Intervista al Prof. Ivan Colagè: ‘specificità umana’

Questa settimana per la rubrica Pillole di Formazione abbiamo avuto il piacere di poter incontrare ed intervistare il Prof. Ivan Colagè che ci ha parlato del suo progetto di ricerca sulla ‘specificità umana’.

Ivan Colagè è Professore Invitato nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Antonianum di Roma, dove insegna logica e corsi su temi di filosofia della scienza e di antropologia. Nel 2009 ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

 

Progetto di ricerca sulla “specificità umana” della Pontificia Università Antonianum, finanziato dalla John Templeton Foundation.

Alla Pontificia Università Antonianum, da circa due anni e mezzo, abbiamo avviato, anche grazie ad un finanziamento da parte della John Templeton Foundation, un progetto di ricerca sul tema della specificità umana. In sostanza, con specificità umana (o analoghe espressioni come unicità umana, differenza umana, e simili) si intende il tema di cosa rende l’essere umano distinto da ogni altra specie vivente (o che ha vissuto) su questo pianeta; la questione riguarda le peculiarità che possono essere attribuite all’essere umano.

Ora, questo tema coinvolge direttamente i tre grandi settori del pensiero occidentale: le scienze naturali, la filosofia e la teologia. Ognuna di queste tre forme di sapere ha una lunga tradizione, e ognuna ha la sua autorevolezza e la sua affidabilità. Quindi, affrontare la questione della specificità umana richiede un approccio ampiamente interdisciplinare che consideri, e cerchi di far interagire, gli sviluppi dell’antropologia fisica o scientifica, dell’antropologia filosofica e dell’antropologia teologica. In un certo senso, credo non sia sbagliato dire che l’essere umano è oggi l’argomento principale che sia la scienza, sia la filosofia, sia la teologia si ritengono pienamente legittimate ad affrontare; naturalmente, ognuna con le sue prerogative, metodologie, e priorità. Inoltre, in un’epoca in cui la specializzazione disciplinare è fortissima, si rischia sovente di perdere la visione d’insieme, si rischia di avere molti dati, teorie, informazioni ed ipotesi senza però sapere veramente cosa tutto questo ci dice: c’è bisogno di tentare delle sintesi.

Questo è proprio quello che abbiamo cercato di fare con il nostro progetto. Operativamente, abbiamo quindi organizzato degli incontri di ricerca invitando alcuni scienziati riconosciuti internazionalmente, alcuni filosofi e teologi italiani ed esteri e naturalmente alcuni dei teologi e filosofi della nostra università.

D’altra parte, il tema dell’unicità umana è un tema molto sentito, oggi, anche nella ricerca scientifica specialistica. Proprio negli ultimi mesi, con il mio collega dell’Antonianum, il Prof. Lluis Oviedo, abbiamo preparato un paio di articoli in cui cercavamo di fare il punto sul panorama di pubblicazioni che esplicitamente si riferiscono a questo tema negli ultimi 4-5 anni. Un numero significativo di scienziati importanti e “militanti” (intendo dire, scienziati attivamente all’opera nella ricerca specialistica), hanno pubblicato monografie apertamente rivolte alla questione della specificità umana. Ora, questo è rilevante perché fino a poco tempo fa (ma già 20, 25 anni fa) non accadeva, o accadeva in maniera molto più limitata e circoscritta. Tanta parte della ricerca scientifica precedente si concentrava piuttosto su ciò che c’era in comune tra noi e altre specie viventi, e non su ciò che ci distingue. Questo è perfettamente comprensibile se si tiene presente che la scienza tende a proporre teorie le più generali possibili: si concentra prima sulle regolarità che sulle eccezioni. Tuttavia, il metodo scientifico è “auto-correttivo”: funziona in modo tale che, prima o poi, gli errori, le conclusioni affrettate, o le generalizzazioni infondate vengono fuori come tali. Ecco, secondo me questo è esattamente ciò a cui stiamo assistendo oggi: ci si sta sempre più rendendo conto che, in effetti, l’essere umano, anche dal punto di vista di alcune discipline specialistiche, ha effettivamente delle peculiarità. Naturalmente la questione non è chiusa, c’è dibattito e non tutti sono d’accordo né sui dettagli, né sulle prospettive di base. Però, il segnale mi pare chiaro. E dal mio punto di vista, è un segnale molto incoraggiante, perché, d’altra parte, le tradizioni filosofica e teologica riconoscono da millenni le peculiarità, le “specificità” appunto, dell’essere umano. Probabilmente una parte rilevante delle tensioni tra cultura umanistica e cultura scientifica che si sono di tanto in tanto verificate negli ultimi tre o quattro secoli, dipendono proprio da questa differenza di prospettiva: cioè dal fatto che la scienza cercava aspetti comuni dove filosofia e teologia tendevano a vedere differenze. Oggi, potremmo essere nella condizione di iniziare a superare tutto ciò. Le nostre attività di ricerca intendono incoraggiare questo processo.

