La Festa della Patrona di Sora, dai Vespri al “carcere” in Cattedrale
Tutto il popolo sorano si è riunito insieme al clero della città e al suo vescovo, S.E. Mons Gerardo Antonazzo nella chiesa di Santa Restituta, per cantare e recitare i Vespri Giovedì 26 maggio alle ore 20:00 e festeggiare solennemente la sua santa patrona.
La celebrazione, animata dalla Corale della Cattedrale S. Maria Assunta, diretta dal M° Giacomo Cellucci e accompagnata all’organo da Marianna Polsinelli, ha avuto inizio con il canto dell’Inno alla santa martire, che ripercorre tutta la vita di fede, amore, donazione e sacrificio della giovane sorana che seppe affrontare con pazienza ogni sofferenza ed afflizione, fiduciosa nell’Amore del Signore.
Dopo i consueti salmi, il canto del Magnificat e le orazioni, sulle note di “A te sciogliamo il canto, lodando i pregi tuoi, O Restituta a noi dona la tua virtù…”l’assemblea dei fedeli si è raccolta per proseguire con la statua e le reliquie della patrona la processione tra due ali di folla che hanno segnato l’intero percorso.
Come da tradizione, la statua non ha fatto rientro nella chiesa dedicata, ma è stata condotta fino alla cattedrale. Qui Mons. Antonazzo ha donato una profonda riflessione sul cammino appena percorso, un pellegrinaggio che si fa “testimonianza pubblica della nostra fede”. .L’aver attraversato le strade della comunità significa penetrare, come fece Santa Restituta, con la forza del Vangelo e della fede, una comunità distratta ed a volte ostile. Parole forti che si aggiungevano a quelle significative pronunciate dal Vescovo nell’ omelia.
Una comunità che celebra questo pellegrinaggio da circa 1700 anni: un evento divenuto storia, un fondamento “dentro le pieghe” del vissuto della comunità. Una storia che va conservata, ma anche custodita e trasmessa. Ed è importante che i genitori ne trasmettano la memoria ai propri figli, che raccontino il perché di quella notte in cui Santa Restituta viene lasciata in cattedrale, in quel luogo che un tempo era il cuore della città pagana, delle istituzioni, per essere tenuta prigioniera, “in carcere”, con un’espressione che si tramanda da generazioni, prima dell’esecuzione. La giovane, patrizia romana, oltre a predicare quella nuova dottrina, si era negata sposa del proconsole Agazio, procurandosi la condanna più grave.
La notte della prigionia, ha ricordato il Vescovo, la notte della sua passione, non è diversa da quelle che viviamo di giorno, nelle solitudini, nel martirio interiore che ci mette a contatto con le nostre debolezze, con le nostre difficoltà. Però per quanto le tenebre di queste notti possano essere oscure, sono sempre abitate da Dio, sono sempre attraversate dalla luce della speranza cristiana. Una luce che si farà giorno, il giorno della vittoria, con il martirio, non della sconfitta.
Infatti la prigionia poi termina e la Santa viene riportata nella sua chiesa il giorno successivo dove viene celebrata la Messa Solenne in suo onore.
Per questo, ha concluso il Vescovo, ricordando le parole di papa Francesco appena eletto al soglio pontificio, non bisogna mai perdere né lasciarsi rubare la speranza. Per questo, celebrare il giorno della sua vittoria vuol dire partecipare della gloria di Dio, che mai abbandonerà coloro che gli si affidano in totale dedizione.
Marianna Polsinelli, Carla Cristini
Foto Rosalba Rosati