La magna carta del creato per salvare il nostro futuro

TEMI, IMPEGNI E SFIDE AL CENTRO DELL’ENCICLICA «ECOLOGICA»

«Laudato si’», l’inno del Papa per la «casa comune»

STEFANIA FALASCA

La lettera enciclica Laudato si’ è un profondo inno alla vita e una summa ecologica, una magna carta del creato. È un appello realista per l’urgente salvaguardia della «nostra casa comune» rivolto a tutti. È la profetica e attenta consapevolezza di un Papa che accetta il consenso degli scienziati sui cambiamenti climatici, che dichiara la necessità di un’alleanza tra scienze e religioni per la cura dell’ambiente in cui siamo chiamati a vivere e rigetta il malthusianesimo di coloro che credono che la terra si possa salvare solo controllando la bomba demografica. È una critica serrata e aperta al modello di gestione del mondo imposto dalla globalizzazione neo-mercatista, a un’economia che non rispetta l’uomo, alla sottomissione della politica al potere tecnocratico e finanziario, ma al tempo stesso è un programma educativo rivolto a ogni persona che abita la comune terra destinato a scavare nel tempo per la costruzione di una nuova umanità. Questo in estrema sintesi è il contenuto di un’enciclica ecumenica che, con i suoi 246 paragrafi in sei capitoli, aggiunge un contributo alla Dottrina sociale della Chiesa e pone le coscienze davanti alle proprie responsabilità nella custodia dell’ambiente.

L’APPELLO DI FRANCESCO

Nell’introduzione il Papa rivolge il suo «invito urgente» a rinnovare il dialogo «sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta»: «Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e toccano tutti». La terra, nostra casa comune, «protesta per il male che provochiamo a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla». «Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli – afferma Francesco –. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri». Dopo aver citato il contributo del patriarca ecumenico Bartolomeo I, del suo invito «alla necessità che ognuno si penta del proprio modo di maltrattare il pianeta», il Papa propone il modello di san Francesco, dal quale si impara come siano «inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore». La salvaguardia dell’ambiente non può essere separata dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali di un’economia che persegue soltanto il profitto, mentre oggi serve una «conversione ecologica».

LA CASA INQUINATA E LA CULTURA DELLO SCARTO

Il primo capitolo titolato «Quello che sta accadendo nella nostra casa» tratta della «cultura dello scarto», dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici, «della distruzione senza precedenti degli ecosistemi con gravi conseguenze per tutti noi» e si occupa della questione dell’acqua potabile, «diritto umano essenziale», del «deterioramento della qualità della vita umana e della degradazione sociale». E qui papa Francesco chiede ai responsabili di guardare agli effetti del «cambiamento globale» che portano a «esclusione sociale, aumento della violenza, consumo crescente di droghe, perdita di identità».

«Queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta».

NOI NON SIAMO DIO: IL VANGELO DELLA CREAZIONE

Nel secondo capitolo Francesco invita a considerare l’insegnamento biblico sulla creazione e ricorda che «la scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe» e che per risolvere i problemi è «necessario ricorrere anche alle diverse ricchezze culturali dei popoli, alla vita interiore e alla spiritualità». La Bibbia «insegna che ogni essere umano è creato per amore, fatto ad immagine e somiglianza di Dio». «Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data», scrive Francesco, affermando che l’invito a «soggiogare la terra» contenuto nel libro della Genesi non significa favorire lo «sfruttamento selvaggio» della natura. Siamo chiamati a riconoscere che «ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo». L’azione della Chiesa non solo cerca di ricordare il dovere di prendersi cura della natura, ma al tempo stesso «deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso».

IL PARADIGMA TECNOCRATICO

Il Papa nel terzo capitolo sottolinea poi la «radice umana» della crisi ecologica, concentrandosi sul «paradigma tecnocratico dominante». Scienza e tecnologia «sono un prodotto meraviglioso della creatività umana», ma non possiamo «ignorare che l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso Dna e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere». Anzi, «danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano». Ed è «terribilmente rischioso» che questo potere «risieda in una piccola parte dell’umanità». «L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale», mentre «in alcuni circoli» si afferma che i problemi della fame si «risolveranno con la crescita del mercato». «Ma il mercato da solo non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale».

