III Domenica di Pasqua Anno C
In questa domenica viene presentata la pesca miracolosa di Pietro e i suoi compagni dopo la Risurrezione. Il fatto in sé sembra banale ma è pieno di valori simbolici. Pietro, il primo degli apostoli (Cf. Mt 10, 2), deve guidare la barca della Chiesa con l’unico fine di fare più discepoli possibili, raccogliere tutti i pesci che può dal mare di questo mondo per portarli a riva verso Cristo Risorto. Quando è senza il mandato divino che esercita questa funzione, non prende nulla.
Se però è Gesù che lo manda, simbolo della profonda comunione di grazia ottenuta nella preghiera, allora ecco che le reti della sua barca, le porte della Chiesa, si aprono e la pesca diviene miracolosa.
L’apostolato non è un fatto umano. E’ un mistero. E’ uno dei frutti della Risurrezione. Con la Risurrezione il Signore può donare il suo Spirito alla Chiesa perché Essa compia le stesse opere che Lui ha fatto, anzi più grandi: In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre (Gv 14, 12).
Il vero apostolato si basa quindi su una profonda e intensa preghiera. Non si tratta di fare propaganda né attività sociale. Si tratta di vivere una perfetta comunione con il Risorto, vivere intensamente del suo Spirito e obbedire ai soavi impulsi che sgorgano del suo cuore divino purissimo e fecondo di ogni grazia ed opera buona.
Così l’apostolato potrà essere fecondo. Non sarà l’apostolato degli apostoli ma di Cristo stesso, non sarà l’apostolato dell’imitazione ma della comunione, della nuova incarnazione che Cristo compie nella persona dei suoi discepoli. Il discepolo che diventa apostolo è un nuovo Cristo incarnato nell’uomo. L’apostolo santo è il discepolo giunto alla sua piena maturità spirituale.
Le parole di Pietro nel Sinedrio, riportate nella prima lettura, sono l’espressione plastica dell’uomo rinnovato dallo spirito del Risorto: Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio l’ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono. Di questi fatti siamo testimoni “noi e lo Spirito Santo”. Non siamo soli. Ci siamo noi e lo Spirito Santo, cioè lo Spirito di Cristo, lo Spirito del Risorto. La vita nuova nello Spirito consiste, come diceva San Francesco al cospetto del lebbroso, nel saper trasformare in dolce anche ciò che sembra amaro: Ciò che mi sembrava amaro mi fu trasformato in dolcezza dell’anima e del corpo (Testamento di San Francesco FF 110) per il fine soprannaturale della salvezza nostra e delle anime.
Così i discepoli uscirono dal sinedrio lieti per essere stati oltraggiati per il nome di Gesù. Questa espressione sa di follia agli occhi del mondo, agli occhi della pura ragione, agli occhi dei diritti umani semplicemente empirici e materiali. Il cristiano pervaso da Cristo riesce a essere lieto di essere oltraggiato, insultato ed anche ammazzato per amore del nome di Gesù. Gesù nella sua infinita misericordia può fare questa grazia. Certo, chi non si affida completamente a Lui questo non può comprenderlo e tantomeno viverlo e desiderarlo.
Pietro al vedere il miracolo dei pesci e dopo aver mangiato vicino al Redentore, proprio come nel giorno dell’ultima cena, abbraccia la sua definitiva conversion. Pietro, mi ami tu più di costoro? La sua è una vocazione d’elezione, un apostolato che lo porterà a essere responsabile di tutta la Chiesa, di tutto il Regno di Dio in terra. Pietro sembra amareggiato che il Maestro per tre volte gli ripeta la domanda Mi ami? Ma era necessario per riparare i tre rinnegamenti che egli aveva compiuto nell’atto della Passione del Signore.
Pasci le mie pecorelle. La vocazione all’apostolato è assoluta in Pietro. Non può esimersi da essa. Una vocazione che lo porterà alla morte violenta, ma questo non deve preoccuparlo: è la stessa morte del Maestro. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. Una morte gloriosa. La gloria di Dio è sempre una morte. Non perché Dio ami la morte, ma perché è solo con la morte del giusto che si può vincere la morte del peccato.
E detto questo aggiunse: Seguimi! Ora Pietro ha veramente il potere di seguire Gesù. L’unico grande potere che si possiede su questa terra. L’altro grande potere, il potere delle tenebre (Cf. Lc 22, 53), non è un vero potere. E’ un potere che si fonda sulla paura di perdere o l’avidità di guadagnare beni effimeri: onore, successo, ricchezza, fama… cose destinate a perire con l’uso (Cf. Col 2, 22)! E’ un potere finto, è il fumo di satana che aleggia sui peccatori per condurli a perdizione. La grazia di Cristo invece è la sostanza del potere, ciò che conduce l’uomo a libertà, verità, salvezza.
E’ la Vergine Maria, Chiesa realizzata, ed immagine della Chiesa celeste.
P. Luca M. Genovese
Fonte: Settimanale di P. Pio