A Roccasecca grande partecipazione nel piazzale dello stabilimento, solidarietà ai lavoratori minacciati di licenziamento
Chiesa in uscita, dice Papa Francesco, il quale spinge la Chiesa in tutte le sue infinite articolazioni ad andare incontro alle persone e ai loro bisogni là dove si trovano, con le loro domande, le loro sofferenze, i loro perché. Ed oggi una dimostrazione lampante di questo rinnovato spirito di condivisione con il popolo, la Chiesa diocesana di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo ancora una volta l’ha data in maniera veramente aperta e manifesta a Roccasecca. Era stata sparsa la voce che la Messa delle 11.00 non sarebbe stata celebrata come sempre nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta, ma nel piazzale dello stabilimento Ideal Standard. E’ noto, infatti, che l’azienda ha deciso di chiudere lo stabilimento di Roccasecca, facendo precipitare nel panico circa 500 famiglie, in un contesto territoriale in cui già un’altra importante azienda, la FCA, non ha rinnovato il contratto di lavoro a molti giovani dipendenti. Come dire: mettere completamente in ginocchio un territorio. Già nei giorni precedenti il Vescovo diocesano, Mons. Gerardo Antonazzo, aveva preso posizione pubblicamente e fermamente, come gli organi di informazione hanno ampiamente riportato.
Ora è Mons. Giandomenico Valente, Parroco di S. Maria Assunta di Roccasecca, a prendere l’iniziativa, in piena coerenza con le dichiarazioni del Vescovo. Messa all’aperto, nonostante il freddo pungente, per dimostrare concretamente vicinanza e solidarietà ai dipendenti che con tutte le loro forze e con tutti i mezzi democratici consentiti, cercano di scongiurare il pericolo licenziamento che, già annunciato, incombe.
Messa all’aperto, dunque a Roccasecca, la mattina del 10 dicembre, II domenica di Avvento: e quel piazzale industriale solitamente un po’ grigio e anonimo si è riempito di centinaia di persone, si è colorato con le bandiere dei sindacati, animato con le scritte degli striscioni, si è raccolto attorno all’altare allestito con la Croce, i fiori, un tappeto, l’amplificazione, e attorno un coro, una chitarra e davanti un’ampia fila di Sindaci con la fascia tricolore schierati a testimoniare la partecipazione delle istituzioni locali e dell’intera cittadinanza.
A dare voce con forza alle centinaia di persone riunite per la Celebrazione Eucaristica, è stato Don Giandomenico, il quale nell’omelia ha ripreso, con grande intensità, le parole della prima lettura, tratta dal profeta Isaia (Is 40,1-5.9-11): Consolate, consolate il mio popolo e ha detto: «Vorrei che queste parole dell’Antico Testamento diventassero un messaggio per tutti i nostri amici che lavorano in questo stabilimento alle mie spalle, quando il Profeta dice: “Parlate al cuore del mio popolo e ditegli che la sua sofferenza è finita”. Vorrei – ha continuato – che queste parole diventassero per i nostri amici lavoratori e per le loro famiglie come un biglietto di auguri natalizi, perché che cosa possiamo augurare noi a tante famiglie che in questo momento sono nell’ansia e trepidazione, se non che finisca questa tribolazione, che possa tornare a splendere il sole nelle loro case? Consolate, consolate il mio popolo: ecco, con queste parole si apre la liturgia di oggi; con queste parole vogliamo dire la vicinanza a questo popolo, ai nostri amici e ai loro cari». Poi ha commentato la pagina evangelica appena proclamata (Mc 1,1-8) che presenta la grande figura di Giovanni Battista che «ci viene raccontato dai vangeli – ha sottolineato – come un uomo particolarmente forte e coraggioso, che ha alzato la voce, ha gridato contro i potenti del suo tempo, non ha avuto paura di nessuno; una figura straordinaria, che ha gridato anche sotto i palazzi dei potenti per promuovere la giustizia e un cuore nuovo nella vita della gente. Sembra – ha osservato – che questa figura divenga come un modello provvidenziale in questa mattina, in questa situazione che ci ha portato oggi a chiudere la chiesa e a fare di questo piazzale una chiesa. Noi abbiamo bisogno di persone con il coraggio di Giovanni Battista, perché possano gridare ancora oggi, soprattutto oggi, sotto i palazzi dei potenti, perché sia ristabilito il primato delle persone. C’è la crisi: queste parole ricorrono continuamente nei nostri discorsi e nelle nostre case. Però la crisi economica è una conseguenza di un’altra crisi, molto più profonda, la crisi dei valori! Oggi le persone non valgono più niente, valgono solo per quel calcolo di produzione. Allora noi ci stiamo allontanando, ci siamo persi! (e qui un forte applauso di approvazione). E’ una crisi di valori».
E infine l’affondo: «Qualcuno dice: la crisi è alle nostre spalle. No, la crisi è sulle nostre spalle, sulle spalle di tanta povera gente. Cerchiamo di ritornare sulla strada giusta. Questo è il messaggio di oggi che ci giunge dalla pagina del Vangelo!».
Un discorso forte e coraggioso, a difesa della parte contrattuale più debole e a difesa della giustizia e dell’umanità. Riuscirà a difendere i lavoratori? Non sappiamo, ma certo una presa di posizione così decisa e netta è stata un toccasana per tutte le persone radunate su quel piazzale, che si sono sentite comprese, consolate e unite, hanno sentito di combattere per una giusta causa condivisa da tanti. Nel cuore forse è rinata un po’ di speranza. Che Dio illumini le persone che debbono assumere decisioni così importanti per la vita di centinaia di altre persone, perché con buona volontà cerchino e trovino soluzioni più umane e più giuste alla situazione.
Adriana Letta
Foto di Alberto Ceccon