L’iniziativa dei volontari Caritas presso il San Raffaele di Cassino
Ci sono ambienti, come l’ospedale, in cui la sofferenza è di casa, dove chi li abita è costretto a portare la sua croce giorno e notte. Ma lì ci sono anche persone che cercano di condividere e alleviare il dolore dei pazienti, di coloro che patiscono la malattia del corpo, spesso, troppo spesso accompagnata dalle malattie dell’anima, lo scoraggiamento, la sfiducia, la depressione, a volte la rabbia e la ribellione, la disperazione, la solitudine. Proprio quest’ultima è spesso la causa delle precedenti sofferenze psicologiche e spirituali. Per questo i volontari della Caritas scelgono di fare servizio in tali ambienti, proprio per offrire compagnia e aiuto materiale, per dare coraggio, per portare una nuova speranza e una nuova prospettiva da cui guardare la sofferenza e renderla prezioso strumento di amore e di salvezza. Il modello è uno e uno solo, Gesù Cristo, Colui che per amore ha preso su di sé la sofferenza del mondo ed ha riportato la fiducia e la speranza nel cuore dell’uomo, di ogni uomo, anche quello piagato e piegato dalle prove della vita. Questo hanno provato, e provano a fare ogni giorno, gli operatori Caritas, silenziosamente e nascostamente.
Il giorno 17 marzo, secondo venerdì di Quaresima, hanno organizzato, insieme al cappellano responsabile del S. Raffaele di Cassino, Don Fabrizio, tra le corsie della struttura una Via Crucis. Non c’è un modo migliore di questo per capire la Via Crucis ed il sacrificio di Gesù e per scoprire il valore del dolore umano. Perciò la Via Crucis è risultata particolarmente intensa e commovente, sentita e partecipata. Un susseguirsi di emozioni. “Tutti i malati ci aspettavano – hanno raccontato – e abbiamo vissuto momenti molto forti specialmente nel reparto hospice, dove sono ricoverati i malati gravi e terminali”. Gli operatori si sono sentiti dei “cirenei” per aver portato per un po’ la croce degli altri. Ma cirenei non obbligati a farlo, bensì volontari. E quel luogo di dolore, con quelle persone sofferenti, e con coloro che professionalmente se ne prendono cura, è diventato in quei momenti per molti, se non per tutti, un’esperienza di paradiso.
Adriana Letta