“Sto alla porta e busso”: la Prima Visita Pastorale del vescovo Antonazzo
nella Cattedrale di Sora si concede l’indulgenza plenaria
“Sto alla porta e busso”, il titolo della Prima Visita Pastorale del vescovo Gerardo Antonazzo con la Chiesa del territorio di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo. Mercoledì scorso alle 18 presso la cattedrale Santa Maria Assunta in Sora, è stata “Aperta” la porta della cattedrale, giorno in cui si fa memoria della Dedicazione della stessa, e letteralmente “bussando”, il Vescovo ha inaugurato questo momento di grazia della Chiesa sorana. La celebrazione, inoltre, concede l’indulgenza plenaria, alle solite condizioni.
Una celebrazione a cui hanno partecipato molti sacerdoti diocesani, i membri dei consigli pastorali e affari economici parrocchiali, gli operatori pastorali e i membri di tutte le aggregazioni laicali. Una celebrazione quella del 9 ottobre, al termine della quale è stata impartita la benedizione papale e i fedeli presenti hanno avuto la possibilità di lucrare l’Indulgenza plenaria, alle consuete condizioni.
Forti le parole del vescovo: «l’apertura della visita invoca il soffio dello Spirito: questa nostra comunità orante, pastori e fedeli, è spinta oggi a varcare “in uscita” la soglia del tempio verso un ritrovato e rinnovato annuncio del Vangelo di salvezza. Se da una parte siamo sollecitati ad essere per il mondo un “ospedale da campo”, non possiamo non prenderci cura innanzitutto di quanti tra di noi e attorno a noi rischiano la fase “terminale” della fede.
L’icona biblica scelta per la visita rimanda alla visione del Figlio d’uomo: dalla sua bocca esce una spada affilata, a doppio taglio (cf Ap 1,12–13.16). Gesù parla con il vocabolario della verità e della tenerezza: “Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convértiti. Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono” (Ap 3,19–21). Le sue parole feriscono e risanano la discola comunità che viveva a Laodicea. In elenco è l’ultima delle sette Chiese fondate nell’Asia Minore, soprattutto ultima nella qualità della vita spirituale. Il Risorto bussa alle porte di una Chiesa che rischia di mettere a repentaglio la sua stessa sopravvivenza, e si propone ad essa con l’offerta conviviale dell’amicizia, dell’intimità e della confidenza, esortandola ad una profonda revisione di vita per una radicale conversione del cuore. Il Buon Pastore bussa anche oggi alla porta delle nostre parrocchie, comunità religiose, aggregazioni laicali, famiglie: ci trovi vigilanti nell’attesa».
Il vescovo ha poi ripreso il discorso di papa Francesco rivolto ai nuovi vescovi nel settembre scorso: «la vicinanza del vescovo non è retorica. Non è fatta di proclami autoreferenziali, ma di disponibilità reale…Quindi farsi vicini, stare a contatto con le persone, dedicare tempo a loro più che alla scrivania, non temere il contatto con la realtà, da conoscere e abbracciare…Essere vicini è immedesimarsi col popolo di Dio, condividerne le pene, non disdegnarne le speranze…padri di persone concrete; cioè paternità, capacità di vedere, concretezza, capacità di accarezzare, capacità di piangere».
«La prossimità pastorale del nostro essere Chiesa – ha continuato monsignor Antonazzo – si manifesta nell’incontro e nell’ascolto degli uomini e delle donne di questo tempo, ragazzi, giovani, adulti e anziani che vivono questa geografia territoriale e sociale. La pastorale dell’ascolto ci aiuta ad interpretare i segni dei tempi, nei quali riconoscere il passaggio e la visita di Dio. Lasciamo allora che la visita del Risorto getti scompiglio nelle abitudini obsolete, scardini tradizioni esteriori ormai insignificanti, scombini le cadenze stantie di ripetitive ritualità sterili e ininfluenti per la fede delle persone diventando segno visibile della tenerezza e della carezza di Dio sulla storia di ognuno».
foto Rosalba Rosati