Dopo la pausa per le festività natalizie, sabato 21 gennaio, presso la chiesa di Santo Spirito, sono ripresi gli incontri del corso biblico, con un quinto appuntamento, durante il quale è proseguita la riflessione intorno agli episodi della vita giovanile di Davide, narrati nel Primo libro di Samuele.
In particolare, il capitolo 17 racconta la scontro con Golia. Questi è un gigante, un particolare che non va letto tanto letterariamente, quanto simbolicamente, come colui che si fa grande attraverso la sua umanità ed apparenza.
Naturalmente, l’interrogativo che ci viene posto è: qual è oggi il rapporto che abbiamo con il nostro corpo? Che uso ne facciamo? Spesso, diamo alla dimensione corporale troppa attenzione, tanto da dimenticarci le cose essenziali della vita.
Il contesto in cui si svolge il racconto è quello della guerra tra il popolo di Israele e i Filistei. È appena il caso di notare che filisteo è sinonimo di palestinese, il che lascia intendere che la situazione che conosciamo oggi di lotta tra israeliti e palestinesi non è affatto nuova… Golia è un filisteo, che provoca gli israeliti con la sua potenza fisica, facendoli spaventare ed arretrare.
Al versetto 12 ci viene ricordato che Davide è l’ottavo figlio di Iesse il betlemita, con evidente richiamo non solo al luogo di nascita di Gesù, ma anche all’ottavo giorno, ovvero quello della Resurrezione: Davide, che è un prototipo di Cristo, fa risorgere il popolo di Israele, per grazia di Dio.
Mentre lui era rimasto a badare al gregge di famiglia, i suoi primi tre fratelli maggiori erano andati con Saul in guerra. Essi non avevano seguito Dio, bensì l’“umanità” di Saul: la guerra è stata innescata dagli uomini e non certo da Dio.
Convocato dal padre, questi lo incarica di recarsi all’accampamento. Qui darà il pane ai fratelli e il formaggio per ingraziarsi i comandanti; dovrà chiedere notizie sulla salute dei fratelli; e dovrà riscuotere le loro paghe. Probabilmente Iesse aveva dimenticato ciò che era accaduto al suo ultimogenito, e cioè che era stato unto da Samuele. Infatti, il suo atteggiamento appare più sorretto da motivazioni materiali (il “corrompere” i generali e farsi dare la paga), che non da ragioni di ordine spirituale.
Anche qui, il testo biblico ci invita ad una riflessione sulla nostra quotidianità: quali interessi ci spingono nella vita? Qual è il nostro rapporto con il potere?
Al versetto 20, apprendiamo che Davide si alza di buon mattino e si incammina verso l’accampamento per obbedire alla volontà di Iesse. L’autore biblico è attento nel sottolineare il particolare cronologico dell’alzarsi presto, volendo sottolineare ancora una volta un dettaglio di carattere “fisico”. Soltanto, dopo essersi ben riposato, Davide può alzarsi presto e adempiere la volontà del padre. Qual è il nostro rapporto col tempo e col riposo? Abbiamo fatto tesoro dell’avvertimento di Gesù riguardo a che è il sabato fatto per l’uomo e non il contrario?
Davide giunge all’accampamento, deposita le cose che porta con sé e corre verso le schiere dei soldati per incontrare i fratelli. Tuttavia, apparso Golia dall’altra parte del campo di battaglia, tutti gli israeliti cominciano a scappare, vinti dalla paura.
Ancora una volta la Bibbia ci parla di “paura”: anche Adamo ed Eva, una volta mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male, ebbero paura. Sembra quasi che questo sentimento pervada tutte le storie della Scrittura. Ma, a ben guardare, l’uomo ha paura non per volontà di Dio, ma perché, separatosi volutamente da Lui e intendendo procedere su sentieri del tutto autonomi dalla volontà di Dio, finisce per averne paura. Ed infatti, gli israeliti avevano ingaggiato la lotta contro Golia non per volontà divina, ma per seguire le ambizioni di Saul. Così, resisi conto della sproporzionata forza dell’avversario, provano ora paura, non sapendo a chi affidarsi.
Davide, invece, sentito dire che per chi riesca a sconfiggere Golia ci sono in palio ricchezze, la mano della figlia del re, e l’esenzione da tutti i tributi, comincia a chiedere in giro per il campo altre notizie a riguardo. E tutti gli confermano il “premio” stabilito da Saul. Il fratello Eliab, però, si irrita per questa sua curiosità e lo sgrida. Davide non cede alla provocazione del fratello e continua ad andare per la sua strada (che poi è la strada di Dio), ottenendo altre conferme.
Questo comportamento del ragazzo giunge alle orecchie di Saul, che lo fa chiamare. Nel dialogo iniziale tra Saul e Davide – si ricordi che entrambi erano unti del Signore – emerge con chiarezza la differenza di atteggiamento tra i due: il primo, rivestitosi di un’autorità tutta umana, tratta il ragazzo quasi con sufficienza e altezzosità; l’altro, invece, mostra rispetto per l’autorità del suo interlocutore, tanto da dichiararsi suo servo, e, sulla scorta delle sue esperienze di pastore che difende il suo gregge anche da orsi e leoni, promette la liberazione del popolo.
A Saul non resta che dire al ragazzo di andare in battaglia con l’aiuto del Signore…
Vincenzo Ruggiero Perrino