Simili

 

“Simili” (Laura Pausini, 2015)

Sono scappata via
quando mi sono vista dentro a un labirinto
senza decidere

Ospite in casa mia
con sillabe d’amore tutte al pavimento
come la polvere

Ma arrivi tu che parli piano
e chiedi scusa se ci assomigliamo
Arrivi tu da che pianeta?
Occhi sereni anima complicata
anima complicata

Io così simile a te
a trasformare il suono della rabbia
Io così simile a te
un bacio in fronte e dopo sulle labbra
La meraviglia di essere simili
la tenerezza di essere simili
la protezione tra esseri simili

Non mi domando più
se ci sarà qualcuno a tendere la rete
pronto a soccorrere
Me lo ricordi tu
chi vola impara a sfottere le sue cadute
come a difenderle
E così fai tu e nascondi piano
la tosse e il cuore nella stessa mano.
Arrivi tu
che sai chi sono.

Io così simile a te
a trasformare il suono della rabbia.
Io così simile a te
un bacio in fronte e dopo sulle labbra.
La meraviglia di essere simili
la tenerezza di essere simili

Arrivi tu che fai passare
la paura di precipitare

Io così simile a te
liberi e prigionieri della stessa gabbia
Io così simile a te
un bacio in fronte e dopo sulle labbra
La meraviglia di essere simili
la tenerezza di essere simili
la commozione per essere simili

In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, riconoscere il prossimo come un proprio “simile” e, perciò, essere disposti ad accogliersi vicendevolmente, significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità.

La bellezza di essere simili, è la bellezza stessa della vita: l’essere diversi dagli altri, seppur non totalmente, e allo stesso tempo assomigliare agli altri, pur non essendo uguali. È questo il nostro legame con il mondo, con la vita: “La meraviglia di essere simili, la tenerezza di essere simili, la protezione tra esseri simili, la commozione per essere simili“.

Riconoscere l’altro come simile, ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società. Uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette che continuano ad intrappolare gli individui e le nazioni e che conducono ad esprimersi con messaggi di odio, significa riscoprire il potere di un messaggio, di un atteggiamento volto alla comunione e sostanziato dalla misericordia che, sola, può sanare le relazioni lacerate e riportare la pace e l’armonia tra le famiglie e nelle comunità.

Riconoscersi “simili” in forza della dignità, della nobiltà, ma anche della fragilità e della sofferenza legate alla nostra stessa natura, può aiutare a riscoprire un’appartenenza, una comunione con “l’altro” e farsi partecipe delle sue gioie e sofferenze: “me lo ricordi tu chi vola impara a sfottere le sue cadute come a difenderle“. Riconoscersi simili può aiutare a salvaguardare, custodire, costruire, se ancora non ci fosse, una relazione sana ed armoniosa con se stessi, con il prossimo, con il creato e, per ciò, anche con Dio.

Proviamo a ripensare alle nostre prime esperienze di relazione in seno alla famiglia: “ospite in casa mia, con sillabe d’amore tutte al pavimento, come la polvere“. I genitori “dovrebbero” amarci e apprezzarci per quello che siamo più che per le nostre capacità e i nostri successi. I genitori, naturalmente, vogliono il meglio per i propri figli, ma il loro amore non dovrebbe mai essere condizionato dal raggiungimento degli obiettivi.
La casa paterna è il luogo dove sei sempre accolto (Lc, 15, 11-32).
Tutti noi dobbiamo pensare alla società umana non come ad uno spazio in cui degli estranei competono e cercano di prevaricare l’altro, ma piuttosto come una casa o una famiglia dove la porta è sempre aperta e si cerca di accogliersi a vicenda.

Farsi “simili” vuol dire ascoltare, ma ascoltare richiede la “vicinanza”: significa prestare attenzione, condividere, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui: “e così fai tu e nascondi piano la tosse e il cuore nella stessa mano, arrivi tu che sai chi sono“.

Farsi simili, vuol dire essere capaci di condividere emozioni, poter incoraggiare e offrire sostegno “arrivi tu che fai passare la paura di precipitare“, percorrere un cammino fianco a fianco, affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del proprio fratello e del bene comune.

In un mondo diviso, separato, l ‘incontro tra la “similitudine” e la “prossimità” è fecondo nella misura in cui genera un’umanità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa sulla “meraviglia di essere simili“, si emoziona sulla “tenerezza di essere simili, la commozione per essere simili“.

Angela Taglialatela

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