Il Tempio del suo corpo. Questo è quello che resterà per sempre.

XXXIII Domenica del tempo ordinario, anno C

L’attesa del Signore deve essere costante nel cristiano. Non siamo deputati solo a governare il mondo: Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen 2, 1). Siamo destinati anche ad entrare per sempre nel Regno di Dio: Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo (Mt 25, 34). La dimensione dell’uomo è doppia: sia materiale, storica, cronologica sia spirituale, escatologica, eterna. L’unione di corpo e d’anima, di spirito e materia, ci ricordano questa duplice vocazione dell’essere umano in cui è preminente, perché più nobile, la parte spirituale.

Il Vangelo si apre con la contemplazione della bellezza del tempio di Gerusalemme da parte di alcuni. Il tempio era glorioso, monumentale, simbolo della nazione stessa d’Israele chiamata “Sion” perché sul monte Sion sorgeva il suo magnifico tempio, considerata una delle meraviglie del mondo antico.

Eppure questa bellezza, pur imponente, è solo transitoria. La vera bellezza è un’altra. Ci ammonisce Gesù: Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta. Non che al Signore non importi del tempio. Proprio in vista della sua passione caccia del tempio i venditori di bovini e di colombe per i sacrifici in nome della sacralità di quel luogo, Ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato» (Gv 2, 16). Nello stesso episodio sono ricordate le parole di Gesù che aprono la strada alla contemplazione di un nuovo tempio spirituale e soprannaturale che ha come centro la sua persona, il suo corpo: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo (Gv 2, 18-21).

Il Tempio del suo corpo. Questo è quello che resterà per sempre. Infatti, Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù (Rm 6, 9-11). La morte non ha più potere su di Lui. E’ Lui che sopravvive all’evolversi dei tempi e delle stagioni. La sua vita divina risorta è garanzia di perenne stabilità. Questo fatto ha un risvolto estremamente positivo per noi. Anche noi siamo “morti al peccato ma viventi per Dio in Cristo Gesù”. Siamo dunque anche noi nella vita risorta in Cristo se partecipiamo alla sua vita mistica che ci è donata sulla terra nella Santa Chiesa per mezzo della celebrazione dei sacramenti.

Purtroppo guerre e rivoluzioni, terremoti, carestie e pestilenze rischiano di distruggere completamente l’esigua forza dell’uomo che oggi ha costruito il suo possesso esclusivamente sui beni materiali. Le guerre e le rivoluzioni, cose degli uomini, saranno la punizione che essi stessi si infliggeranno. I terremoti, le carestie e le pestilenze non sono sempre prevedibili ma più spesso sono conseguenza diretta delle prime due malattie dell’umanità.

I seguaci veri di Cristo che non si lasciano spaventare dagli eventi sociali e naturali dovranno subire la prova più dura: la prova della loro fede. Saranno, infatti, portati nei tribunali e nelle prigioni. Infine saranno perseguitati dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, saranno odiati da tutti a causa del mio nome, ma nemmeno un capello del loro capo perirà.

Ricevere odio, incomprensione e mancanza di rispetto è tipico di chi segue il Signore. Gesù ha vissuto così sulla terra. Pur essendo il Principe della pace Egli non ha conosciuto pace intorno a Sé. Fin dall’infanzia è stato cercato per essere ucciso, tanto da dover fuggire in Egitto; poi, durante il suo ministero, insieme agli “osanna” ha dovuto spesso assaporare il pane del rifiuto e del pericolo di morte a cominciare dalla sua patria ove disse: Nessun profeta è ben accetto nella sua patria (Lc 4, 24).

Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime. Molto semplicemente Gesù tira le somme del suo discorso sui tempi ultimi, segnati da gravi sconvolgimenti sociali e naturali e caratterizzati dalla persecuzione dei giusti. Il segreto della vittoria è nella perseveranza, nel ripetere bene cioè ciò che di buono si è appreso: applicare il metodo della preghiera, della penitenza, della conversione interiore alla vita significa aver già vinto il male e dimorare nei cieli, essere salvi.

Ci guidi la Santa Vergine in questi tempi difficili! Ella da sempre schiaccia il capo del maligno (Cf. Gn 3, 14) e con essa tutte le difficoltà ed i mali del mondo. La Santa Vergine fu testimone e prima discepola di Cristo nella sua prima venuta nel mondo ed è logico che lo sia anche nella seconda venuta, andando innanzi al Signore a preparargli le strade (Lc 1, 76).

P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P. Pio

 

Categorie: Parola della Domenica

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