L’ordinazione presbiterale di don Maurizio Marchione
a Sora
Una festa meravigliosa per la diocesi sorana, il diacono Maurizio Marchione, originario di Pescosolido, è stato consacrato al rango di Presbitero, venerdì 9 ottobre presso la cattedrale Santa Maria Assunta in Sora. Alle ore 17,30 la chiesa era già piena, secondo le norme di sicurezza Covid-19, molti i presbiteri; puntuale la corale della Cattedrale ha animato l’intera liturgia. Don Maurizio ha studiato presso l’Almo Collegio Alberoni di Piacenza, ed erano presenti presuli piacentini.
Degna di nota la profonda omelia del Vescovo Gerardo Antonazzo che ha imposta la preghiera di consacrazione su don Maurizio. «Caro don Maurizio, per edificare la Chiesa come “corpo di Cristo” il presbitero è chiamato a educare i fedeli laici innanzitutto al senso di appartenenza. Ogni battezzato deve sentire la comunità cristiana come la propria famiglia nella quale incontrare e guardare gli altri come fratelli e sorelle… Perché tale appartenenza alla comunità cristiana cresca in responsabilità, il presbitero deve educare e formare i battezzati alla necessaria e fruttuosa partecipazione. La non-partecipazione genera lo scarto, l’esclusione, gli ultimi, persino forme di sudditanza dei fedeli laici. L’educazione alla partecipazione comprende ogni forma di collaborazione, per poi maturare verso una piena corresponsabilità: “Le diverse componenti in cui la parrocchia si articola sono chiamate alla comunione e all’unità. Nella misura in cui ognuno recepisce la propria complementarità, ponendola a servizio della comunità, allora, da una parte si può vedere realizzato a pieno il ministero del parroco e dei presbiteri che collaborano come pastori, dall’altra emerge la peculiarità dei vari carismi dei diaconi, dei consacrati e dei laici, perché ognuno si adoperi per la costruzione dell’unico corpo (cfr. 1 Cor 12, 12) (Congregazione per il clero, La conversione pastorale, n. 28).
L’appartenenza e la partecipazione sono premesse indispensabili per edificare la comunità nel segno della comunione ecclesiale. Il presbitero deve sapere che la comunione autentica deve parlare il linguaggio dell’unità utilizzando l’alfabeto delle differenze. La realtà costitutiva della Chiesa, cioè il suo essere “Corpo di Cristo”, richiede una “spiritualità di comunione”. Tale comunione non può mai diventare omologazione, uniformità: “Nella Comunità cristiana, infatti, la diversità di carismi e ministeri che deriva dall’incorporazione al Cristo e dal dono dello Spirito, non può mai essere omologata fino a diventare uniformità, obbligo di fare tutto insieme e tutto uguale, di pensare tutti sempre allo stesso modo” (ibidem, n. 109).
In forza di tale comunione il pastore di ogni comunità dovrà infine favorire la bellezza della sussidiarietà tra le varie membra del corpo mistico della Chiesa. Tale sussidiarietà parla di una forte solidarietà, così come proposta dall’apostolo Paolo quando scrive: “Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi … anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1Cor 12,19-21.25-26)».
La celebrazione è stata emotivamente suggestiva, soprattutto toccante il ringraziamento di don Maurizio che ha voluto ricordare la sua storia con un “Caro Gesù” come fosse una lettera densa di affetto e di riconoscenza al Cristo che servirà ogni giorno, considerando tutti figli prossimi del suo ministero.
foto: Gianna Reale