Nessun profeta è bene accetto in patria

XX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Il Signore non ci nasconde che il messaggio evangelico è difficile da vivere perché è osteggiato, rifiutato, disprezzato proprio da quelli che sono più vicini a noi. Successe anche a Gesù di essere rifiutato e soprattutto da quelli della sua città, della sua patria, tanto che ebbe a dire la famosa frase: Nessun profeta è bene accetto in patria (Lc 4, 24). In effetti, a Nazareth, la città dove era cresciuto, Gesù ebbe il primo rischio di morte. Il popolo lo prese e voleva gettarlo giù dalla rupe, dove si trovava la città. A Gerusalemme andò peggio: i capi e i sommi sacerdoti lo processarono in piena notte in fretta e furia e lo condannarono a morte.

Per questo Gesù pianse su Gerusalemme, la sua patria: Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto (Mt 24, 37)! Il lamento di Gesù è per una patria che non è più patria perché orfana per proprio volere del suo unico Padre che è Dio.

Quanto dovrà piangere oggi il Signore sulle nostre patrie, orfane del senso di Dio, orfane della fede in Cristo e della grazia divina? Addirittura nelle legislazioni di quasi tutti gli stati europei, generati dalla fede in Cristo, non si trova più nessun segno dell’appartenenza a Dio e a Cristo, in passato fulgore e forza dei singoli paesi un tempo cristiani.

Ma questa è la storia eterna di Cristo e dei cristiani nel mondo: rifiutati dagli uomini per essere accolti solamente da Dio nel suo regno. Dal tempo dei profeti, e nella prima lettura abbiamo l’esempio di Geremia, gettato dai suoi compatrioti in una cisterna piena di fango perché morisse, fino a Gesù e a tutti i tempi della Chiesa, i testimoni della verità hanno conosciuto il martirio e la morte. Alcuni comprendendo l’intima connessione tra verità e martirio hanno cercato a tutti i costi, pur non riuscendovi, di morire martiri della fede come San Francesco e Sant’Antonio di Padova. Altri vi sono riusciti andando in terra di missione tra popoli musulmani ostili, oppure in nazioni scismatiche come l’Inghilterra elisabettiana o pagane come l’antica Cina e tante regioni dell’Africa e del Nuovo Mondo per il solo desiderio di dare la propria vita per Cristo, offrendo così la suprema testimonianza d’amore.

In effetti, Gesù, benché afflitto per la triste sorte della sua patria perché apostata, desidera immensamente un “Battesimo”, come dichiara oggi nel Vangelo: C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! E’ chiaro che sta parlando del Battesimo della sua morte. Egli la desidera ardentemente. Sa che solo nella suprema contraddizione e scontro con le forze del male che pervadono il cuore dell’uomo, la vittoria sarà assicurata al Regno di Dio e dei giusti.

Il Signore si getta nella mischia, si offre vittima nella battaglia contro il male e il peccato ed esorta anche i suoi a fare altrettanto, senza risparmio di energie e senza compromessi: Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. Allo stesso modo esorta la lettera agli Ebrei: Pensate attentamente a chi ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.
Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato.

Il pensiero dell’ostilità che ha ricevuto Gesù deve animare anche i fedeli che devono perseverare e anzi correre nella corsa che li porta a Gesù, autore e perfezionatore della fede.

In cambio della gloria che gli era posta innanzi si sottopose alla croce. La croce è il massimo delle contraddizioni per il Figlio di Dio. Lui che è il Creatore del mondo, il Redentore del genere umano, il Signore del Cielo e della terra è disprezzato e odiato fino alla morte. Ma paradossalmente Gesù vuole questo. Lo desidera per la nostra salvezza e vuole che anche noi lo desideriamo.

Sant’Ignazio di Antiochia che intuì quest’amore così totale e oblativo del Signore volle a tutti i costi imitarlo sulla via del martirio: Scrivo a tutte le Chiese e annunzio a tutti che io muoio volentieri per Dio, se voi non me lo impedite. Vi prego di non avere per me una benevolenza inopportuna. Lasciate che sia pasto delle belve per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo (Lettera ai Cristiani di Roma IV, 1). Lo spirito del Signore lo possedeva così tanto che vedeva con bontà il proprio martirio per Cristo per diventare “pane puro di Cristo”; così morì il grande Vescovo di Antiochia, primo successore di San Pietro Apostolo in quella sede: sbranato dai denti delle fiere.

La prima martire del Cristianesimo è la Santa Vergine Immacolata. Il sangue sparso del suo Figlio divino per la nostra salvezza è il suo stesso sangue. La Regina dei Martiri continua a donare la grazia del martirio a quanti si affidano a Lei.

P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P. Pio

 

Categorie: Parola della Domenica

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