Se un giudice iniquo riesce a fare il bene

XXIX Domenica del Tempo Ordinario, Anno C

Quando il Signore verrà troverà ancora la fede sulla terra? E’ questa la domanda terribile che il Signore rivolge a tutti noi alla fine della sua parabola sul giudice iniquo. Come al solito Gesù parla per contrasto, per colpire gli uditori: tanto più è importante ciò che dice tanto più deve risultare in contrasto con il pensiero comune.

            Un giudice iniquo riesce pure a fare giustizia di una povera vedova che lo perseguita, secondo la parabola, con la sua insistenza. Certo questi non le fa giustizia per il suo incarico di giudice né per l’adesione a valori universali inderogabili ma solo per la sua indolenza. In pratica per amore di se stesso.

            Non è così per Dio. Ma se un giudice iniquo riesce a fare il bene, sia pur a fatica, quanto più Colui che è l’autore di ogni bene e di ogni cosa in questo mondo? La giustizia appartiene a Dio. E’ uno dei massimi attributi di Dio. Per parteciparvi, siccome è una giustizia che ci supera totalmente, abbiamo necessario bisogno della fede e della preghiera.

            Senza fede e preghiera siamo come relitti sballottati dal mare, come foglie al vento che senza una meta vagano qua e là finché non si posano in un luogo qualsiasi nell’indifferenza più generale. La vedova importuna è l’immagine della Chiesa che prega alacremente il suo Signore per averne il sostegno, la giustificazione, la pace e la salvezza.

            La giustizia, come ci ricorda Papa Francesco, è la grazia che solo Dio può dare: la grazia della misericordia, della sua vicinanza, della sua presenza nei nostri cuori. La fede è il gradino necessario per rinunciare e a se stessi e mettersi in preghiera. Senza la fede non si può pregare. E di conseguenza la preghiera alimenta la fede, ci fa salire un gradino più in alto nella comunione con il Signore.

            La preghiera e la fede vanno insieme. Chi crede sente il bisogno di pregare, sente la nostalgia di Dio e, come un innamorato che guarda e riguarda la foto della fidanzata, si mette davanti ai segni lasciati dallo sposo delle anime sulla terra: l’Eucaristia, la Scrittura, la Vergine Maria, l’Incarnazione. Medita su questi grandi misteri, alza lo sguardo verso il cielo per correggersi, fa sì che la presenza viva di Dio trovi posto in lui.

            Il problema dell’uomo oggi è che non sente di doversi abbandonare a Dio. Vive come se Dio non ci fosse.  E vive altamente scompensato, senza un senso, un obiettivo da raggiungere, una vita che sia realmente degna di essere vissuta. Si divide in tante attività secondarie lasciando in sospeso o come in secondo piano, quella primaria: il dovere di amare Dio.

            La fede e la preghiera dunque ci portano alla salvezza. Non vi è una cosa senza l’altra. Nel libro dell’Esodo è descritto l’episodio di Mosè che prega sul monte mentre gli Israeliti conducono la battaglia contro Amalek. Solo la costanza nella preghiera conduce il popolo alla vittoria nella battaglia. Così anche noi: se siamo perseveranti nella preghiera vedremo il trionfo della grazia sul peccato, la nostra vita elevata ad un livello divino, la misericordia stendersi su di noi.

            Tutto dipende dalla perseveranza nella preghiera. E’ sempre il Signore che dirige gli eventi della vita e non può dirigerli a nostro favore senza il nostro costante impegno nella preghiera. Infatti la grazia che riceviamo, anche se è totalmente immeritata e non conforme al nostro stato di peccatori, tuttavia possiamo desiderarla e meritarla per mezzo del nostro impegno nella vita spirituale e morale. Possiamo far sì che molti eventi negativi della vita siano allontanati.

            A Fatima i Santi Pastorelli ottennero la fine della prima guerra mondiale e la preservazione del Portogallo dall’altra terribile guerra che sarebbe scoppiata di lì a poco.  La fede non è solo atto soggettivo di fiducia e abbandono nelle braccia del Signore. Essa è anche dottrina, “deposito”, patrimonio di ciò che il Signore ci ha spiegato e ci ha lasciato in eredità. San Paolo può dire al suo discepolo Timoteo: Rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.

            Il deposito, cioè il patrimonio della fede custodito nelle Scritture, deve essere mantenuto saldamente. C’è il rischio di deviare dalla sana dottrina, che è divina, per seguire proprie convinzioni personali. Ecco allora l’aiuto solerte della Santa Chiesa che con le sue delucidazioni ispirate e guidate dalla mano di Dio può condurre ancora gli uomini alla salvezza, nonostante il tempo che ci separa dalla prima venuta di Cristo.  

            Benché vi possa essere il caso nella Chiesa di una devianza parziale verso l’eresia, tuttavia il nucleo della fede rimarrà sempre saldo e la Chiesa, guidata dalla Vergine, prima discepola di Cristo, potrà conservare la fede a servizio di ogni persona di buona volontà. La Vergine Santissima, maestra e madre della fede, potrà essere la nostra illuminazione costante ed il ricordo perenne della luce della fede in vista della pratica della preghiera e delle altre opere necessarie alla salvezza.

P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P. Pio

 

Categorie: Parola della Domenica,Tutte Le Notizie

Tags: