Imparare a sperimentare, gustando l’arte, la prossimità di Dio
Prosegue l’itinerario formativo per Docenti di Religione Cattolica intrapreso e condotto dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Pontificia Università Antonianum di Roma, in collaborazione con la Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, giunto, ieri 11 novembre, al terzo incontro. Incontro che si è svolto nella sede dell’Antonianum nell’Aula A, raggiunta da un nutrito gruppo di docenti arrivati da Cassino e da Sora con due pullman. Tema della lezione: Bellezza e attuazione della Riforma Conciliare. Dopo il saluto iniziale del prof. Salvatore Barbagallo, Preside dell’ISSR, che ha porto il saluto di Don Alessandro Rea, Direttore dell’Ufficio diocesano Comunicazioni Sociali, impossibilitato ad intervenire, ed ha presentato i relatori del giorno, la parola è andata a Don Tomas Jerez, viceparroco in Diocesi ma anche architetto ed esperto di arte, che ha parlato su: “L’arte, la bellezza e la valorizzazione del territorio: le sfide per il mondo della scuola e per i docenti di religione cattolica“.
Per introdurre e chiarire la situazione attuale con le sfide che la scuola deve affrontare, ha portato all’attenzione alcune indicazioni che il Ministero dell’Istruzione pone come base dell’insegnamento della Religione cattolica che mostrano l’importanza del contributo formativo dell’IRC. Infatti si dice che “L’alunno si interroga sulla propria identità e sugli orizzonti di senso verso cui può aprirsi”; che la Religione cattolica “aiuta le relazioni e i rapporti tra persone e culture diverse”, che “è parte costitutiva del patrimonio storico, culturale ed umano della società italiana”. Ancora: che “l’IRC è una preziosa opportunità per l’elaborazione di attività interdisciplinari” al fine di ricomporre nella mente dei ragazzi una “comprensione unitaria della realtà”. Il che dimostra che lo Stato riconosce l’importanza ed il ruolo dell’insegnamento della Religione cattolica e questo va tenuto ben presente dai docenti. Ha poi citato alcuni passi significativi, ad es. di S. Giovanni Paolo II, che diceva: “La cultura è ciò per cui l’uomo diventa più uomo. Solo all’interno e tramite la cultura, la fede cristiana diventa storica e creatrice di storia”. E Paolo VI: “Ogni aspirazione alla perfezione è una tendenza verso Dio”; “L’arte dovrebbe essere intuizione, facilità, felicità”.
La Chiesa, ha affermato Don Tomas, sempre ha fatto ricorso all’arte, che apre al trascendente, per raccontare la propria fede ed ha sempre investito materialmente ma anche in formazione e guida degli artisti. D’altronde, l’arte è l’opera umana più vicina alla religione perché annuncia le vie dello spirito, e l’arte religiosa è una porta di accesso al sacro. Per questo i docenti di religione cattolica dovrebbero imparare ad utilizzare l’arte ed i beni culturali del territorio facendovi accostare i propri allievi.
Il relatore ha poi mostrato, a mo’ di esempio, tre opere d’arte di grande valore che si trovano sul territorio diocesano: il Crocifisso di Alvito del XIII secolo, che mostra un Cristo non dolente ma risorto; il “Cristo del Baronio”, opera di Tiberio Calcagno, di scuola michelangiolesca, donato dal Card. Baronio nel 1564 alla Congregazione della Carità e che oggi si trova nella chiesa di S. Bartolomeo a Sora. Infine la “Madonna con Bambino” di Alvito del XV secolo. Veri gioielli d’arte a volte sconosciuti, mentre debbono essere considerati elementi di cultura da riscoprire, rendere vivi, non semplicemente da mantenere ben conservati.
Il secondo relatore è stato Mons. Crispino Valenziano, già conosciuto dai presenti perché organizzatore e guida alla recente Mostra di Guttuso, Presidente dell’Accademia Teologica “Via Pulchritudinis”, ordinario di Antropologia Liturgica e di Spiritualità Liturgica al Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo, membro del Pontificio Consiglio per i Beni culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, considerato uno dei massimi esperti a livello mondiale in arte sacra. Egli non si è limitato a parlare dell’attuazione o meno della riforma conciliare relativamente alla Bellezza, ma ha spaziato ampiamente sul concetto di Estetica. Questa infatti non si riferisce solo alla bellezza visiva, ma è quella che ci fa percepire la bellezza sensibile attraverso l’uso della sensibilità umana, di tutti e cinque i sensi. La frase di Dostoevskij, spesso utilizzata in modo improprio, finiva con un punto interrogativo: La bellezza salverà il mondo?, poneva un problema, non dava un’affermazione. Nel Medio Evo Verità, Bontà e Bellezza erano valori trascendenti intercambiabili, ha affermato Valenziano, ma “secondo me la Bellezza non è ‘uno’ di questi valori, bensì l’eccedenza di tutti e singoli questi valori, la Bellezza è unica, suprema, totale”. Senza la sensibilità, che ci è stata data da Dio, non si coglie la bellezza. E non bastano i sensi “alti”, vista e udito, ma occorrono tutti, posti in chiasmo tra loro, come era arrivato a dire il 2° Concilio di Nicea, quello che dibatteva la questione delle immagini. Per capire la bellezza bisogna impegnare tutti i sensi ma per arrivare a questo occorre una educazione lunga e paziente. Allora l’Estetica sarà capitalizzazione e arricchimento delle nostre capacità sensibili. “Da nobis in eodem Spiritu recta sàpere: Concedici, nel medesimo Spirito, di gustare le cose rette”, così recita la preghiera allo Spirito, perché il sapere deve sàpere, aver gusto. Non si può usare l’opera d’arte per spiegare il proprio pensiero, la pittura sta “parlando”. L’arte sacra deve “dipingere la Parola”, Sicut audivimus sic vidimus. L’opera d’arte è un “testo” che fa testo esso stesso, con ridondanza, eccedenza, bellezza. A questo punto, portando molti esempi, a cominciare dalla Cappella Sistina con il Dio Creatore di Michelangelo, Mons. Valenziano ha dimostrato con passione e lucidità che l’arte cristiana, secondo quanto si afferma nella Sacrosanctum Concilium al n. 7, è l’ arte per la liturgia e non ha uno stile proprio. Gustando l’arte si sperimenta la prossimità di Dio.
Ben l’80% dei beni culturali italiani sono per la liturgia, questo è per noi una responsabilità ma anche una grande opportunità. C’è bisogno di una riforma nella chiesa, ma nel senso etimologico del termine: riformare vuol dire riabbellire.
I docenti/studenti presenti hanno avuto modo di porre domande e confrontarsi, poi il dott. Paolo Cancelli, responsabile dell’Ufficio Sviluppo dell’Antonianum, ha illustrato come funzioneranno il “Laboratori” del Corso, per i quali in un altro e contemporaneo incontro gli addetti (dell’Antonianum, della Pastorale Digitale e di Panefresco, social cattolico) avevano lavorato a definire tecnologie, tempi e modi. Una piattaforma permetterà ai corsisti non solo di consultare e avere a disposizione tutti i materiali, relazioni, slide, immagini del Corso, ma avranno anche la possibilità, sperimentando nel loro quotidiano impegno didattico, di mettere in comune i propri materiali e confrontarsi con gli altri. Una arricchimento reciproco che va ad aggiungersi a quello procurato dal Corso, che si rivela sempre più interessante e ricco di stimoli e suggestioni.
Prossimo incontro giovedì 1° dicembre sul tema: “Le prospettive di lavoro legate alle scienze religiose: l’interazione tra apprendimento e impegno sociale“.
Adriana Letta