Si fa presto a dire fraternità, si fa presto a dire amore

VII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Il tema di questa domenica, l’amore fraterno, ha una radice profonda che supera e compie i confini dell’umano. Questa radice è il solo Cristo, colui che ha portato l’amore universale sulla terra ed è morto, si è fatto crocifiggere per esso recuperando poi la vita perché era impossibile che l’amore eterno che regge e regola ogni cosa morisse.

Si fa presto a dire fraternità, si fa presto a dire amore. Quando incontriamo un nemico, uno che ostacola i nostri progetti e le nostre speranze Gesù ci dice di amarlo ugualmente. Infatti, il procedimento usato dal Vangelo è dialettico, Avete inteso che fu detto: occhio per occhio, dente per dente…amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico…ma io vi dico…amate i vostri nemici…

Gesù in qualche modo supera la morale naturale che è quella di fare del bene a chi ci fa del bene e basta. Certo già fare questo sarebbe molto importante dato l’egoismo diffuso oggi per cui non si fa il bene neppure a chi lo meriterebbe. Figuriamoci se lo si fa a chi non lo merita. Non opporsi al malvagio…parole stentoree, sembrano scese da un altro pianeta e poco adatte al nostro mondo. Come si fa ad attuarle? E soprattutto cosa significano?

La risposta può venire solo dal Cristo autore di questa norma aurea: L’esempio ci è stato offerto da Dio Padre, che fa sorgere il sole su buoni e malvagi. Questo ha detto pure il Figlio di Dio, in seguito alla sua Incarnazione, con la bocca della sua carne che assunse per amore dei suoi nemici. Infatti, egli che ama i suoi nemici venne al mondo e trovò suoi nemici proprio tutti, non trovò alcun amico. Per i nemici versò il sangue: con il suo sangue, però, convertì i nemici. Cancellò con il suo sangue i peccati dei suoi nemici: cancellando i peccati, da nemici li rese amici. Anche Stefano era uno dei suoi amici: anzi, lo è e lo sarà. Tuttavia, per primo, il Signore stesso mostrò sulla croce quello che prescrisse. Infatti, mentre i Giudei, da ogni lato, gridavano sdegnati, erano furenti, dileggiavano, ingiuriavano, crocifiggevano, disse: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. È la cecità, infatti, a crocifiggermi. La cecità crocifiggeva: ma il Crocifisso, del suo sangue, faceva un collirio per loro (Sant’Agostino, Discorso 317, 2).

            L’odio è cieco. Non l’amore. Infatti, il non vedere l’altro nella sua essenza, nella sua natura creata da Dio, anche se peccatore, significa non vedere come vede Dio. E così si da la stura all’odio che non è da Dio. Giustamente Sant’Agostino dice che l’odio è questione di cecità. Dio che vede tutto, non può odiare, non è nella sua natura, proprio perché tutto vede. Noi che non vediamo, perché siamo accecati dal peccato, di natura e di fatto, arriviamo ad odiare, a voler distruggere il nostro prossimo, a volerlo eliminare, magari non fisicamente ma certo moralmente e nell’onore, il che è molto peggio, e tutto perché non riusciamo a vedere in lui l’immagine di Cristo.

            L’amore è la vittoria della cecità, è il collirio che solo il santo sacrificio di Cristo ci può dare e che ci rigenera ad una vita nuova ed eterna, anche disposta al sacrificio, anche aperta all’amore di chi è cieco, accecato dall’odio, cioè il nemico. Il precetto dell’amore non è come gli altri precetti ma li supera e li comprende tutti. Comprendo coloro che non vogliono sottomettersi ad alcun precetto, coloro che sembrano refrattari ad ogni legge, anarchici per essenza: è perché non hanno conosciuto l’amore di Cristo.

            Siccome Cristo dona il suo amore che sorpassa ogni intelligenza (Fil 4, 7), ogni legge può essere compresa solo alla luce di Cristo che è la forza ed il senso profondo di ogni legge che è rispetto e amore per il prossimo. E anche quando una legge è punitiva non lo è certo per offendere, ma semplicemente per recuperare, rieducare chi sbaglia. Dunque al di fuori di Cristo non ci può essere legge ma solo un tetro carcere di condanna e costrizione a fare ciò che non si vuole. E’ esattamente l’inferno. Pur avendolo scelto i diavoli non stanno bene all’inferno. Perché l’inferno esige il ferreo rispetto dell’ordine voluto da Dio. Senza consolazione. E senza amore. E’ questo che è più doloroso: una legge imposta per forza senza che si possa osservarla senza dolore. E’ in fondo la stessa sofferenza umana che è così: essa fu effetto del peccato originale, cioè della primitiva mancanza d’amore. Ciò comportò il travaglio e il sudore nel compiere il proprio dovere: Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli…maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita… (Gn 3, 16-17).

 L’inferno è l’estremizzazione di questa pena. Siccome per sempre si rifiuta di amare, così per sempre si dovrà soffrire. In più si sarà nel contempo autori e vittima di odio, per sempre. Cristo è venuto a spezzare questa triste catena a cui l’uomo si è assoggettato e lo fa attualmente attraverso il sacrificio della Santissima Eucaristia, prova suprema del suo perenne amore.

di P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P.Pio

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