L’arpinate Ildefonso Rea.
Abate ricostruttore di Montecassino (1896-1971)
Lucio Meglio
Il 23 settembre del 1971, esattamente quarantaquattro anni fa, moriva a Montecassino il grande ed eroico abate della ricostruzione del sacro monastero: Ildefonso Rea. In questa sede vogliamo ricordare, con affetto filiale, questa straordinaria figura di successore di san Benedetto sia a coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo ancora vivente, sia a tutti coloro che ne hanno sentito tanto parlare.
Matteo Renato Rea nacque ad Arpino (Fr) il 14 gennaio del 1896, da Nazzareno ed Emilia Morricone. Il padre era un noto e stimato avvocato del paese, conosciuto in gran parte della provincia di Caserta non solo per l’attività forense ma anche per le varie cariche pubbliche da lui ricoperte nel corso degli anni. Dal matrimonio dei coniugi Rea nacquero cinque figli: Claudio, Emidio, Matteo Renato, Clementina ed Elvia. Tornando al terzogenito di famiglia, qualche giorno dopo la nascita, il 28 gennaio, fu battezzato da don Francesco Macioce nella collegiata di Santa Maria Assunta di Arpino. Crebbe pio e studioso nel sano ambiente domestico, ed i frutti dell’educazione cristiana impartitagli da mamma Emilia non tardarono ad arrivare. Infatti all’età di dieci anni, vista la propensione alla vita religiosa del piccolo Matteo Renato, il padre Nazzareno diede l’assenso al figlio per entrare nel monastero di Montecassino, dopo aver preso accordi con l’abate del tempo, d. Bonifacio Krug, suo conoscente.
Il piccolo si recò solo alla sua nuova casa. Ad attendere l’aspirante seminarista vi era il rettore don Angelo Ettinger, severo nell’aspetto, ma paterno nei confronti dei giovani che lo avvicinavano. Era il 4 marzo del 1906 e Montecassino accolse nel suo grembo uno dei suoi figli più illustri. Gli anni di studio procedevano regolarmente, ed il giovane Matteo cresceva nell’arte della conoscenza e della pietà. L’8 aprile del 1909 ricevette la prima comunione lontano dalla sua casa natale ma in piena convinzione della scelta intrapresa, come afferma in una lettera inviata ai genitori in questa occasione: Il Signore mi ha chiamato ed io devo fare la Sua Santa Volontà. Terminata la seconda ginnasiale, nel luglio del 1912, Matteo Renato, assieme ad altri quattro compagni, entrò nel Noviziato di Montecassino, affidandosi alle amorevole dure del maestro dei novizi d. Romualdo Donaggio. Quali fossero i suoi sentimenti in questo momento li descrive lui stesso in una lettera ai genitori datata 29 luglio 1912: siate sicuri della mia felicità e soddisfazione perché questo a cui aspiro è uno stato di vita che spontaneamente ho scelto perché ad esso mi sono sentito chiamato fin dai più teneri anni della mia fanciullezza ma ora in special modo. Il 9 novembre dello stesso anno si svolse nella “cella del Santo Patriarca” la cerimonia di vestizione dei nuovi novizi nelle mani del nuovo abate Gregorio Diamare. Matteo non abbandonò mai il suo santo abito, sostituirlo con abiti secolari era per lui una violazione di un sacro suggello. Terminato l’anno di prova il 13 settembre del 1914 si svolse la suggestiva cerimonia della lavanda dei piedi, come prescrive la Regola, e da questo momento Matteo Renato cambiò il suo nome in quello di Ildefonso. Le ulteriori date della sua formazione religiosa sono il 17 ottobre 1915 la professione dei voti semplici, il 5 ottobre 1920 la professione solenne, ed il 2 ottobre del 1921 l’ordinazione sacerdotale. In questo l’asso di tempo fu a Roma nel collegio Angelico dei Padri Domenicani per compiere gli studi teologici, prima di partire nel 1916 come soldato nella prima guerra mondiale. Sarà allievo ufficiale nella scuola militare di Modena per un triennio.
