Nella celebrazione domenicale a S. Pietro Ap. nell’anniversario di Don Giussani, il Vescovo Antonazzo propone a Comunione e Liberazione e a tutti i fedeli un rinnovato impegno per edificare il tempio della comunità cristiana
Nel XIII anniversario della morte di Don Luigi Giussani, il fondatore del Movimento Comunione e Liberazione, una celebrazione dell’Eucaristia presieduta dal Vescovo diocesano Mons. Gerardo Antonazzo, si è svolta domenica 4 marzo, terza Domenica di Quaresima, nella chiesa parrocchiale di S. Pietro Apostolo in Cassino. Presente un nutrito gruppo di aderenti al Movimento per i quali, prima dell’inizio della celebrazione, ha parlato Antonio Renna ricordando non solo la morte di Don Giussani avvenuta 13 anni fa, ma anche un altro importante anniversario, quello dei 36 anni dal riconoscimento pontificio della Fraternità di CL, avvenuto nel 1982, una trentina di anni dopo la sua nascita. Dopo aver ringraziato la Parrocchia ospitante, ha comunicato all’assemblea l’intenzione della Messa: “Nell’anno del Sinodo dei Giovani chiediamo al Signore di vivere l’intensità di passione educativa per le nuove generazioni che sempre ha animato il pensiero e l’opera di don Giussani“.
Con questo preludio ha preso il via la liturgia, che è stata animata con i canti e la chitarra proprio da CL, che a Cassino da anni e anni conta moltissimi giovani, sia nelle scuole superiori sia nell’università (Gioventù Studentesca), ed anche adulti e famiglie, che hanno seguito e seguono il cammino spirituale ciellino proposto da Don Giussani negli anni Cinquanta, il quale indica la proposta cristiana come “avventura della vita”, come fede che, vissuta nella comunione, è il fondamento dell’autentica liberazione dell’uomo.
Una Messa particolarmente intensa e raccolta, cui hanno partecipato anche i fedeli della parrocchia di S. Pietro. Il Vescovo Gerardo, nell’omelia, commentando la pagina del Vangelo di Giovanni (2, 13-25) in cui Gesù scaccia i mercanti dal tempio, perché da luogo sacro lo avevano trasformato in luogo aperto agli interessi, alla frode e agli imbrogli, l’ha attualizzata con grande efficacia. Come Gesù aveva fatto del tempio una metafora del suo corpo, che – distrutto – in tre giorni sarebbe risorto, così il Vescovo ne ha fatto una metafora di altri corpi – luoghi sacri – che oggi rischiano il degrado, la profanazione: la famiglia, corpo sociale e importante intreccio di relazioni, che oggi, come tanti sempre più drammatici episodi ci mostrano, è un tempio “violentato dal veleno del degrado, delle offese, della dissacrazione”. Così pure, ha continuato, il tempio dei nostri ambienti sociali, delle relazioni amicali e dei rapporti interpersonali è dissacrato da conflittualità e prevaricazioni. Ci sono tendenze che profanano la sacralità delle nostre relazioni in famiglia, nelle amicizie, non sempre oneste e corrette, e anche nella comunità cristiana. La comunità cristiana, che è corpo di Dio, tempio, subisce a volte forme di intossicazione che lo rendono un agglomerato poco coeso e poco in comunione, per la fragilità umana ed il peccato che la liturgia di Quaresima puntualmente ci ricorda. Nel tempio che è la comunità cristiana, ha osservato, a volte potremmo sentirci chiedere da Gesù: che cosa avete fatto di questo tempio sacro?
A questo punto il Vescovo ha ricordato il cammino spirituale proposto all’inizio della Quaresima, “a rimedio del peccato: il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna”.
Ed ha spiegato. Il digiuno non è solo quello alimentare, anzi esso serve ad insegnare altre forme di astinenza: dalla chiacchiere, dal pettegolezzo, dalla curiosità, dagli “occhi del grande fratello”, cioè da quella “patologia” di voler spiare la vita degli altri per sapere tutto, violando il diritto di ognuno al rispetto della propria vita personale, “peccato gravissimo”. La preghiera: è in questa che dobbiamo usare le parole e pregare, come S. Paolo ci insegna, per la cosa più importante, imparare a riconoscere in ogni forma di croce la sapienza di Dio, a interpretare la croce non come scandalo, fallimento, smarrimento, perdita di fiducia, ma come percorso di purificazione, faticoso ma necessario. Le opere di carità fraterna: non si tratta solo di elemosina, pur necessaria per soccorrere i fratelli nel bisogno materiale, ma sono tutte le azioni, che possiamo compiere in tante forme, per costruire, pietra su pietra, nel silenzio, non per distruggere.
E’ questo che il Signore oggi chiede a ciascuno di noi, ha concluso il Vescovo: accettare questa terapia per mettere rimedio al peccato e risanare la dissacrazione contro la famiglia, le grandi questioni sociali, le relazioni, la comunità cristiana, ed essere l’uno per l’altro “segno di consolazione”.
Parlando dell’anniversario di Don Giussani, Mons. Gerardo ha richiamato quanto ha detto in una intervista don Julián Carrón, erede di Don Giussani ed oggi alla guida della Fraternità di CL, ricevuto in udienza da papa Francesco venerdì 2 febbraio u.s.: soffermandosi in particolare su una frase: “scoprire come Cristo è presente ora: attraverso un incontro, come il Papa ci aveva detto il 7 marzo (dell’anno precedente ndr), con un fenomeno di umanità diversa, che suscita stupore e adesione“. Questa bellissima espressione spinga anche noi ad aderire e a consegnare la nostra fragile umanità. Sia questo per noi il momento del nostro celebrare l’incontro con Cristo, fenomeno di umanità diversa, che è presente ora tra noi e che deve rendere diversa l’umanità di ognuno di noi perché possiamo contrastare l’esperienza di peccato con la terapia spirituale salvifica per edificare il nostro essere comunità come tempio santo e non profanato, dove Dio prende dimora.
Un’analisi del presente e una proposta di cammino spirituale per CL e per tutti i fedeli, su cui meditare e impegnarsi.
Adriana Letta