Storia della chiesa parrocchiale S.S. Annunziata di Vallemaio
La chiesa si mantiene nelle forme cinquecentesche perché dopo il 1553 fu ricostruita ed ampliata; era di proprietà privata del Giudice Giovanni da Vallefredda “all’hora Padrone di detta Chiesa”.
Per i secoli successivi la chiesa fu sempre tenuta in buone condizioni “ e faceva veramente onore al paese e ai promotori”; l’amministrazione dell’Annunziata fu tenuta da laici fin dalla sua fondazione. Successivamente l’Opera Pia che traeva le sue origini da disposizioni testamentarie, veniva diretta dalla locale Congregazione di Carità che aveva come scopo quello di venire incontro alle persone povere ed emarginate e di portare suffragio alle anime dei testatori.
Intorno all’anno 1622 fu “prescritto di far riparare porte e finestre e di aver cura dei poveri.”
Nel 1638, presumibilmente, iniziarono i lavori per la costruzione della sacrestia, a quel tempo i sacerdoti erano sette, compreso l’arciprete.
Nel 1774, in seguito a provata origine laicale della chiesa dell’Annunziata, gli ecclesiastici non dovevano ingerirsi nell’amministrazione come da disposizione del Regio Tribunale di Campagna; per tale motivo gli amministratori venivano eletti in pubblico parlamento dei cittadini.
Nel 1790 “la chiesa dell’Annunziata era amministrata da procuratori laici ed avevano ambedue circa duecento ducati annui di rendita”.
Con l’avvento dei francesi nel 1802 e per anni successivi, i beni dell’Annunziata erano stati affittati per 110 ducati e vi erano spese per ducati 150 per il mantenimento dei legionari, per la lotta contro i briganti e per l’imposta fondiaria di recente istituzione.
Dopo il 1860 tutti i beni delle cappelle di Vallefredda furono incorporati nelle Opere Pie.
La guerra del 1940/45 portò gravi danni a tutte le chiese e all’intero patrimonio abitativo del paese di Vallemaio.
Nel dopoguerra la chiesa fu sottoposta ad un intervento di restauro secondo le sue linee originarie; nella sostituzione del vecchio altare fu trovata una pergamena relativa alla consacrazione del 1583 ed un’altra del 1768 concernente il rinvenimento nell’altare delle reliquie di S. Bartolomeo Apostolo e di S. Cristoforo Martire, poste nel medesimo altare nel 1552. Sull’altare è collocata una tavola che reca alla base a destra la data : A. (D.M.) DLXIV e rappresenta l’Annunciazione.
Bisogna rimarcare che il pavimento del presbiterio “d’intrinseco pregio e di particolare interesse” viene sistematicamente danneggiato poiché non adeguatamente protetto.
Per il campanile va detto che non ebbe sensibili danni dalla guerra; le campane sono di vecchia origine e contemporanee al rifacimento del 1552.
Nel 1955/60 furono effettuati lavori di consolidamento del tetto e il presbiterio fu delimitato con la messa in opera di una balaustra di marmo pregiato proveniente dalle chiese di S. Tommaso e del SS. Rosario danneggiate dalla guerra; in questo periodo fu effettuato un piccolo ampliamento della sacrestia e la costituzione del soppalco ( trascoro) a formazione dell’attuale ingresso .
Il 19/03/1991 iniziarono i lavori di consolidamento statico e di riparazione interna ed esterna compreso il tetto, per un importo lavori pari a lire 175.384.615 in base alla legge di edilizia demaniale n. 363 del 24/07/84; i lavori furono eseguiti dall’impresa Emmeci Costruzioni s.r.l. e terminarono il 18/10/1991.
La chiesa presenta un’ampia navata centrale sormontata dal tetto in legno e la pietra di Coreno accarezza le pareti e il battistero dando vita a un ambiente semplice ma allo stesso tempo accogliente.
Al suo interno, sull’altare maggiore, si erge il trittico del sec. XVI in cui è rappresentata l’Annunciazione con intorno i Santi più venerati in zona: San Benedetto e San Nicola e i Santi Pietro e Paolo. L’ opera è attribuita a Cesare Calesio.
Ai piedi dell’altare che ci sono le “Reggiolette” queste uniche rappresentazioni su ceramica del XVI secolo a forma esagonale.
Le Reggiolette sono decorate su smalto bianco opaco. Ciò che le contraddistingue sono i motivi ornamentali fitomorfi e zoomorfi, araldici e a figure umane. La meraviglia sta nello scorgere lo straordinario utilizzo delle ceramiche decorative dove le mattonelle di forma esagonale allungata, che hanno le dimensioni sempre di cm. 23,5×14,5×3, sono disposte allineate, a nido d’ape. Su di esse sono rappresentate le foglie accartocciate, ossia ripiegate su se stesse che si rifanno alla tradizione dei pavimenti risalenti a metà del XV sec. che si diffusero in alcune aree dell’Italia Centrale e, soprattutto, a Napoli. I motivi zoomorfi sono presenti singoli o a coppia, occupando generalmente l’intera superficie dell’esagonetta, con fiori o non, sono i più frequenti ed occupano l’intero campo da decorare o una fascia centrale, che si accompagna ad un motivo periferico a spigato, assimilabile alla corona di alloro. Si può scorgere la lepre in corsa tra balzi erbosi, inseguita da un cane o da un uccello rapace. Molto ricorrenti anche gli uccelli acquatici, dipinti tra elementi di vegetazione. Frequenti, inoltre, gli uccelli ed il gallo associato a motivi araldici. I motivi geometrici, come la fune o treccia bianca su fondo blu, la treccia stilizzata a rombi ed il motivo a nastro, reminiscenze della tradizione medievale campana, possono essere inseriti nella fascia centrale. A volte stelle ad otto punte o motivi a scacchiera fanno da campitura ad un quadrato centrale.
Esse venivano prodotte nel castello di Sant’Andrea del Garigliano da ceramisti del luogo che avevano imparato quest’arte raffinata ed elegante. E’ qui che si trova l’iscrizione con la citazione del Mastro Nardo Rao e dei ceramisti Vincenzo Arpino e Sebastiano De Vito.
Se ne sono ormai attestate la presenza nel comune di Galluccio nella collegiata di S. Stefano ma anche nella chiesa di S. Benedetto a Sant’Andrea del Garigliano e ad Ausonia presso il santuario di S. Maria del Piano.
Fonti:
- www.associazionevallemaio.com
www.comune.vallemaio.fr.it