Sabato 19 dicembre, presso la chiesa di Santo Spirito, si è tenuto il settimo incontro del corso biblico, l’ultimo primo delle vacanze natalizie.
Il protagonista centrale di questa parte del Vangelo è Giovanni. Che egli sia il “ponte” tra il Vecchio e Nuovo Testamento è evidente. Infatti, la sua attività di precursore di Gesù, è annunciata da Isaia, del quale al versetto 4 è riportata la profezia su Giovanni. Questi è un profeta, ma, a differenza dei suoi predecessori, che annunciavano Dio solo con la parola, egli annuncia il vangelo con la parola ma anche con la sua testimonianza di vita. È egli stesso la profezia, tant’è che il suo stesso martirio prefigura quello di Gesù.
Giovanni annuncia un battesimo di conversione. “Conversione” non è soltanto un atto di volizione di un cambiamento, bensì è una novità che nasce da dentro. “Battesimo” non è il sacramento cristiano che toglie il peccato originale: in greco battesimo significa immersione. Dunque, il battesimo di conversione è un’immersione in una vita rigenerata da un cambiamento profondo che nasce dall’interno dell’uomo.
Lo scopo del battesimo di conversione è il perdono dei peccati. È qui che è racchiuso l’aspetto più importante del Vangelo di Luca: la misericordia divina verso i peccatori. Ma, anche la parola “peccato”, più che in un’accezione latina di tipo moralistico, andrebbe intesa alla maniera greca di “trauma”, di “sbagliare direzione”. Infatti, Luca – che scriveva in greco – utilizza “peccato” in senso sostanziale piuttosto che morale. Il peccato è quindi l’atteggiamento di chi con il proprio comportamento procura un trauma al prossimo, ovvero il comportamento di chi sbaglia direzione e perde di vista il vero obiettivo della sua vita.
Di conseguenza, essendo Cristo l’obiettivo, il peccato consiste nel deviare da lui. È ovvio che, deviando da Cristo, si commettono tutti i peccati intesi in senso morale.
Al versetto 7, Giovanni apostrofa i suoi ascoltatori chiamandoli “razza di vipere”, e invitandoli a non comportarsi da farisei nascondendosi dietro al fatto di avere Abramo come padre. Non è tanto e solo un rimprovero, quanto piuttosto un modo d’essere dei profeti, che spesso utilizzavano frasi forti per spaventare i peccatori e indurli alla conversione. Del resto Giovanni non è Gesù, che la vera Conversione.
Poi, le folle interrogano Giovanni su cosa fare in concreto per convertirsi (versetto 10). Egli elenca una serie di “frutti della conversione”, cioè le opere. Le opere, secondo quanto dirà più avanti anche Gesù, sono un modo di discernimento: è dalle opere che è possibile individuare i veri figli di Dio. La gente, sentendo Giovanni parlare in quel modo e soprattutto vedendo le sue opere, si chiede se non sia lui il Messia.
Invece, Giovanni parla loro apertamente, dicendo che verrà uno più forte di lui, al quale non è degno di sciogliere il legaccio dei sandali. Il riferimento all’atto di scioglimento dei calzari può apparire un po’ oscuro, ma in realtà allude alla legge del levirato, per la quale se se un uomo sposato moriva senza figli, suo fratello o il suo parente più prossimo doveva sposare la vedova, e il loro figlio primogenito sarebbe stato considerato legalmente figlio del defunto. Al momento del matrimonio la donna scioglieva i suoi sandali, in segno di essere libera di poter nuovamente contrarre matrimonio, libera dalla “vergogna” della vedovanza.
Giovanni non è il Messia, e quindi non può sciogliere il legaccio dei sandali di Gesù. È Gesù lo “sposo” della Chiesa nascente, l’unico che può slacciare i nodi. Infatti, sarà Gesù stesso a sciogliere il sandalo, quando dalla croce affida la donna (cioè la Chiesa) a Giovanni l’apostolo (cioè il figlio della Chiesa), e viceversa.
Poi – versetto 20 – a causa del fatto che Giovanni aveva pubblicamente denunciato l’adulterio di Erode con la moglie di suo fratello Filippo, egli viene messo in prigione. E così, il versetto successivo, segna il passaggio del testimone da Giovanni a Gesù, che viene battezzato (ma anche qui non bisogna fraintendere: Gesù non aveva certo bisogno di essere lavato dal peccato originale!). Egli si immerge nell’acqua per un cambiamento di vita. Infatti, è da questo momento che comincia il ministero pubblico di Gesù. Se alle nozze di Cana, che precedono il battesimo, egli dice che non è ancora giunta la sua ora, adesso con il battesimo, la sua ora è giunta, ed egli si mette nella giusta direzione verso l’obiettivo della sua vita.
Infatti, cala su di lui lo Spirito Santo sotto forma di colomba, annunciando che Gesù è l’amato, colui in cui il Padre ha posto compiacimento. Ed è proprio in seguito a questo “nuovo inizio” che Luca può inserire nella sua narrazione la genealogia di Gesù.
Anche in Matteo troviamo gli antenati di Gesù, ma lì si parte da Abramo e al centro c’è Davide (si badi, è un vangelo scritto per gli ebrei, tanto che Gesù è il “figlio di Davide”). Luca, invece, parte da Gesù per risalire ad Adamo, per far emergere la regalità divina di Cristo, che infatti è chiamato “nuovo Adamo”. In Cristo si concentra tutta la storia umana iniziata con Adamo, creato ad immagine e somiglianza di Dio.
Il prossimo appuntamento del corso biblico è per sabato 16 gennaio, alle ore 18.30.
Vincenzo Ruggiero Perrino