Il quindicesimo appuntamento del corso biblico si è tenuto sabato 23 aprile, presso la chiesa di Santo Spirito, proseguendo l’esegesi del vangelo di Luca.
All’inizio del capitolo dodicesimo, l’evangelista insiste su quelle che devono essere le caratteristiche dei discepoli, prime tra tutte l’autenticità e la chiarezza, che sono l’esatto opposto dell’ipocrisia dei farisei, per vivere la vita con una maggiore coerenza tra quello che si compie e quello che si professa.
Al versetto 13, invece, viene introdotto un altro argomento: i pericoli della ricchezza. Però, bisogna intendere da quale ricchezza Gesù vuol metterci in guardia. Infatti, tutti, in un modo o nell’altro, siamo ricchi. Siamo figli di Dio, siamo in relazione gli uni con gli altri, abbiamo il dono della vita: queste sono ricchezze delle quali non ci rendiamo nemmeno conto. La ricchezza “pericolosa” è quella che rende schiavo l’uomo, schiacciando la sua dignità e la sua libertà. L’uomo, perseguendo una ricchezza materiale, ha scelto di barattare la propria indipendenza.
Non a caso, il versetto 13 si apre con una richiesta di divisione di eredità: un problema ancora oggi molto attuale, che vede fratelli e sorelle rovinare le loro relazioni umane per questioni di proprietà, quasi temendo che l’uno possa ottenere mezzo metro di terra in più dell’altro. Gesù replica chiedendo chi lo abbia costituito giudice o mediatore di affari. Spesso siamo noi a chiedere a Dio di diventare nostro giudice.
Poi, mette in guardia dalla cupidigia (che è un concetto che non coincide con la ricchezza, ma con il modo di rapportarsi con i beni materiali che si possiedono), “perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”. Oggi, la mentalità è proprio quella del “più si ha, meglio si sta”. Tuttavia, le relazioni basate sul possesso di ricchezze e di beni non sono autentiche, sia perché finiremo per essere schiavi della paura di perdere ciò che si ha, e sia perché ogni tipo di relazione diventerà soltanto un contraccambio per il denaro che si spende.
Per contro, anche la povertà non consiste nel non avere beni o denaro. La vera povertà è l’atteggiamento di chi sa condividere in maniera autentica il poco o il tanto che ha. Non è questione di svendere, poiché anche le cose hanno un valore e devono essere trattate con rispetto. Dunque: non è che non si devono possedere beni, ma saperli condividere con gli altri. In altre parole, ricchezza e povertà (nel senso di possesso o meno di beni) presuppongono uno stesso atteggiamento di condivisione con il prossimo di quel tanto o di quel poco che si ha.
Al versetto 54, Luca riferisce di un discorso di Gesù relativo all’urgenza della decisione e la capacità di discernere gli accadimenti e i fatti. Spesso l’uomo è capace di interpretare i segni meteorologici, ma non è capace di interpretare i fatti del tempo che vive. I segni fatti da Gesù sono stati compiuti per tutti e sono sotto gli occhi di tutti: se qualcuno non si decide, è perché vuol nascondersi ipocritamente dietro un falso alibi. Perciò, è urgente decidersi e sapere interpretare i segni.
In tal senso va letto anche l’avvertimento dato qualche versetto prima: non è che la predicazione di Gesù vuol seminare zizzania nelle famiglie; piuttosto, le scelte che gli uomini e le donne fanno in relazione alla sua predicazione possono portarli a mettersi gli uni contro le altre, come dice citando il profeta Michea. Gesù, che è il profeta per eccellenza, non viene riconosciuto dagli uomini del suo tempo, che preferiscono vivere da divisi e separati anche in relazione alla sua buona novella.
Come seguire Gesù? La risposta la troviamo dal versetto 25 del capitolo 14: bisogna amare Dio più degli affetti di famiglia e della propria vita, e bisogna prendere la propria croce e portarla seguendo Gesù. Ai discepoli viene richiesta una dedizione totale, fino al rischio di perdere la propria vita. Infatti, il portare la croce – oltre ad essere una prefigurazione della morte violenta di Gesù – è la situazione estrema di chi affronta il rischio della sequela di Cristo.
Questa dedizione a Gesù (radicale distacco dagli affetti e serietà dell’impegno) fa il paio con l’avvertimento di guardarsi dalla cupidigia dei beni materiali: infatti, l’amore per Dio e la volontà di seguirlo restano vuote parole, finché non si inizierà a uscire dalla concezione del possesso dei beni materiali.
Il prossimo incontro del corso biblico si terrà sabato 14 maggio alle ore 18:30.
Vincenzo Ruggiero Perrino