La “festa” ad Alvito per i 25 anni di fondazione
Le testimonianze nella “tenda rossa” dell’Oasi Mariana Betania fondata da don Alberto Mariani
Le riflessioni dei vescovi Antonazzo e Brandolini
Antonella Piccirilli e Gianni Fabrizio
Un evento di gioia, di preghiera e di festa, con amici a centinaia, per dire grazie a Dio del dono ricevuto: il pomeriggio del giorno 11 ottobre scorso, all’Oasi Mariana Betania di Alvito, voleva essere questo e lo è stato. Venticinque anni dall’acquisto del primo casolare, da cui è sorta la casa di spiritualità e accoglienza “Oasi Mariana Betania” con l’associazione da cui prende nome, sono stati un’occasione importante per coinvolgere chi ha cominciato il cammino e chi si è aggiunto a mano a mano, tutti accomunati dal desiderio di dare forma all’accoglienza, in un fiorire di vocazioni ecclesiali, diverse nella realizzazione, unite nella condivisione di un dono comune, a servizio della Chiesa. Il pomeriggio si è aperto presto,complice anche il cielo nuvoloso ma senza più pioggia, con due mostre, una fotografica, l’altra di icone mariane, testimoni dei 17 convegni mariani celebrati all’Oasi; intanto il bosco si è affollato di presenze amiche, quasi un migliaio di persone, provenienti da più parti della Diocesi, ma anche da Caserta, Napoli, Roma, Latina, con arrivi anche dalla Val d’Aosta; messaggi di saluto che si sono rincorsi per testimoniare vicinanza, auguri di buon cammino, gioia, santità. La presenza del vescovo Gerardo ha aperto la festa, custodita da una grande “tenda rossa” montata per l’occasione in mezzo al bosco. Le sue parole di saluto indirizzate all’Oasi, come “ Associazione pubblica di fedeli” hanno ricordato che “essa è uno degli strumenti attraverso i quali che la Chiesa offre l’opportunità a dei laici di poter cogliere sempre di più la profondità, la bellezza, il gusto della vita cristiana”.Ha dichiarato ancora il Vescovo: “ Noi siamo nel decennio della Chiesa italiana, delle nostre comunità, nel grande progetto dell’educare alla vita buona del Vangelo; del Vangelo come persona, perché Gesù è il Vangelo. Dunque educare alla vita buona di Cristo!Il nostro percorso formativo si nutre di Lui, d’altra parte sono questi i principi ispiratori dello statuto dell’Oasi: formare dei laici alla vita buona del Vangelo, lo traduciamo per questo decennio, ma vale per sempre. Allora vi lascio uno slogan che è anche un augurio: cercate di non essere sempre gli stessi, nel doppio significato; cercate di non essere gli stessi, come eravate venticinque anni fa, perché la vostra appartenenza diventi non solo un fatto aggregativo, ma formativo. Significa cambiare, avere un percorso che segni un cambiamento profondo, radicale, una maturazione sempre più feconda della nostra vita cristiana, singola, di coppia, di genitori, di figli, di presbiteri e anche di religiosi. Tanto è vero che questa formazione può svilupparsi, e lo sapete bene, in una maniera così feconda da poter diventare anche consacrazione laicale. La consacrazione è un’espressione alta della vita cristiana; san Giovanni Paolo II parlava della santità come misura alta della vita cristiana ordinaria. Mi pare che sia proprio questa la definizione più bella di una consacrazione laicale, la misura alta della vita cristiana ordinaria. Chi arriva anche alla consacrazione nell’Oasi non è che faccia dei mestieri particolari: vive la vita ordinaria di singolo, di coppia, da consacrato, cioè con la grazia dello Spirito che lo porta, lo chiama a vivere una misura alta della vita cristiana ordinaria. Ecco allora, in che senso dovete cercare di non essere sempre gli stessi: cambiare, crescere, sviluppare esprimere, far esplodere tutto il potenziale di una vita cristiana bella e vissuta secondo il Vangelo. E poi, il secondo significato, è anche una provocazione, cercate di non essere sempre gli stessi, nel senso di allargare questa tenda il più possibile! “.Il pomeriggio è proseguito con la coreografia sulla storia dell’Oasi, curata dai giovani dell’Oasi, con la “performance” del gruppo giovanile “From dust”, veri atleti della gioia, musiche dal vivo, con i giovanissimi Chiara Ferri al violino, al violoncello Francesco Mattacchione, alle chitarre Angelo Ferri e Michele Saccucci, all’ armonica a bocca e alla tastiera Luigi Mattacchione. E’ seguita l’esibizione dei canti scritti dal fondatore, don Alberto Mariani, musicati dal maestro Luigi Mattacchione, eseguiti da Deborah Di Vetta e William Schiavo, accompagnati alla tastiera da Chiara Lombardi e dal maestro Luigi Mattacchione con l’armonica. Simpatico,colorito e significativo è stato l’intervento di don Bruno Antonellis, che ha anche letto il messaggio di mons. Lorenzo Chiarinelli. Pure mons .Filippo Iannone ha rilasciato