C’è però una precisazione importante da fare. La scienza, la filosofia, e la teologia sono discipline con una loro storia, con sviluppi e dinamiche nel tempo. La scienza, la filosofia o la teologia di oggi non sono identiche a quelle di tre, otto, o quindici secoli fa. Questo è fondamentale perché ci da due indicazioni importanti. La prima è che la questione, dal mio punto di vista, non è quella di vedere chi aveva ragione in quello o quell’altro episodio storico passato. La seconda, è che, al contrario, la questione va affrontata in prospettiva, avendo di mira i futuri sviluppi a cui, in quanto discipline storiche, scienza, filosofia e teologia andranno certamente incontro. Da questo punto di vista, quindi, la questione sta nel vedere come la scienza, la filosofia e la teologia – almeno per ciò che concerne la questione antropologica, che è ciò di cui mi occupo – possano confrontarsi serenamente, potenziarsi a vicenda, e stimolarsi costruttivamente nel rispetto delle metodologie e delle priorità di ognuna ma con l’impegno a sottolineare le sinergie effettivamente in atto. Un processo, questo, altamente auspicabile ma che certamente richiederà ancora … un po’ di storia.

Tutto ciò vale per il versante accademico. Questi temi, però, hanno una forte ricaduta anche a livello più vasto nella società attuale. Da un lato, infatti, la scienza di oggi è sempre più autorevole e talvolta percepita come la soluzione ad ogni problema; dall’altro, le persone rimangono sensibili alla tradizione e si pongono interrogativi che talvolta esulano da ciò che la ricerca scientifica può concretamente e direttamente affrontare. Da questo punto di vista, l’interesse per le questioni al confine tra scienza, filosofia e teologia riflette le dinamiche tra spiegazioni scientifiche e interrogativi esistenziali, spesso mediati dal senso comune e dalla tradizione. Penso che anche questo sia uno sviluppo positivo perché, alla lunga, porterà alla diffusione di una nuova coscienza di cosa noi siamo veramente, cosa significa essere esseri umani.

Questa consapevolezza, dopo oltre due anni di ricerca, ci ha spinto ad iniziare a trasmettere il nostro lavoro anche ad un pubblico più ampio. Ad esempio, il primo dicembre prossimo, in Antonianum si terrà una conferenza pubblica sul tema “Antropologia e Cristologia: tradizione e prospettive odierne”, dove interverranno il teologo danese Niels Gregersen (dell’università di Copenaghen) e il Magnifico Rettore dell’Antonianum, Suor Mary Melone. Avremo anche il grande onore di un indirizzo d’apertura da parte dell’Ambasciatore della Repubblica Italiana presso la Santa Sede.

La prossima settimana la seconda parte dell’intervista al Prof. Colagè sul tema: ‘scienza e fede’

Pastorale Digitale Prof Ivan Colagè Intervista

Categorie: Pillole di formazione,Tracce: arte & cultura

Tags: