Il Vescovo Antonazzo a Lourdes
Video Giacomo Carlino https://youtu.be/PdAPJ-NgxtE
«Quando volgiamo la mente a Lourdes, inevitabilmente i nostri occhi vedono il “bagno” di sofferenza, di disabilità, di malattia, che riempie ogni dove, ed insieme lo sguardo tenero di Maria che senza mettere limite a qualsiasi guarigione, accarezza tutti come Madre.
Magari noi siamo nati perfetti, siamo sani nel corpo e nella mente, non abbiamo bisogno di guarigione, allora, perché un viaggio a Lourdes? Perché Lourdes proprio con la sua sofferenza risana il nostro cuore, le nostre ferite; perché Lourdes ci fa percepire ciò che ci manca, più di ciò che abbiamo e di cui dimentichiamo di ringraziare.
Ma il desiderio di un viaggio, o meglio di un pellegrinaggio, va oltre i nostri desideri, i nostri sentimenti, le nostre aspettative».
Nel pellegrinaggio a Lourdes, che ha visto molti fedeli riuniti nel santuario mariano dal 15 al 19 luglio, il vescovo Gerardo Antonazzo ha voluto aprire il pellegrinaggio diocesano scuotendo, con fare amabile e incisivo, una fede troppo spesso devozionale: «Prima della decisione personale di venire a Lourdes la “visita” è voluta da Maria stessa ed è dono di grazia, col quale Dio ha preceduto l’iniziativa del viaggio.
È in questo tempo di grazia, in questo tempo favorevole; è in questo viaggio, come non è mai stato in altri né in quelli che verranno, che il pellegrino è invitato ad ascoltare sinceramente la volontà del Signore che si rivela nella novità di ogni giorno, superando le attese umane, i nostri calcoli, il nostro punto di vista.
Per cercare Dio e lasciarsi trovare da lui occorre vivere il nostro tempo, abitare la propria dimora; Maria, nella sua casa di Nazareth, si fa trovare così come ella è perché per predisporsi all’incontro con Dio, abbiamo bisogno di uno spazio in cui essere solitari, che non è essere soli, per toccare la profondità del nostro essere, per poter discernere e passare dal “come è possibile” all’Eccomi, sono la serva del Signore».
Sì, perché per far conoscere la verità di Dio su di noi è indispensabile il discernimento, che ci permette di interrogare noi stessi e Dio; perché quando la visita di Dio irrompe nella nostra vita, solo attraverso un discernimento autentico arriviamo a cantare come Maria, il nostro canto di gioia: grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. La gioia, allora, diventa l’indicatore inequivocabile della pienezza di vita promessa dal Signore e Maria ne diventa il modello.
Ora, come Maria, spinta da questa gioia, andò in visita a sua cugina Elisabetta, così oggi Maria fa la stessa visita a noi per renderci capaci di rispondere a ciò che il Signore ci chiede e realizzare così il Magnificat per noi e per gli altri.
E’ stata questa la rotta che ha voluto tracciare il Vescovo per fare di questo pellegrinaggio un viaggio del cuore più che del corpo.
Su questa scia ha proseguito anche quando ha incontro i giovani in una mattinata voluta solo per loro: “Oggi, in un certo senso Dio vuole provocarci così come ha fatto con il profeta Elia e ci dice: invece di piangerti addosso, esci da te stesso, esci da questo narcisismo, da questo nanismo esistenziale e non rimanere schiavo di te stesso. Esci e fermati alla presenza del Signore, guarda al volto di un Altro.
Questo significa capire i segni di questa presenza e ritrovare se stessi: non ci si ritrova ripiegandosi su se stessi, ma ci si ritrova guardando ad un Altro. Dio non gli ha cambiato il mestiere, gli ha cambiato il cuore.
Elia rimarrà profeta.
Certo uscire è difficile, fermarsi è faticoso, ma mettersi alla presenza del Signore è la terapia spirituale necessaria per ripartire nella giusta direzione.
Allora, questa visita di Dio, questo pellegrinaggio apra il nostro cuore alla novità di Dio, per poter dire anche noi, come Maria, il nostro sì al Signore.