Ancorché pubblicato nella collana “I saggi” delle edizioni romane Albatros, e anche a dispetto del titolo che potrebbe far pensare ad un manuale di tecniche di comunicazione multimediale, Pastorale digitale 2.0 di Riccardo Petricca non è un saggio, almeno non nel senso che comunemente si attribuisce a questa parola. Pur raccontando una storia, non lo si può ascrivere neanche al genere del romanzo. Nemmeno è una raccolta di racconti, benché l’autore accolga nella tessitura del suo libro anche interventi narrativi di altre persone. Ancora: pur adombrando qua e là una sorta di vocazione cronachistica, quasi da taglio giornalistico, questo libro non è un’inchiesta. Infine, anche se talvolta l’autore indulge in racconti di fatti con tanto di date e appuntamenti, questo libro non è un diario.
Eppure, a scorrere l’agile volume di Riccardo Petricca, dentro ci si trova un po’ di tutto: racconti, riflessioni, pagine diaristiche, suggerimenti e riflessioni sui nuovi mezzi di comunicazione e di diffusione delle idee.
Ma allora cos’è Pastorale digitale 2.0? Possiamo, ad un primo sguardo, dire che è al contempo un oggetto narrativo e una testimonianza. Testimonianza della vivacità della fede cristiana e di una nuova forma di circolazione della cultura, appunto quella che dalla carta è trasmigrata nella virtualità del mondo telematico e digitale. E narra, appunto con le sfaccettature stilistiche di cui abbiamo poc’anzi detto, dello sforzo di perseguire quanto predicato dal vescovo diocesano, mons. Gerardo Antonazzo: «Non bisogna solo mettere in rete, bisogna mettere in comunione».
Così circoscritta la galassia di appartenenza del lavoro di Riccardo Petricca, non può non dirsi che l’obiettivo sia pienamente centrato. Infatti, in quanto testimonianza, Pastorale digitale 2.0 offre ai lettori più di uno spunto per comprendere che la rivoluzione mediatica di questi ultimi decenni, se usata in modo da creare una sana interazione tra le persone, può far germogliare ottimi frutti e costituire il viatico per una crescita spirituale. Del resto non è certamente un bene chiudersi all’avanzare della tecnologia, quasi rifiutando il progresso informatico. Anzi, sarebbe un’imperdonabile cecità non comprendere le potenzialità che i nuovi media offrono, anche nel senso di perseguire l’obiettivo di una nuova evangelizzazione. È un po’ come per gli uomini e le donne del Quattrocento, quando Gutenberg offrì loro una Bibbia non più manoscritta ma realizzata attraverso la stampa a caratteri mobili. Quanto ci saremmo persi del progresso e della conoscenza, se quegli uomini e quelle donne avessero rifiutato l’invenzione di Gutenberg?
Del resto, che il compito di testimoniare la validità del corretto uso degli strumenti informatici sia stato raggiunto è dato anche da un’altra particolarità dell’ordito narrativo di questo volume. Alludiamo al fatto che l’autore lentamente nel corso della narrazione sostituisce all’io narrante singolare (la sua esperienza personale), un io narrante collettivo (l’esperienza dell’intero team della “Pastorale digitale”). Il lettore, senza quasi accorgersene, passa dalla lettura della vita di Riccardo Petricca, a quella della vita di un gruppo di persone, che comunica la fede e le opere della fede attraverso cose che si chiamano Webtv, portale internet, facebook, whatsapp.
Come oggetto narrativo, il libro racconta sostanzialmente la riscoperta di una fede, che non era tanto perduta, quanto piuttosto accantonata, dimenticata, messa da parte. Del resto, chi ha fatto l’amara esperienza di perdere le chiavi di casa o il portafogli, difficilmente avrà avuto la chance di ritrovarli. Mentre chi li aveva semplicemente dimenticati da qualche parte, con più probabilità sarà riuscito a rientrare in casa senza dover cambiare serratura! E così è anche per la fede: se la si è perduta difficilmente la si ritroverà, perché quello smarrimento implica l’adesione a valori “altri”, che escludono o per lo meno renderebbero molto disagevole il ritorno indietro.
Invece, il mondo di oggi è afflitto non tanto dalla perdita quanto dalla dimenticanza dei valori della fede. Il che, beninteso, non è necessariamente una prospettiva migliore, perché il ricordare ciò che si è voluto dimenticare necessita di uno sforzo di volontà, che il mondo edonistico di oggi tende continuamente a scoraggiare, offrendo sempre più motivi di distrazione. Ecco perché è allora importante imparare ad usare quegli stessi strumenti di distrazione di massa, in maniera da incoraggiare quello sforzo di volontà per “ricordare” la propria fede e ricominciare a viverla con maggiore autenticità.
L’autore narra di un’esperienza biograficamente riconoscibile, ma non è difficile intuire che il suo travaglio spirituale sia meno raro di quel che tanti altri vogliono far credere. In altre parole, il percorso di maturazione che innerva le pagine di Pastorale digitale 2.0 è quello di tanti giovani e giovanissimi di oggi, talmente frastornati dalle grida del mondo esterno da non riuscire più a sentire nemmeno i propri pensieri (figurarsi i propri sentimenti e le proprie emozioni, o la propria fede).
Una cosa importantissima racconta Riccardo (e raccontano gli altri amici del gruppo): convertirsi non vuol dire negare ciò che si è stati o che si è, ma mettere il proprio antico “io” rinnovato al servizio del prossimo. A tal proposito segnaliamo il capitolo “La gioia della conversione… anche nel ballo”, nel quale viene narrato che la passione per i balli latino-americani, lungi dall’essere negata o nascosta, viene piuttosto impiegata come momento di condivisione con gli altri, insegnando ai ragazzi diversamente abili dell’UNITALSI i passi di danza.
Il progetto della Pastorale digitale, come chiosa il vescovo Antonazzo nella “Postfazione”, non è tanto quello di pubblicare online le notizie di fatti che accadono nel perimetro della diocesi. Piuttosto, essa vuol essere lo strumento di condivisione tra persone di un cammino spirituale e di comunione, che faccia crescere i singoli e l’intera collettività.
Insomma: un grande progetto educativo, prima ancora che comunicativo, al quale, da parte nostra, non possiamo che augurare un percorso lungo e ricco di liete soddisfazioni.
riccardo petricca, Pastorale digitale 2.0, Edizioni Gruppo Albatros Il Filo s.r.l., Roma, 2015, pp. 220.
Vincenzo Ruggiero Perrino