Celebrazione nella cappella dell’ Università alla presenza delle autorità accademiche, di docenti e di studenti
L’imminenza del Natale ha visto anche quest’anno la consueta celebrazione prenatalizia del vescovo Gerardo Antonazzo, presso l’Università di Cassino e del Lazio meridionale. La mattina del 19 dicembre, la piccola cappella del Campus della Folcara si è riempita di docenti, amministrativi e studenti, convenuti per l’annuale Messa di preparazione al Natale. A concelebrare con il Vescovo erano il cappellano universitario don Benedetto Minchella ed un sacerdote-studente del Molise, che frequenta i corsi per la laurea magistrale. Erano presenti il Rettore Giovanni Betta, il Direttore Generale Antonio Capparelli, molti docenti ed anche, tra gli studenti, alcuni rappresentanti del C.u.r.a.d.i. A guidare i canti accompagnandoli alla tastiera era Alessia Zinetti, della Parrocchia di S. Antonio.
Acuta, profonda e penetrante la riflessione che il Vescovo ha porto all’uditorio nell’omelia, incentrata sulla figura di cui parlava la pagina del Vangelo (Lc 1,5-25), Zaccaria, padre di Giovanni Battista. “Una sorta di prova generale per noi, ha detto, per capire come ci relazioniamo col Natale”. Anche Zaccaria, come Maria, e come la madre di Sansone, di cui parla la prima lettura, ha la visione di un angelo che gli preannuncia una nascita straordinaria, e chiede come poteva mai accadere, essendo lui anziano e sua moglie Elisabetta sterile. Ma diversamente da Maria, Zaccaria non riesce ad entrare con fiducia e con attesa in quell’annuncio, resta nel dubbio, nel turbamento, nell’incredulità, fa resistenza agli eventi che Dio suscita nella sua vita. L’incredulità genera il mutismo: fino alla nascita del figlio è muto, incapace di parlare del mistero di Dio.
Zaccaria è una figura istituzionale e un credente e ci rappresenta un po’ tutti: per noi si tratta di vedere come ci poniamo di fronte all’opera di Dio, come ci stiamo relazionando a questo annuncio del Natale, un mistero compiuto ma che celebriamo nel presente. Come io mi sto ponendo in coscienza, da me stesso e non secondo il mio ruolo pubblico? Come considero questo evento? Non è che una certa dissipazione o una forma di indifferenza mi rende muto sul Natale, non so cosa dire di questo evento? Zaccaria recupera la voce solo quando decide il nome da dare al bambino, Giovanni, quando cioè ha capito il senso di quel bambino, la singolarità della sua missione: recupera il mistero e torna ad essere persona normale che parla. Anche noi torniamo ad essere cristiani normali, capaci di dire, parlare, comprendere, solo quando entriamo e accogliamo la profondità del mistero e pronunciamo il suo nome: Gesù Cristo, con la pienezza di cui il nostro cuore è capace. Forse sostare in silenzio davanti al presepe può aiutarci. Nel brano evangelico il figlio, Giovanni Battista, è migliore del padre Zaccaria. Così i giovani a volte sono migliori di noi adulti. Magari poter riconoscere nella vita di tanti giovani qualcosa di più importante e bello e capace di noi! Ne siamo fieri, non gelosi, perché si rilancia in prospettiva una speranza. Dobbiamo scommettere sulla fiducia in questi giovani, non omologare la loro generazione sotto etichette non giuste”.
Il Vescovo ha auspicato che “tanti di questi giovani possano essere migliori di noi e sorprenderci per la loro capacità di intuire più in profondità il mistero grande che Dio anche nella loro coscienza deposita”.
Adriana Letta