo e non l’uomo per il lavoro, sono sempre rimasti inascoltati.
Si è lasciata passare l’dea che il lavoro costa troppo e quindi è lecito abbassare il salario dei lavoratori. Ma nessuno ha mai seriamente osteggiato coloro che da una parte, annunciano tagli ai lavoratori, e contemporanemente portano il loro reddito alle stelle. Quello che manca è l’equità ed una pastorale del lavoro dovrebbe mettere a fuoco questa grave disuguaglianza, bisognerebbe condannare con maggiore forza questa disuguaglisnzsa. Disse una volta S.Giovanni Paolo II che il problema non era il comunismo, non era il muro di berlino, ma “l’insaziabile sete di potere dei potenti..””
Non si può lasciare passare l’dea che il costo del lavoro è troppo alto per l’operaio, che prende meno di 1000 €. al mese e poi chi lo afferma si attribuisce, motu proprio, uno stipendio pari a quello che prendono 1500 operai messi insieme.
Qui sta lo scandalo, qui sta la frode, qui sta l’inigiustiza. Uno Stato serio questo dovrebbe impedire.
A Cassino la Caritas sta seguendo la difficile situazione del carcere e la riappropriazione dell’dentità umana dei carcerati, come ampliare questo servizio?
Tutte le Caritas fanno molto. Anche l’Unitalsi sul suo logo porta la scritta CHARITAS e, quindi, ne fa parte a pieno titolo. Esse, a volte, in maniera eroica, curano le conseguenze del disagio sociale, sono vicine a chi più soffre. Non fanno distinzione tra il carcerato, le loro rispettive famiglie e gli altri bisognosi che vivono sulla loro pelle le povertà sociali. E’ giusto fare visita al carcerato e stare vicino alle loro famiglie, ma non bisogna dimenticare le altre povertà di cui la società moderna è intessuta. A volte i veri poveri non si manifestano, si vergognano, rimangono prigionieri della loro disperazione. Sta a noi tutti farci loro prossimo ed aiutarli nel concreto, soddisfando i loro bisogni, almeno quelli più immediati.