PER UNA ECOLOGIA INTEGRALE

A questo punto (quarto e quinto capitolo) Francesco insiste sull’importanza di un approccio integrale «per combattere la povertà» e al contempo per «prendersi cura della natura». «L’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa». Il Papa parla di «ecologia sociale», ricordando che «diversi Paesi sono governati da un sistema istituzionale precario, a costo delle sofferenze della popolazione».

Anche dove esistono normative sull’ambiente, non sempre vengono applicate. Francesco parla di «ecologia culturale» e chiede attenzione per le culture locali. Invitando a non «pretendere di risolvere tutte le difficoltà mediante normative uniformi», spiega la necessità di assumere la «prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture», perché «l’imposizione di uno stile egemonico di vita legato a un modo di produzione può essere tanto nocivo quanto l’alterazione degli ecosistemi». Di fronte «alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo», accettando «una certa decrescita in alcune parti del mondo» e procurando risorse perché si possa crescere in modo sano da altre parti. Bergoglio osserva che «il principio della massimizzazione del profitto, che tende a isolarsi da qualsiasi altra considerazione, è una distorsione concettuale dell’economia». Viene poi sottolineata «l’importanza dell’apporto delle religioni» nella soluzione dei problemi economici, sociali e ambientali.

LA CONVERSIONE ECOLOGICA

Il Papa chiede infine una «una conversione ecologica», che riconosca il mondo «come dono ricevuto dall’amore del Padre». La spiritualità cristiana «incoraggia uno stile di vita capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo». Mentre occorre «una crescita nella sobrietà», l’ecologia integrale richiede «un atteggiamento del cuore». A conclusione il Papa propone due preghiere, una «per la nostra terra» eun’altra «con il creato».

Le parole

Responsabilità e cura: un umanesimo verde contro l’attuale «paradigma tecnocratico»

“RAPIDIZZAZIONE”

«La continua accelerazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta – scrive Francesco – si unisce oggi all’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro, in quella che in spagnolo alcuni chiamano rapidación (rapidizzazione) ».

PARADIGMA

A questo termine che ha avuto fortuna nell’epistemologia contemporanea – indicando l’insieme di ipotesi, regole e modelli che guidano la ricerca – il Papa fa ricorso numerose volte, sottolineando l’esistenza di un «paradigma tecnocratico» in cui il «soggetto è come se si trovasse ‘di fronte alla realtà informe, totalmente disponibile alla sua manipolazione» (106). Bergoglio usa «paradigma» anche nella Evangelii gaudium, riferendosi al documento di Aparecida del 2007, uscito dalla 5ª Conferenza generale dell’Episcopato latino-americano e dei Caraibi

INEQUITÀ

Nell’enciclica ricorre cinque volte questo spagnolismo (da inequidad) usato già altre volte dal Papa. «Possiamo essere testimoni muti di gravissime inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale» si legge al paragrafo 36. Un sottocapitolo porta il titolo eloquente di «Inequità planetaria».

SOBRIETÀ

«La spiritualità cristiana propone – si legge al paragrafo 222 – una crescita nella sobrietà e una capacità di godere con poco. È un ritorno alla semplicità che ci permette di fermarci a gustare le piccole cose, di ringraziare delle possibilità che offre la vita senza attaccarci a ciò che abbiamo né rattristarci per ciò che non possediamo».

SVILUPPO SOSTENIBILE

Entra a più riprese nell’enciclica l’espressione «sviluppo sostenibile», diventata di largo uso in documenti e trattati internazionali a partire dal “Rapporto Brundtland”, elaborato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo.

DECRESCITA

Parola introdotta nel dibattito degli anni 70 dal romeno Nicholas Georgescu-Roegen, fondatore dell’economia ecologica, è stata resa popolare, tra gli altri, dal filosofo ed economista francese Serge Latouche. «È arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo – scrive il Papa – procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti» (223).

Avvenire, 19 giugno 2015

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