In occasione del Giubileo, le classi seconde del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Sora si sono impegnate in una serie di profonde e attente riflessioni sul tema della misericordia, a partire dalle seguenti tracce ispirate alla parabola del Padre misericordioso, analizzate individualmente o in gruppi di lavoro:
-
Nella parabola il figlio ridotto in miseria ha due reazioni: quali?
-
Qual è la reazione del padre al ritorno insperato del figlio che era partito da casa?
-
Che cosa risponde il padre alla reazione stizzita del fratello maggiore?
-
Il Vangelo di Luca presenta questa parabola come la terza, dopo quelle della pecora smarrita e della moneta smarrita. Leggile e rifletti sul legame che c’è tra i tre racconti.
-
Molte sono le rappresentazioni della parabola nella storia dell’arte: cerca la tela del grande pittore olandese Rembrandt dal titolo “Il ritorno del figliol prodigo” (1666) e analizzala alla luce del testo che hai letto.
A proposito delle reazioni del figlio ridotto in miseria, Melania pone l’accento sul pentimento e sulla decisione di tornare dal padre, essendo amaramente pentito di quanto accaduto. Francesca, invece, evidenzia che la prima reazione del figlio ridotto in miseria consiste nel tentativo concreto di provare a reagire: soltanto la volontà di poter continuare a dare un senso alla propria vita porta il figlio a chiedere lavoro ad un uomo della regione. Andrea, inoltre, scrive che “il figlio, dopo aver sperperato tutti i suoi beni, inizialmente si mette a lavorare pascolando i porci, poi torna in sé e decide di tornare da suo padre non come figlio, ma come salariato”. Pertanto, solo dopo aver preso coscienza dello sbaglio commesso, si può “tornare in sé” e provare a tornare dal padre umilmente pentiti nel cuore, per accettare da lui un qualsiasi lavoro.
Alessia afferma che “il padre, al contrario di quanto si potrebbe pensare, appena vede il figlio gli corre incontro, gettandogli le braccia al collo, e, pensando che aveva finalmente ritrovato il figlio che aveva perduto, decide di organizzare una festa e di restituirgli anche l’anello, il sigillo di famiglia”. Giulio sottolinea la “compassione” del padre misericordioso, il quale, lontano da ogni logica umana, non esita a sacrificare il vitello più grasso e a restituire al figlio la dignità dell’appartenenza alla famiglia umana, una famiglia umana creata a immagine e somiglianza dello stesso Padre misericordioso. Samuele, invece, mette in evidenza il bacio con cui il padre accoglie il figlio dopo essergli andato incontro: sembra quasi un paradosso, l’uomo con un bacio tradisce il Figlio di Dio nell’orto degli ulivi, mentre il Padre, che ama la sua diletta creatura, con un bacio lo accoglie di nuovo nella sua casa, restituendogli la dignità perduta attraverso i simboli dell’anello e del vestito più bello. Marika, infine, sottolinea lo stupore del figliol prodigo, il quale “non si aspetta una reazione del genere, e pensa di essere ripudiato come figlio e di diventare l’ultimo dei servi”. Ancora una volta l’amore del Padre sa aspettarci, stupirci e accoglierci in festa nella sua dimora…
Per quanto riguarda la risposta del padre alla reazione stizzita del fratello maggiore, Francesco evidenza che ogni cosa che appartiene al padre è anche dei figli, mentre “bisogna far festa e rallegrarsi perché il fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. L’accento cade sulla misericordia del padre, che si concretizza nell’attenzione soprattutto nei confronti dei figli in difficoltà, dei bisognosi e di quegli ultimi che nella logica del Vangelo diventeranno senza ombra di dubbio i primi. Aggiunge Chiara che il padre “cerca di far ragionare” il fratello maggiore, spiegandogli che egli non ha particolari problemi esistenziali, in quanto è sempre con il padre. Ancora una volta la pedagogia del padre coglie nel segno, perché bisogna educare con amore anche coloro che non rivendicano la loro parte di eredità per sperperarla nei luoghi della perdizione. L’amore, quindi, è paziente e sa perdonare i cuori sinceramente pentiti, ma riesce anche ad educare e perfezionare l’animo di chi è sempre vicino al padre stesso. Rossella conclude con l’immagine dantesca della “retta via”: il fratello maggiore non ha bisogno di far festa perché ogni istante della sua vita è già una festa, mentre il figliol prodigo merita la festa più sontuosa perché il padre misericordioso vuole insegnare a tutti gli uomini che bisogna aprire il proprio cuore e far festa ogni volta che un fratello in difficoltà ritorna sulla “retta via”.
Alice, Eleonora, Giulia e Francesco sostengono che nella parabola della pecorella smarrita bisogna sottolineare il comportamento del pastore e la gioia del ritrovamento: infatti, dal loro punto di vista, “questo racconto ci fa capire come Dio può essere paragonato al pastore, a lui stanno a cuore tutte le pecore”. Nella parabola della moneta smarrita si evidenzia “l’importanza della luce che porta nella vita dei fedeli una sicurezza in Dio, in contrasto con il buio che porta nella vita dei peccatori il male”. La morale della parabola consiste nel fatto che, anche nel momento in cui l’uomo si perde nelle tenebre, egli non deve mai smettere di brillare, perché, se continua a conservare un luccichio della sua dignità, più facilmente può essere accolto dalla grazia di Dio. Il legame che unisce le tre parabole, infine, risiede nella misericordia di Dio, il quale non smette mai di amare la sua creatura e la cerca soprattutto nel momento della perdizione, facendo festa ogni volta che ritrova una pecora smarrita, una dracma d’argento o un figlio ridotto in miseria.
La tela del pittore olandese Rembrandt dedicata al ritorno del figliol prodigo, secondo il parere di Alessia, Ilaria, Marika ed Edoardo, mette in evidenza le mani del padre e i piedi del figlio. In particolare, le mani del padre appaiono di diversa grandezza perché rappresentano metaforicamente una mano maschile, pronta a proteggere e a difendere con forza il proprio figlio nel momento del ritorno a casa, e una mano femminile più piccola e graziosa, che invece è generosa nell’offrire affetto e calore, che è aperta a lenire le ferite e ad accarezzare il figlio ancora frastornato. Secondo Rembrandt, dunque, Dio è allo stesso tempo padre e madre. “I piedi del figlio ci fanno pensare alla povertà e alla sofferenza, che ha patito, e al difficile e lungo viaggio che ha compiuto. Il piede sinistro è scalzo e rappresenta la perdita della dignità, mentre il piede destro ricorda ancora le origini regali del figlio”. Il piede destro, infine, sembra scoperto solo sul tallone, quasi a voler ricordare la vulnerabilità del figlio nell’ottica classica del mito omerico di Achille. L’aspetto più inquietante del dipinto sembra essere lo sfondo cupo che avvolge le figure del padre e del figlio, quasi a voler sottolineare i difficili momenti vissuti dal figlio quando viveva lontano dal padre.
Sandra Pantanella