Il servo inutile, specchio di Cristo

XXVII Domenica del tempo ordinario, Anno C

Come si fa ad avere la fede? Domanda essenziale per un fedele in Cristo! La fede certamente non si inventa. Né si può creare da se stessi. Nel Vangelo abbiamo esempi di fede che Gesù trova già consolidata in persone dalle quali non ci si aspetterebbe di vederla, come nel centurione romano (Cf. Mt 8, 10) e nella donna siro-fenicia (Cf. Mt 15, 28), ma la dona anche nel momento in cui sta per compiere il miracolo, ad esempio al Capo della sinagoga che aveva una fanciulla morta (Cf. Lc 8, 50) o a Marta, sorella di Lazzaro quando pronuncia la domanda: Credi tu questo? (Gv 11, 26).

La fede dunque, soprattutto l’atto pratico di fede, l’atto di abbandono alla volontà superiore di Dio, non è qualcosa che si possa codificare, sperimentare e quantificare. Il momento del bisogno o di necessità ci stimola profondamente a questo, gli episodi evangelici lo testimoniano, ma la condizione dell’uomo può cambiare quando avviene un fenomeno assolutamente al disopra delle possibilità umane, come avvenne al centurione davanti alla croce del Signore (Veramente quest’uomo era giusto – Lc 23, 47), oppure alle masse dopo un miracolo (molti credettero in Lui – Cf. Gv 7, 31).

Certamente, dice Gesù, l’atto di fede nell’unico vero Dio, cioè in Lui, è una forza irresistibile, una forza che da il potere di fare cose umanamente impossibili. Il gelso non si può sradicare da solo ma basta un granellino di fede come un granellino di senapa ed il gelso che può essere davvero molto grande e pesante e con radici ben ramificate, si potrà sradicare e piantare nel mare, cosa assurda perché un albero non si pianta nel mare. Ciò che vuole dire il Signore è che la conoscenza di fede supera quella umana. La scienza soprannaturale supera quella naturale e questo per dono di Dio.

Tanti santi avevano il dono della profezia, conoscevano lo stato delle anime, senza che queste glielo manifestassero, conoscevano le proprietà nascoste di piante e oggetti, conoscevano il modo di guarire malattie senza aver studiato, sapevano affrontare con coraggio il dolore e la morte!

La cosa più importante e più delicata è la guida di un’altra anima. Se non si sa guidare se stessi non si può neppure guidare un altro: quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso! (Mt 15, 14). Guai a quei direttori spirituali ed anche confessori, ma anche guide di popoli e padri e madri di famiglia che non sanno guidare nella fede i loro assistiti! Essi cadranno e trascineranno con sé anche gli altri.

La fede è dunque una pianticella molto delicata che va trattata con cura, più delle piante a cui più teniamo e più del nostro corpo. Senza la fede l’anima non può piacere a Dio: Senza la fede però è impossibile essergli graditi; chi, infatti, s’accosta a Dio deve credere che egli esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano (Eb 11, 6).

Se è così importante aver fede, se la fede è necessaria per essere con Dio, come si fa ad averla? Gesù per dirlo impiega un’altra parabola: la parabola del servo inutile. La dinamica della parabola suona un po’ ostica ai nostri orecchi abituati ad essere accarezzati e vezzeggiati coi diritti acquisiti, il rispetto dei propri gusti, dei propri orientamenti, del proprio modo di vedere. Il servo inutile è invece il prototipo di chi ha fede, è lo specchio di ciò che piace a Dio, è lo specchio di Cristo che si è fatto per noi servo e si è consegnato come vittima tra le braccia del Padre, si è fatto considerare inutile sia da Dio che dagli uomini per ottenere il massimo risultato possibile nella fede.

Il premio del servo inutile è la totale benevolenza del Padrone che vede il totale abbandono di quel servo che non esige neppure il minimo essenziale per vivere considerandosi sempre e solo un servo, anche quando ha compiuto perfettamente il suo dovere.

Siamo servi inutili è questo l’atto di fede! Abbiamo fatto tutto ciò che dovevamo fare… ma proprio in questo è la nostra ricompensa. Aver servito fedelmente il Signore è la migliore ricompensa che si possa avere sulla terra. Il resto, la vita eterna e le grazie, sono un di più. Essere fedeli a Dio quando non ci sono consolazioni, quando si è nella prova, è il massimo della forza spirituale che l’uomo possa esprimere, il culmine della sua adesione a Dio. Cristo espresse massimamente la sua fedeltà al Padre quando maltrattato si lasciò umiliare … e non aprì la sua bocca (Is 53, 7).

Viene in soccorso di quest’aspetto umile ed obbediente, costante e fiducioso della fede il grande mistico e dottore della Chiesa Giovanni della Croce: E’ estremamente necessario che l’anima si comporti con grande perseveranza e pazienza nelle tribolazioni, nei travagli interni ed esterni, spirituali e corporei, maggiori o minori, prendendoli tutti come provenienti dalla mano di Dio per il suo bene e per sua medicina (Fiamma viva d’Amore A, 2, 26). Ci guidi la Santa Vergine, ancella del Signore, ad essere veri servi umili del Signore nella totale sottomissione a Lui.

di P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P. Pio

 

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