L’eremo di Sant’Onofrio a Fontechiari

Nel comune di Fontechiari, presso il cimitero napoleonico, sotto una rupe, sorge l’eremo di Sant’Onofrio. Non vi sono notizie certe circa la sua fondazione, che comunque si potrebbe inserire all’interno del movimento eremitico benedettino che si sviluppò lungo tutto l’XI secolo, anche se non è da escludere l’influenza del monachesimo francescano, vista la vicinanza con il convento di San Francesco di Vicalvi. La prima menzione ufficiale dell’eremo di Sant’Onofrio si trova nelle visite pastorali del 1710 e del 1715 che il vescovo di Sora, Matteo Gagliani, svolse al castello di Schiavi. La seconda visita, ricca di dettagli, ci descrive le condizioni della chiesa. Il vescovo giunse a cavallo in un luogo distante un miglio dal centro abitato, dove si trovava un piccolo fiume nei pressi del quale sorgeva una grotta dedicata a Sant’Onofrio. Vi si accedeva grazie ad una porta fiancheggiata da due piccole finestre prive di grate. All’interno vi era un altare spoglio, al quale il vescovo diede disposizione di procurare fiori e suppellettili. Non vi si celebravano messe se non quella solenne il giorno della festa del santo, quando il clero cittadino si recava processionalmente alla grotta per il canto dei vespri e per la messa cantata. La visita si chiude con le raccomandazioni all’eremita del luogo affinché ottemperi alle disposizioni vescovili. Nella visita si elencano anche le altre chiese esistenti nel territorio di Schiavi: la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista; la chiesa di San Michele Arcangelo, con beneficio semplice; la chiesa campestre di Santa Lucia; l’Ospedale, e la chiesa di Santa Maria delle Grazie. Qualche cenno alla storia del Castello di Schiavi. La prima menzione ufficiale del paese risale all’anno 937, quando un certo Agelmondo di Vicalvi donò all’abate di Montecassino Adelperto (934-942) i castelli di Vicalvi e di Sclavi (Schiavi). Nel 1076 il seniore di Arpino, Landone, donò il castello di Schiavi al monastero di San Domenico di Sora. Nel 1320 il castello lo ritroviamo, assieme agli altri della Valle di Comino, a pagare delle sovvenzioni per il giustiziarato della Terra di Lavoro. Nel XV secolo sarà di proprietà dei conti di Aquino, fino a passare, nel successivo secolo, nelle proprietà dei della Rovere di Sora.

Tornando all’eremo di Sant’Onofrio la precedente visita pastorale ci spinge a delle dovute considerazioni. La grotta di Sant’Onofrio non viene citata nella visita pastorale del 4 maggio 1592 del vescovo Marco Antonio Salomone a Fontechiari, e non vi sono attestazioni lungo tutti i secoli precedenti; inoltre la datazione degli affreschi in essa presenti, risalenti al XV-XVI secolo, coinciderebbe con la comparsa del culto di Sant’Onofrio ad Alvito. Si potrebbe pertanto ipotizzare che la grotta come rifugio di un eremita sia comparsa alle soglie del XI secolo, ma come luogo di culto è sorta a metà, o tutt’al più agli inizi, del Cinquecento. A conferma di ciò troviamo la data 1517 posta al di sotto dell’affresco raffigurante la Madonna sulla facciata principale della chiesetta, potrebbe esser questa la probabile data di fondazione della cappella.

Nelle successive visite pastorali la cappella rurale di Sant’Onofrio viene citata nella visita del 1823 da parte del vescovo Andrea Lucibello, che però non emana nessun decreto. Da questo momento deve iniziare il suo periodo di abbandono, visto che nel 1902, il vescovo Antonio Maria Iannotta, recatosi a Fontechiari in visita, nell’elenco delle chiese non fa menzione alcuna dell’eremo di Sant’Onofrio, che ricomparirà solo il 20 ottobre 1935 quando, nelle risposte al questionario della visita pastorale del vescovo Agostino Mancinelli, l’arciprete di Fontechiari, tra le feste che si svolgono nel suo paese, inserisce alla seconda o terza domenica di giugno la festività di Sant’Onofrio. In quel giorno si svolge una festa grande con il canto dei vespri, la messa solenne del santo e la processione serale fino alla grotta del santo.

Oggi l’eremo, di proprietà del signor Emilio Di Folco, è costituito al suo interno da un enorme grotta lunga circa venti metri e larga otto, chiusa da un muro che fa corpo con la stessa roccia; all’interno, è diviso in tre ambienti. Particolare interesse suscita la presenza di affreschi di natura devozionale che decorano le superfici della facciata esterna e interna, nonché il ciclo presente sulla spalliera dell’altare interno. All’esterno troviamo una raffigurazione delle Vergine con Bambino e Sant’Onofrio mentre all’interno, in controfacciata, di nuovo Sant’Onofrio. Gli affreschi sono databili tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Al di sopra della roccia vi sono dei resti di una piccola torre che potrebbe appartenere ad un campanile. All’interno del vano principale si trova un altare completamente affrescato, sia nella parte inferiore che superiore, e dedicato al santo eremita.

Lucio Meglio

Fonti e bibliografia

Lucio Meglio, Gli Eremi della Diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo. Percorsi di storia, fede e natura, Sora, 2013, pp. 67-69.

Archivio Curia Vescovile di Sora.

20 ritaglio x

Categorie: Tracce: arte & cultura,Tutte Le Notizie

Tags: ,