Il Serpente Prudente

N. 44 (13/11/2017)

“Tutti o molti?”

Qualche domenica fa, il brano evangelico riproponeva una parabola, narrata da Gesù ai capi dei sacerdoti e ai farisei, per far comprendere loro cosa sia il regno dei cieli. In questo “racconto”, Gesù parla di un re, che organizza la festa di nozze per suo figlio. Gli invitati, benché sollecitati dai servitori del sovrano, chi per una ragione chi per un’altra, non vollero andarci. Anzi, qualche invitato maltrattò e finanche uccise i servi. Tanto che il re, indignatosi, mandò il suo esercito a punire gli assassini e a dar fuoco alla loro città.

Poi, inviò nuovamente i servitori a chiamare tutti coloro, buoni o cattivi, che avrebbero incontrato per strada. Costoro vanno e la festa comincia. Ma il re, entrato nella sala del banchetto, si accorge che un uomo non indossa l’abito nuziale; gliene chiede ragione; quello ammutolisce; allora il re ordina ai servi di legarlo mani e piedi e buttarlo fuori al buio.

Il discorso di Gesù si chiude con un monito: «Molti sono chiamati, ma pochi eletti». La qual cosa fa pendant con quello che Egli dirà durante l’ultima cena, quando istituisce l’eucaristia. È bene riportare la frase in latino piuttosto che in italiano: “Hic est enim calix sanguinis mei […] qui pro vobis et pro multis effundetur”. Chi frequenta (anche distrattamente) la messa, sa bene che, diversamente da quanto realmente scritto nel vangelo, il sacerdote all’atto della consacrazione non dice “per voi e per molti”, bensì “per voi e per tutti”. Benedetto XVI aveva cercato – con scarso successo almeno in Italia e in gran parte dell’Europa – di ripristinare, pur senza imporre alcunché ai vescovi, la corretta traduzione del dettato evangelico. Ma, al di là del problema interpretativo e di traduzione e dell’annosa controversia esegetica che da decenni tiene banco, la questione è piuttosto importante, perché bisogna allora chiedersi: i chiamati sono “molti” o sono “tutti”? E il sangue di Cristo è stato versato “per molti” o “per tutti”?

A me pare che il problema nasca nel momento in cui si legge solo un brano di tutto il vangelo. In altre parole, se ci fermiamo al solo episodio dell’ultima cena in effetti può sembrare un po’ stridente il fatto che Gesù affermi che non sacrifica la sua vita “per tutti” bensì solo “per molti”, escludendo (almeno a livello letterario) qualcuno dal progetto di salvezza universale, unico motivo per il quale Egli è venuto. Tuttavia, se si ha una visione complessiva delle cose annunciate da Gesù, il problema “per molti” o “per tutti” assume dei contorni molto meno rigidi ed è più semplice trovare una soluzione interpretativa, anche traducendo alla lettera il latino “pro multis”.

Dunque, la domanda è: se Gesù è morto per tutti, perché nelle parole dell’ultima cena Egli ha detto “per molti”? Ma c’è di più: “per molti” lo leggiamo in Matteo e Marco. Secondo i racconti di Luca e Paolo, Gesù avrebbe ancora più limitato i destinatari del suo sacrificio, poiché i due autori neotestamentari riportano un più generico “per voi”. Con questa espressione, Gesù non volle necessariamente indicare i soli presenti al fatto: può più verosimilmente indicare tutti coloro che vogliano concretamente vivere una fede alla luce della Parola di Cristo, mettendosi alla sua sequela, e non limitarsi ad essere dei buoni farisei. Perciò, quel “per voi” equivale in sostanza a un “per tutti”. Non a caso è sempre Paolo che scrive: «Uno è morto per tutti» (Cor. 5, 14), e anche che Gesù «ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tim. 2, 6).

È chiaro che Gesù sia venuto e si sia sacrificato per l’intera umanità. Però, è anche vero che non tutti sono disponibili o interessati a questo suo sacrificio. Infatti, ciascuno è libero di disporre come meglio crede della sua vita, e di fare o meno tesoro del sacrificio di Gesù.

Uno dei punti su cui questa rubrica ha maggiormente insistito è proprio la responsabilità individuale nello scegliere se vivere o meno un’autentica fede. In altre parole, Gesù è venuto e ha versato il sangue “per tutti”, ma poi tocca ad ognuno di noi presentarsi alla festa di nozze con il vestito nuziale e non con gli abiti di tutti i giorni! I molti che sono invitati, e cioè che hanno la libertà di operare la scelta di accettare l’invito, non sempre decidono di vivere la Parola con fede (e quindi di indossare l’abito per la cerimonia festiva): ecco perché, a conti fatti, gli eletti sono “pochi”.

Il corpo e il sangue di Cristo sono dati per la salvezza dell’umanità tutta, e quindi per tutti gli uomini. È una salvezza universale, ma per ottenerla c’è bisogno di un libero atto di responsabilità individuale. Per comprendere questo, ci viene in aiuto anche la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte: la saggezza è appunto nell’aver compiuto un atto di responsabilità nel prepararsi adeguatamente alla venuta dello sposo. Anche in quella storia, lo sposo viene incontro a tutte le dieci ragazze, ma alcune scelgono di essere pronte, altre no. Per cui, possiamo dire che la proposta di salvezza è fatta “per tutti”; molti sono quelli che ne hanno coscienza e conoscenza; ma pochi quelli che accettano con autenticità quella proposta, e vivono di conseguenza la loro vita e la loro fede!

Vincenzo Ruggiero Perrino

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