“Mea Carnevale e la Sapienza della Croce”

Recensione del libro di Luigi Gulia, Mea Carnevale e la Sapienza della Croce 

(Arti Grafiche Pasquarelli, Isola del Liri, 2018, pp.28, pubblicazione fuori commercio a cura dell’autore)

«Ci sono persone ed eventi, anche nella nostra Diocesi, che si presentano con connotazioni che, almeno secondo la sensibilità comune, interpellano la esperienza di fede e toccano la ordinaria prassi ecclesiale. Mi riferisco in particolare alla persona di Filomena Carnevale». Così nel novembre del 1987 il vescovo Lorenzo Chiarinelli apre una lettera indirizzata al cancelliere del tempo, mons. Dino Facchini, nella quale lo invita a nominare una commissione diocesana a cui affidare il compito di «seguire, vagliare tutte le possibili risultanze di tale “fenomeno” in modo sereno, proficuo e rapido».

In verità non erano nuove le indagini sul conto del “fenomeno Mea”, già i predecessori mons. Biagio Musto e mons. Carlo Minchiatti avevano avviato importanti inchieste coinvolgendo anche il Vaticano e sarà ulteriore premura del successore di Chiarinelli, mons. Luca Brandolini, cercare di accelerare tale iter per giungere quanto prima ad una pronuncia ufficiale dell’autorità ecclesiastica. Purtroppo continui errori procedurali, dovuti alla mancanza di conoscenza delle complesse procedure canoniche in vista dell’esaltazione dei fedeli particolarmente distintisi in vita nell’esercizio delle virtù cristiane, hanno portato allo stallo di tale percorso. Ma se tutto ciò rientra nell’ambito degli errori prettamente umani, l’esempio e il ricordo nel popolo dei fedeli della vita di uomini o donne giusti,  per fortuna non segue le regole di questo mondo continuando a sopravvivere all’avanzare dei tempi.

È questa la fama di santità che l’istruzione apostolica Sanctorum Mater così riassume all’art.5: «la fama di santità è l’opinione diffusa tra i fedeli circa la purità e l’integrità di vita del servo di Dio e circa le virtù da lui praticate in modo eroico». Una fama spontanea, pura, proveniente dal basso che ancora oggi avvolge la persona di Filomena Carnevale, la pastorella stigmatizzata di S. Vincenzo Valle Roveto, dove vi nasce l’11 aprile 1929 e dove vi morirà il 17 marzo 1959. Il prossimo anno sarà una data importante, novanta anni dalla nascita e sessanta anni dalla morte di Mea e in preparazione a questo appuntamento, il prof. Luigi Gulia ha pubblicato una importante testimonianza, frutto di una riflessione sulla dimensione spirituale di Mea, presentata il 9 marzo 2004 in occasione di un incontro quaresimale al presbiterio diocesano organizzato dal vescovo Brandolini.

L’autore attinge ai ricordi personali che lo legano a Filomena, alla sua semplicità, all’arguzia con la quale sapeva scrutare l’animo umano, al suo sorriso, all’attitudine alla meditazione, alla perseveranza nella preghiera ed alla profonda “sapienza della Croce” che, nonostante la mancanza di formazione culturale, la resero quasi una raffinata teologa. In comunione con Cristo sulla via della Croce, questa la frase che per per il nostro autore può riassumere l’esperienza mistica di Mea; esperienza iniziata nel settembre del 1955 nella cappella dell’ospedale di Sora, quando dalla statua del Sacro Cuore, Gesù le imprime i segni della sua passione e crocifissione, dinanzi ai quali molti si dovettero piegare: «un primario medico dopo aver eseguiti tutti i suoi esperimenti su di essa, si prostrò e la baciò piangendo» (p.17).

Un piccolo ma fondamentale lavoro il cui obiettivo fondamentale è quello di non nascondere uno dei frutti più belli germogliati nella nostra Diocesi poiché come recentemente ha affermato papa Francesco «la risorsa più bella che può avere un popolo è la risorsa dei Santi».

Lucio Meglio

Mea

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