Non memoria di un Santo, ricorre oggi, ma la solennità più alta e più preziosa di Colei che dei Santi è chiamata Regina. Questa solennità viene celebrata ogni anno dalla Chiesa, nel tempo di Avvento, l’8 dicembre.
L’Arcangelo Gabriele, salutando Maria, le dice “rallegrati kaire kecharitòme”, cioè rallegrati tu che sei la privilegiata del Signore.
Di per sé il Kecharitòme fa riferimento al mistero che l’Angelo annuncia a Maria, cioè la maternità Divina, quindi Lc 1,26 non può essere considerato il testo dal quale dedurre esplicitamente la rivelazione di questo mistero, c’è in quel Kecharitòme il riferimento. Allora non si può parlare di rivelazione esplicita, ma si parla di rivelazione implicita nel mistero rivelato: la maternità Divina.
La mamma che aspetta un bambino ha un rapporto di unità profonda con il figlio, formano una cosa sola per certi aspetti: il bimbo è carne della mamma, anche se è legato solo dal cordone ombelicale.
Nel disegno di Dio Maria deve portare dentro di sé, nella sua carne, nella sua persona, il Figlio stesso di Dio, deve dargli la Sua carne, i suoi cromosomi, di conseguenza c’è unità tra Gesù e Maria.
Se la divinità si fosse unita con l’umanità non era giusto che la carne di Maria fosse, anche per un solo istante, segnata dalla presenza del peccato, ed è proprio per questa ragione che Dio l’ha preservata da ogni macchia di peccato originale.
Nel grande giorno in cui il cristiano ricorda che un arcangelo, a nome di Dio, annuncia alla Vergine Maria che è incinta di un seme divino, il modo di rapportarci al corpo per noi è cambiato; nella elevatissima fede ebraica l’idea di Dio era talmente pura che diventava blasfemo pensare che Dio potesse incarnarsi. Ma le possibilità di Dio, proprio perché Divine, sono infinite e pertanto per Amore ( non per necessità) il Verbo di Dio Altissimo si fece limite d’uomo, assunse un corpo, rivelando tutto il valore della corporeità, con la sua nobiltà ed importanza. E’ vero, ci furono periodi storici in cui, per colpa d’interpretazioni errate, la corporeità fu vista come nemica dell’uomo spirituale, negata con pratiche di ascetismo che rasentavano il masochismo. Ma presso i Padri della Chiesa si arrivò a dire con Tertulliano: “Caro cardo salutis” (la carne è il cardine della salvezza). Ed è evidente che senza la corporeità l’ineffabile mistero dell’incarnazione non avrebbe potuto realizzarsi .Di qui l’insegnamento pratico sempre attuale: il mio corpo è dono di Dio, ne curo salute ed efficienza per glorificare il Signore e servire i fratelli, mi guardo tuttavia dall’idolatrarlo! Perdere tempo e soldi per cosmetici ed eccessive terapie è come diventare schiavi. Signore ti ringrazio per il mio corpo. Benedicimi anche nelle dimensioni della mia corporeità perché la mia vita sia gioiosa: un canto di lode e d’amore per te e per tutti.
– Don Fabrizio Caucci