Ordinato sacerdote dopo un breve periodo a Montecassino fu trasferito a Roma nell’Istituto benedettino di Sant’Anselmo. Ma neppure qui vi restò a lungo. Nel 1928 l’abate d. Placido Nicolini che per un decennio aveva retto la badia di Cava dei Tirreni dovette rinunciar eall’incarico per la nomina a vescovo di Assisi. Al suo posto fu scelto il giovane monaco Ildefonso Rea che in poco tempo si era conquistato fama di uomo dalle molteplici qualità umane e spirituali. La cerimonia di insediamento si celebrò il 25 maggio del 1929, festa della Ss.ma Trinità. Iniziò così il lungo magistero dell’abate Rea in questa antica Badia benedettina, dove vi rimase per diciassette anni. Molte furono le opere di carità che lasciò in questa terra, in special modo durante il secondo conflitto mondiale, quando la Badia di Cava divenne luogo di ricovero per molti rifugiati provenienti dal cassinate e non solo. Per quelle migliaia di profughi la presenza dell’Abate Rea era tutto. Il buon pastore era presente ovunque. La sua alta figura, dall’aspetto sempre sereno, si aggirava senza posa nei vari reparti di accoglienza dove elargiva aiuti, benedizioni, trovava posto ai nuovi arrivati e cercava di accontentare tutti nel limite delle proprie possibilità. Ovviamente gli echi della distruzione di Montecassino non poterono lasciarlo indifferente; nell’anniversario del bombardamento, in una lettera al padre, così racconta il suo stato d’animo: carissimo papà, oggi [15 febbraio 1945] anniversario del bombardamento di Montecassino, il mio pensiero ricorre al monastero della mia fanciullezza e della mia gioventù, ricorre a tutto quello che era in gloria di Italia e del mondo e che ora non è più. Ho ferma nell’animo la speranza, anzi la certezza, che presto Montecassino tornerà a vivere rigoglioso come prima e con una nuova aureola: il quarto martirio!. Tale speranza il Signore volle realizzarla per le sue mani. Il 6 settembre del 1945, a Sant’Elia Fiumerapido l’anziano abate Gregorio Diamare morì. Al suo posto, nel mese di ottobre, fu nominato nuovo abate ed ordinario di Montecassino Ildefonso Rea. La presa di possesso avvenne l’8 dicembre del 1945. Già nelle settimane precedenti il nuovo abate si era recato a Roma per le formalità burocratiche del trasferimento. In questo periodo vi fu una stretta corrispondenza tra Rea ed il cardinale di Milano Schuster, suo amico. Commovente la lettera datata 18 ottobre, dalla quale emerge la sensibilità d’animo del Nostro: ho tremato e tremo dinanzi ad un compito enorme, con responsabilità d’ogni genere: che il Signore allontani questo calice! Ho conoscenza della mia assoluta sproporzione e più che sproporzione! Voglia l’Eminenza vostra ottenermi dal Signore luce e forza. Preso possesso del nuovo ufficio, l’abate Rea si mise subito all’opera per organizzare i lavori di ricostruzione della nuova abbazia, che doveva risorgere secondo la sua volontà: dov’era e com’era! I lavori di ricostruzione procedettero alacremente per poco più di un decennio (1945-1956) sotto l’attenta supervisione dell’infaticabile abate. In questi anni si svolse anche l’anno giubilare per il XIV centenario della morte di san Benedetto con il ritrovamento, nel 1950, della tomba del santo, rimasta incolume dagli effetti del bombardamento. Giunti sul finire del 1956 i grandi lavori di ricostruzione volgono al termine. Così il 24 ottobre del 1964, l’abate Ildefonso Rea, toccò con mano la gioia più grande dei suoi anni di tanto duro e faticoso lavoro: la consacrazione della nuova chiesa per le mani del pontefice Paolo VI. Quanta commozione apparve nei suoi occhi!
Nell’ottobre dell’anno precedente, il 10 febbraio del 1963, era stato nominato vescovo titolare della Diocesi di Corone, incarico che mantenne per otto anni. Il 17 aprile del 1971 di dimise per raggiunti limiti d’età e si ritirò nel suo monastero di Montecassino. Qui, il 23 settembre dello stesso anno, confortato dall’abbraccio e dalla venerazione dei suoi confratelli, ormai stanco ma felice di aver esaudito la speranza di vedere risorgere dalle sue macerie l’antica casa di san Benedetto, Ildefonso Rea, abate ricostruttore, morì all’età di settantacinque anni.