una dichiarazione registrata in video. Gli auguri sono pure giunti da parte di mons. Bruno Forte. Padre Luca Brandolini, strumento di Dio per il discernimento e l’approvazione dell’Opera, ha ricordato i passi concreti di un cammino non facile per arrivare a definire, riconoscere e dare forma giuridica a un progetto che è stato riconosciuto come proveniente dall’Alto. “Occorre mettere in risalto che oggi è la festa di san Giovanni XXIII e la giornata odierna coincide con i 50 anni della conclusione del Vaticano II, con la sua idea di Chiesa popolare, la Chiesa popolo di Dio, con la riscoperta dei laici, stagione della quale il passaggio dello Spirito Santo ha fatto evidenziare i carismi laicali, e da questo sono nate le molteplici forme di associazionismo dei laici, che penso siano il futuro della Chiesa. Quando don Alberto ha cominciato a parlarmi di monachesimo, io non guardavo con molta simpatia a questa comunità. D iscernere richiede distinguere nello Spirito i fermenti nuovi dei gruppi ecclesiali dove stava il bene. Io guardavo con un po’ di sospetto, lui questo lo sa, e buttavo acqua sul fuoco, non ci vedevo chiaro, monaci, monache, famiglie e chiedevo lumi al Signore! Che cos’è che mi ha fatto cambiare idea? È stata la decisione di affidare a don Alberto quel ministero difficilissimo, dell’esorcistato. Ed è stata un’illuminazione del Signore questa. Lui che è un vulcano, non è facile tenere i piedi per terra sognando, non volevo che fosse una chimera. Io vedevo che c’era del bene, però bisognava incanalarlo. Questa realtà mi preoccupava sotto due punti di vista: il primo quello giuridico; bisognava inquadrare necessariamente questi fermenti che stavano nascendo nell’Oasi in un contesto ecclesiale e giuridico sicuro. Ecc, mons. Filippo Giannini, giurista, ma anche pastore: lo suggerii a don Alberto. E poi mi preoccupava molto la dimensione oltre che spirituale, anche pastorale. Per la dimensione spirituale non vi nascondo che avevo un timore, che si cadesse nel devozionismo mariano, e mi preoccupavo che qui fiorisse un centro mariologico serio, come poi di fatto è avvenuto, attraverso i convegni annuali. La spiritualità di Cana, che soggiace all’Oasi è “fate quello che Gesù vi dirà”: Maria indica Gesù, rimanda a lui, anche se è lei che prende l’iniziativa. E a me preoccupava molto che al centro della spiritualità ci fosse la Parola di Dio. E infine mi preoccupava la pastorale. Paolo VI diceva: l’icona del samaritano è stata il paradigma della spiritualità e dell’azione pastorale del Concilio. Chinarsi sull’uomo. Ma per chinarsi sull’uomo c’è la pastorale delle tre A: Attenzione ai bisogni del territorio: le ferite dell’uomo! Così, questo luogo è diventato l’ospedale da campo, direbbe papa Francesco! Qui hanno cominciato a bussare tutti quelli che hanno delle domande dentro, hanno dei bisogni spesso inespressi, situazioni di disagio, e hanno bisogno di incontrare qualcuno a cui vuotare il sacco e ricevere il ministero, “l’olio della consolazione e il vino della speranza “ dice sant’Agostino.Allora ecco l’Oasi come si è configurata. Ascolto, in senso biblico, ascolto della Parola di Dio: bellissima questa iniziativa di mandare la Parola ogni giorno via e.mail. L’ascolto della Parola per imparare ad ascoltare gli altri. Provate a telefonare a don Alberto e vedete se riuscite a trovarlo! Dove sta? Sta sempre chiuso a sentire le persone e a curare le ferite “con l’olio della consolazione e il vino della speranza”.Accompagnamento: sostegno, cura, servizio. Icona del samaritano e di Emmaus. 25 anni, per dire grazie al Signore, e anche per verificare, riprendere in mano lo Statuto e riformare, perché è la struttura dell’Oasi è la cosa più interessante! È una serie di cerchi concentrici che vanno avanti fino a sfumarsi. Questa deve essere una casa spalancata a tutti gli stati di vita: chi vuol vivere la consacrazione anche con la emissione dei voti, la viva, chi vuol vivere con un impegno di preghiera, di ascolto della Parola, e di carità fraterna, anche senza voti, e poi ci sono i cercatori della verità, ai quali non si può chiedere mai a quali bisogna dare il meglio, perché possano dire: ho vissuto un momento bello, ci ritornerò”.Importante la presenza di padre Antonio Siciliano, passionista, testimone e protagonista dei primi passi dell’Oasi, con don Alberto Mariani e le persone che attorno alla “Parola” hanno cominciato a sognare un nuovo modo di rispondere a Dio, nel servizio e nell’umiltà. I bambini, sempre vivi,simpatici ed unici, con un significativo canto hanno concluso la prima parte del pomeriggio. Infine, l’agape fraterna che ha visto i “coinquilini ” presenti, condividere fino a tarda serata la gioia di essere famiglia di “una casa vera”.