Presieduta dal vescovo Gerardo nella Casa Circondariale di Cassino
In un venerdì di Quaresima partecipare alla Via Crucis può apparire una cosa normale, ma se ci si trova nell’Anno Santo straordinario della Misericordia e se si svolge in un luogo speciale come è il carcere, cambia tutto e tutto assume una serie di significati coinvolgenti e “sconvolgenti”. Infatti si sente subito nel profondo che visitare i carcerati è un’opera di misericordia corporale (la sesta), e che percorrere i corridoi delle varie sezioni passando davanti a tante celle uguali ma diverse, piene di storie umane travagliate e difficili, significa camminare per la “Via Dolorosa” dell’umanità, che qui vi è rappresentata in tante diverse sfaccettature.
A presiedere la Via Crucis nella Casa Circondariale di Cassino, venerdì 11 marzo, è stato il Vescovo Gerardo Antonazzo, accompagnato da Don Lorenzo Vallone, cappellano del carcere, Don William Di Cicco, Rettore del Seminario, Don Luigi D’Elia, ex cappellano. Hanno partecipato il Direttore dott.ssa Irma Civitareale, che con i suoi collaboratori ha fatto gli onori di casa, Giuseppe Lauro della Caritas diocesana insieme a due ragazze volontarie in Servizio Civile in Caritas, e Tonino Comparone che, sebbene in pensione, continua ad organizzare e a darsi da fare. E molti detenuti, alcuni in modo attivo, portando la Croce e le candele o leggendo i brani evangelici e le meditazioni, molti altri avvicinandosi silenziosi e rispettosi alla celebrazione che passava nel loro corridoio, spesso unendo la loro voce alle altre nella preghiera e magari anche nel canto.
Nel momento in cui in una sezione arriva la piccola processione della Via Crucis, annunciata dal suo canto, vengono aperte le porte delle celle dagli agenti di Polizia Penitenziaria, perché i detenuti possano, volendo, partecipare. Gli occhi, più ancora delle parole, salutano e scambiano sguardi di solidarietà e fraternità. In ogni corridoio, nei due punti estremi, vengono fatte due tappe, o meglio due “stazioni” della Via Crucis, annunciate dal Vescovo, presentate alla mente dalla lettura di un brano evangelico fatta da un detenuto della sezione, seguita da una breve meditazione e da una preghiera dialogata, che si conclude con una preghiera di invocazione pronunciata dal Vescovo. Il Padre Nostro recitato tutti insieme crea una singolare e tutta nuova consapevolezza della fratellanza fra tutti, detenuti, personale della Casa, Sacerdoti, amici esterni, tutti figli dello stesso Padre.
E man mano che si dipana la storia della Passione di Gesù che per amore, per salvare l’umanità, si sottopone a sofferenze, umiliazioni, torture e ad una condanna a morte inflitte crudelmente dagli uomini, suscita al contempo gesti e sentimenti di condivisione e di bontà non solo nei personaggi storici (sua Madre che gli è accanto e accetta di diventare Madre di tutti gli uomini, le donne che piangono per lui, il Cireneo che lo aiuta a portare la Croce, la Veronica che asciuga il suo volto, Giuseppe che depone il suo corpo nella tomba…), ma certamente anche in chi ascolta e rivive quei fatti. Tutto questo fa riflettere sulla giustizia umana e sul significato della sofferenza, sul modo di viverla. Soprattutto consegna a ciascuno Gesù, che nella Passione e nella morte, ama l’uomo così come è, nella sua realtà di peccato, di separazione da Dio, di tragedia; da quest’uomo così realisticamente amato Gesù non si ritrae, non fugge, ma attraverso un amore senza limiti cerca di risvegliare in lui e in tutti, le più belle energie del pentimento, della conversione, della fede ritrovata.
Questa è la cosa più importante: la Via Crucis porta a chi ha sbagliato ed è nella sofferenza e magari nel rancore la consapevolezza della propria responsabilità, ma soprattutto la speranza che c’è salvezza per tutti, grazie a Gesù. “Ogni vita, anche la più degradata e a volte abbrutita, può risorgere a vita nuova, per tutti c’è speranza di ricominciare”. Così ha detto il Vescovo Gerardo ai detenuti al termine della Via Crucis ed ha aggiunto: “Quando Gesù è morto, sembrava che avesse fallito e che tutto fosse finito nel peggiore dei modi. Ma la sua resurrezione dà speranza a tutti noi, non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini, che conservano sempre nel cuore un desiderio di vita”, di una vita buona e positiva che può ricominciare. E’ l’intima chiamata a cercare Dio, che fa risuonare la sua parola di vita e che invita a seguirlo con cuore sincero e con generosità.
Adriana Letta