Così Don Nello Crescenzi nella lettera ai suoi parrocchiani
Nell’imminenza di un Natale straordinario, Don Nello, amato Parroco della Unità Interparrocchiale di Cassino, invita a vivere così la nascita di Gesù
Condivido con voi alcuni pensieri di cui si nutrono i miei auguri natalizi di quest’anno. Partirei da una domanda: quali esperienze ci ha permesso e ci permette di fare la prova della pandemia da coronavirus, sia in chi soffre sia in chi vede soffrire?
Cose molto concrete: capiamo quanto teniamo alle nostre vite e agli affetti dei nostri cari, pensiamo a chi è importante per noi, a chi non può venire e da chi non possiamo andare, piangiamo perché soffriamo fisicamente o perché ci commuoviamo, capiamo quello che nella nostra vita è veramente importante e cosa no, cerchiamo o troviamo il senso di tutto ciò che siamo: direi con una parola “ripiangiamo”.
Un’altra esperienza ancora più vitale: ci manca il respiro. Quante volte l’abbiamo fatto senza accorgercene. L’abbiamo dato per scontato. Infinite volte. Chi si ammala di coronavirus ha fame di aria, perché non gli basta. Manca il respiro. E così con pazienza si capisce l’affanno, il doversi per forza fermare per poter respirare. Respirare: una cosa vitale che non ci possiamo dare da soli. Come il battito del cuore, che è vitale, ma involontario: il cuore batte di per sé, non per nostra volontà; infatti non possiamo dominare le pulsazioni del cuore, che è appunto un muscolo involontario (quanta ironia sapiente c’è nella natura!), né possiamo comprare l’aria che respiriamo: ci è stata donata e non ce la possiamo dare da soli. Che cosa stiamo sperimentando allora: che le cose essenziali della nostra vita sono doni che noi forse davamo per scontati, ma non lo sono, sono un vero regalo, un vero regalo di Natale. E la prova che stiamo vivendo è un’occasione, un’opportunità per riflettere, scoprire o riscoprire il senso di tutto questo: visto che non possiamo correre come invece sempre facciamo, fermiamoci, dosiamo le forze, direi con una parola “respiriamo”.
Terza esperienza: tutto questo avviene sotto Natale. Che Natale da dimenticare? No, che Natale straordinario! Oppure semplicemente che Natale!
Che cosa accadde quella notte di Natale a Betlemme? E’ nato un bambino, per noi che crediamo in Lui il Figlio di Dio.
E che cosa fece Gesù appena partorito da Maria? Piangeva e respirava. Come noi quando siamo nati: piangevamo e respiravamo. O piangevamo per respirare oppure respiravamo per piangere.
Cantava Nek qualche anno fa, “se un pianto ci fa nascere, un senso a tutto questo forse c’è”. Ecco, noi stiamo desiderando di piangere e respirare come il Bambinello di Betlemme e come ogni bambino che viene in questo mondo. Il Signore permette la prova che stiamo vivendo, perché ci vuole riportare a quel momento, al momento della nostra nascita per capire che in quei gesti che facemmo come primi in assoluto (piangere e respirare) è racchiuso un senso, l’essenziale della vita, la ricerca di esso.
E chi altro c’era a dare una mano quella notte a Betlemme al momento del parto? Nessuno, solo San Giuseppe.
E chi rappresenta Giuseppe per noi? I nostri custodi. Chi custodisce i nostri pianti e i nostri respiri del cuore. Chiediamoci chi sono nella nostra vita quotidiana e ringraziamo di cuore Dio per la loro presenza.
Ora, quindi, piangere e respirare già lo stiamo facendo, o cercando di farlo. Ci manca la terza esperienza: rinascere, ma mancano poche ore alla Notte Santa. Non continuiamo a correre forsennatamente, forse anche senza un senso, fermiamoci. Non continuiamo a correre: prendiamoci il tempo giusto e salutare per fermarci, piangere, respirare, pregare e capire come rinascere anche noi insieme al Dio fatto Bambino. Che Natale straordinario! Che Natale vicino a quello originario! Che Natale!
Fin da ora auguri di buona rinascita a tutti nel Natale del Signore Gesù. Maranathà, vieni Signore Gesù.
Don Nello